Agosto a Roma

Giovanna fissava il barattolo di marmellata semivuoto, poggiato sul tavolo di cucina. Intorno disordine e sui ripiani oggetti d’ogni tipo che aspettavano da tempo di essere rimessi a posto. Fuori, le cicale urlavano il loro richiamo disperato in uno strascico di estate bizzarra, arrivata in ritardo ma restia a lasciare il posto ad un clima più mite. Sicuramente, tra non molto, sarebbero stati annunciati nubifragi. E allora altri alberi, da qualche parte, se ne sarebbero andati per sempre.

 

La piccola strada senza uscita di una elegante periferia romana, un tempo – quando? - era ombreggiata da rigogliosi pini. Ora, un po’ alla volta, sono stati giustiziati quasi tutti. Ne rimangono pochi, sparuti e sofferenti, che non riescono a mitigare la canicola di giornate infuocate. Nonostante questo, le cicale trovano ancora rifugio. Giovanna, guardando la sua strada desolatamente assolata, si chiede dove siano finiti gli uccellini che, tanto tempo fa, facevano il nido sui grandi ombrelli verdi dei pini. Una volta, tanto tempo fa, lei e le sue figlie avevano seguito con trepidazione la cova e la schiusa delle uova di una coppia di tortore sul grande pino che schermava la finestra della camera delle ragazze. Quello fu uno dei primi ad essere abbattuto. Poverini. Ricorda il loro canto la mattina presto e le viene in mente che una volta, tanto tempo fa, in fondo alla strada si sentiva cantare il gallo. C’era un vecchio casale abitato da un anziano signore, ultimo rappresentante di un’epoca ormai scomparsa. Ora, al posto del vecchio casale, è sorto un rutilante palazzo giallo. Non si sente più cantare il gallo ma solo il motore delle macchine che mordono la rampa del garage.

 

Giovanna, continuando a fissare il barattolo di marmellata semivuoto, lascia che la sua mente si perda nella nostalgia. Quasi con compiacimento, va alla deriva con i suoi ricordi. Riaffiorano particolari che sembravano dimenticati; piccole immagini apparentemente insignificanti si presentano nitide alla sua immaginazione. Chiude gli occhi e torna indietro nel tempo. Non più nella sua strada con i pini rigogliosi; più indietro, più indietro. Ripercorre a ritroso la sua infanzia fino a dove i suoi ricordi riescono ad arrivare. Si confondono nella sua mente il mare che l’ha vista bambina e la scuola delle suore tedesche. La prima elementare dove è stata catapultata senza conoscere prima l’asilo. Il mare c’è ancora ma tutto quello che c’era prima è cambiato irrimediabilmente. Anche la villetta delle suore tedesche c’è ancora col suo glicine e la sua buganvillea, ma non ci sono più i bambini col grembiulino bianco. E anche la sua scuola media, rigorosamente privata come voleva sua madre, era in una villetta di un quartiere elegante di Roma. Ora quella villetta ospita un’ambasciata.

 

Poi, ancora quel mare. Il primo bacio incerto sul pontile con quel ragazzo pignolo e un po’ noioso che a ripensarci adesso … come avrà fatto ad invaghirsene a quindici anni? A ben ricordare era pure un po’ bruttino.

 

Poi il primo amore, quello vero. Quello che non ti fa dormire, quello che ti fa diventare egoista, quello che a diciotto anni ti fa sentire padrone del mondo.”Siaaamo la coppia più bella del mondooooo …” Così si cantava per le vie Roma. Quello che, a ripensarci da vecchi, ti fa fantasticare su come sarebbe stata la tua vita se la storia fosse continuata. Poi tutto finisce. Amori veri e inventati, amicizie passeggere, conoscenze inutili. Tutto si srotola come in un film montato male. Immagini smozzicate e sequenze illogiche stringono la mente di Giovanna fino a soffocarla.

 

Lo squillo indiscreto e prepotente del telefono la fa saltare sulla sedia. E’ infastidita. Costretta ad emergere dal torpore che la stava avviluppando con perfidia sottile, va al telefono:

 

- Pronto? Pronto. Sì, sono io. Ma chi …

 

- Ciao, Giovanna. Sono Corrado S. non mi riconosci? Sì, lo so, è passato tanto tempo. Qualcuno, forse Saverio S., tempo fa, mi aveva detto il nome di tuo marito. Me lo sono ricordato e ho cercato il numero sull’elenco telefonico. Fortunatamente ci siete ancora! Ormai sono poche le persone che compaiono sugli elenchi del telefono.

 

La voce tentava di allacciare una conversazione che stentava ad avviarsi anche perché Giovanna, sentendo quel nome, era rimasta in silenzio. Stava ripescando negli archivi della sua memoria per ritrovare quel nome, quella persona persa di vista da tanto tempo, una situazione remota ormai dimenticata. Le viene in mente, suo malgrado, un’ immagine bizzarra. Era come se nella sua testa ci fosse un juke box. Vedeva la giostra dei dischi girare fino a che il braccetto meccanico non trovava il disco scelto. Le sembrava che i suoi ricordi fossero come quei dischi. E tra quelli, archiviati, dovesse trovare quello giusto. Infine lo trova. Come se un velo si squarciasse e si diradasse la nebbia, le appaiono nitide le immagini di un periodo che sembrava dimenticato per sempre. Quella voce, ora ricordava, le era sempre piaciuta. Tornando indietro di trent’anni – mio Dio, quanti! – ricorda quel giovanotto simpatico, pieno di entusiasmo che vuole conquistare il mondo. Dopo una laurea in giurisprudenza conseguita per compiacere la famiglia, riesce a diventare fotoreporter e si dedica ai documentari. La sua passione è l’Africa.

 

Ne era stata un pochino innamorata allora? Forse. Ma le loro strade si erano divise e Giovanna non ne aveva più saputo nulla. Qualche volta aveva visto il suo nome nei titoli di coda di Quark o su qualche rivista specializzata ma niente di più. E ora le tornavano prepotentemente alla memoria le immagini del periodo giovanile caratterizzato dai progetti, dai sogni, dalla voglia di conquistare il futuro con entusiasmo. E Corrado era uno che il futuro era riuscito a conquistarselo con grinta raggiungendo il meritato successo.

 

Tutto questo pensa Giovanna mentre Corrado parla, parla. Le racconta le esperienze straordinarie vissute girando il mondo e a volte anche i pericoli incontrati. Tuttavia, confessa con un po’ di vergogna, non se l’è mai sentita di diventare reporter di guerra.

 

Giovanna non riesce a capire perché, dopo tanto tempo, abbia avuto il desiderio di risentirla e lui non glielo spiega.

 

All’improvviso le dice:

- Senti, io chiacchiero a ruota libera, ma ho capito che sei un po’ stupita dalla mia telefonata. Perché non ci incontriamo? Preparati: la mia barba non è più scura come la ricordi tu. Si è un po’ schiarita

E sottolinea la battuta con una risatina.

 

- Ma sono sicuro che tu, con gli anni, sei diventata più bella.

 

Corrado continua a parlare mentre Giovanna, presa in contropiede dal complimento, ascolta sempre più attonita.

 

Alla fine le propone di incontrarsi l’indomani alle sette per l’aperitivo a Piazza Navona.

- Ci riconosceremo, spero! Tu che dici?

 

Giovanna sente sé stessa rispondere:

- D’accordo. A domani, allora. Alle sette. Ciao … Corrado.

 

Frastornata dalla telefonata, confusa dalla valanga di ricordi che le hanno fatto rivivere esperienze passate che credeva dimenticate per sempre, si butta sul divano con gli occhi chiusi ma non riesce a riposare. Si alza, va alla libreria, prende un libro a caso, legge il titolo: un romanzo che ha letto parecchio tempo fa. E’ uno di quei libri che appassionano sempre. Si accoccola sul divano decisa a tuffarsi nelle sensazioni che quelle pagine sapranno darle, quando si accorge che qualcosa è sfuggito dal libro. E’un foglio ripiegato in quattro. Si china a raccoglierlo. Un vecchio ritaglio di giornale. La data risale a dieci anni prima. Giovanna legge:

 

“Affermato fotoreporter italiano perde la vita in Africa in un tragico incidente. Il suo pulmino si ribalta lungo una pista in Kenia. Corrado S. stava realizzando un servizio su …

 

Il foglio le cade di mano.

 

 

Rossana Bonadonna