Attenta, Alice!

- Almeno dentro casa potresti andare in giro senza quel berretto – disse con tono sostenuto la mamma ad Alice.

- Sarò libera, almeno a casa mia, di fare come voglio – replicò la figlia, accostando la porta della sua stanza.

Alice si affacciava all’adolescenza con un fisico acerbo, ma con una gran voglia di apparire più grande.

Indossava sempre un berretto rosso, arrotolato sulla fronte, che completava il suo look sportivo, comodo e alla moda.

Della metropoli in cui viveva, conosceva ben poco: la sua vita si svolgeva in un angolo composto e tranquillo del suo quartiere ed era scandita da una quotidiana regolarità. Scuola, sport, qualche uscita con le amiche il sabato pomeriggio.

“Tutto ok, mamma” era la frase con cui Alice smontava ogni tentativo di sua madre di relazionarsi con lei.

La madre, in cuor suo, si sentiva tranquilla: la vita di sua figlia scorreva prevedibile e regolata, senza ombra di deviazioni.

Riservata in famiglia, Alice riusciva ad aprirsi soltanto con la nonna materna.

Dinamica e tecnologica all’occorrenza, la considerava capace di sollevarla nei momenti difficili e di darle consigli senza giudicarla. I pranzi domenicali erano un piacevole appuntamento per tutta la famiglia e l’occasione di stare insieme a lei.

Da qualche settimana non riuscivano a vedersi perché una brutta influenza aveva costretto la nonna a rimanere a casa e Alice aveva tanta voglia di farsi coccolare da lei.

- Sorpresa in arrivo – fu il messaggio che Alice inviò alla nonna dal suo cellulare.

- Che bello – fu la risposta della nonna.

Così, un sabato decise di rinunciare alle amiche e di andare a trovare sua nonna.

Non aveva idea di come fosse isolato il quartiere in cui viveva e come potesse fare per raggiungerlo.

Scese i gradini della metro a due a due e acquistò il biglietto direttamente alla macchinetta.

Dopo aver superato il tornello, chiese al volo quale fosse la direzione da prendere.

- Non può sbagliarsi, deve scendere all’ultima fermata – si sentì ripetere più volte mentre raggiungeva la banchina.

- Facile – fu il primo pensiero di Alice.

Salì sul vagone e, dopo aver scattato qualche selfie e averlo condiviso sul suo social preferito, iniziò a curiosare intorno. Tutti gli sembravano affascinanti e non si lasciava sfuggire alcun dettaglio.

Il treno, dopo qualche fermata, iniziò a svuotarsi e, quando arrivò al capolinea, si ritrovò tutta sola nel vagone completamente vuoto.

Prese lo zainetto che aveva appoggiato sul sedile e si avviò con calma verso l’uscita.

Arrivata fuori, si trovò davanti ad un’immensa distesa di autobus e di immigrati senzatetto. Attraversò di corsa il piazzale e dopo qualche metro scorse palazzoni fatiscenti, dimora improvvisata di africani e asiatici, con i muri imbrattati da scritte monotematiche.

Si accorse subito che tutto era completamente diverso da dove viveva. Si sentì smarrita ed entrò in un bar per chiedere informazioni.

- Devi prendere un autobus che non passa mai – riecheggiò una voce dall’esterno.

Si catapultò fuori e vide che c'era un uomo seduto ad un tavolino metallico. Aveva il viso nascosto sotto il cappuccio di una felpa sbiadita con il nome di un gruppo rock stampato in lettere ormai consumate e la barba trascurata. Le rughe di espressione, unite ad un aspetto sgradevole, lo facevano sembrare molto più vecchio.

- E perché non passa mai? – chiese candidamente Alice.

L’uomo, allora, sollevò il cappuccio, scoprendo lentamente il volto e la fissò senza rispondere nulla.

Lei iniziò ad avere paura.

- L’autobus qui non lo prende nessuno.

Quella risposta e il tono cordiale dell’uomo tranquillizzarono Alice, che si sciolse in un leggero sorriso.

- E allora come ci arrivo da mia nonna? – gli chiese assumendo anche lei un tono confidenziale.

- Dipende da dove devi andare.

Alice farfugliò il nome della strada in cui abitava sua nonna, senza avere la minima idea di dove si trovasse.

- Ad occhio e croce non è tanto lontano da qui – disse lui con una cadenza dialettale abbastanza sguaiata – ma non è raggiungibile a piedi.

Alice, tentata di inviare un messaggio alla nonna per dirle che non ci sarebbe stata nessuna sorpresa, prese il cellulare e cominciò a scorrere la rubrica, ma lo rimise subito in tasca.

- Nonna ci rimarrebbe troppo male – pensò tra sé e sé.

L’uomo a quel punto, vedendo la ragazza in difficoltà, si offrì di accompagnarla in macchina fino a destinazione.

Alice impulsivamente accettò.

- Ci vorrà davvero poco – disse lui con aria rassicurante.

- Mi hai salvato – commentò ingenuamente Alice – così la sorpresa riuscirà alla perfezione.

Mentre si avviavano alla macchina, ci fu un rapido scambio di presentazioni.

- Piacere Sandro – disse l’uomo, allungando una mano grossa e ruvida.

- Io sono Alice – rispose lei, accompagnando la stretta di mano con un sorriso.

Entrarono in macchina e lui accese subito la radio sintonizzandola sulla sua stazione preferita.

“Non stop rock” era lo slogan e Sandro iniziò a canticchiare in uno strano inglese facendo finta di strimpellare la chitarra elettrica, mentre Alice ondeggiava lentamente al ritmo della musica.

Si era creata un’atmosfera complice tra i due.

Il tragitto proseguì tranquillo e Alice si sentiva sempre più a suo agio.

- Vuoi che ti aspetto? – buttò lì l’uomo quando mancavano poche centinaia di metri all’arrivo.

- Magari! – rispose di getto Alice – Così potrò godermi la mia nonnina senza preoccuparmi di come tornare indietro.

- Bene, oggi è proprio il tuo giorno fortunato – commentò lui, facendole l’occhiolino.

Arrivati sotto casa della nonna, l’uomo accostò, Alice lo salutò con una smorfia e scese dalla macchina.

- Sorpresa! – disse alla nonna appena le aprì la porta e la travolse con un abbraccio.

- Come hai fatto ad arrivare? – chiese la nonna, tra l’incredulo e il contento.

- Un angelo – sospirò lei – un vero angelo mi ha accompagnato fino a qui.

Mentre Alice raccontava l’accaduto con candore, la nonna, fingendo di assecondare l’entusiasmo della nipote, le propose di fare entrare l’uomo in casa per ringraziarlo.

Alice corse subito da lui e gli chiese con insistenza di scendere dalla macchina.

La nonna lo accolse con ospitalità e lo invitò a sedersi in soggiorno a prendere un caffè.

- Con molto piacere – disse lui – è un invito a cui non si può dire di no.

L’uomo sapeva che con quella frase compiacente avrebbe sviato ogni possibile sospetto su di lui.

Mentre Alice era con la nonna in cucina, l’uomo iniziò ad ispezionare l’appartamento, che aveva già scrutato rapidamente all’ingresso.

Dopo essersi accertato che le due donne erano intente in una fitta conversazione, iniziò a rovistare nei cassetti di un’antica credenza, alla frenetica ricerca di qualche oggetto prezioso. Trovò solo alcune collane di scarso valore che si mise al collo, ma continuò cocciutamente a rovistare.

- Maledizione, dovrò pur trovare qualcosa di buono – ripeteva tra sé e sé.

Con il passare del tempo diventò talmente nervoso che alzò il tono della voce, facendosi udire dalle due donne che si precipitarono nel soggiorno, trovandolo intento a frugare.

- Togliti subito le mie collane, delinquente – urlò la nonna afferrandolo per un braccio, mentre Alice li guardava impietrita.

L’uomo la strattonò con tutta la forza che aveva in corpo, scaraventandola contro il muro, ma lei, cadendo, riuscì a colpirlo con un calcio.

Prima che l’uomo potesse farle del male, riuscì a tirare fuori da una cassapanca un vecchio bastone.

- Come hai potuto farci questo – urlò a gran voce puntandoglielo contro – Fuori dalla mia casa, sei un delinquente!

L’uomo, con uno scatto, intercettò il braccio della nonna e lo torse, facendo volare il bastone.

La cara vecchietta si rendeva conto di quanto quell’uomo, grande e grosso, la sovrastasse, ma chiamando a raccolta tutte le sue forze, riuscì a spingerlo verso la porta di ingresso.

- Fuori, fuori di qui – continuò a ripetere fino allo stremo.

Alice assisteva alla scena completamente paralizzata.

- Chi era quell’uomo? Da dove era venuto, cosa voleva? – si chiedeva mordendosi le labbra.

Ancora tremante, la nonna rimase con la schiena incollata alla porta per proteggere lei e la nipotina. Era tesa e tratteneva il respiro, non riusciva a credere che quel delinquente se ne fosse andato.

Alice corse alla finestra per accertarsi che non ci fosse più, poi, lei e la nonna si abbracciarono e si tennero strette per qualche minuto senza dirsi una parola.

La nonna decise di recarsi in questura e di denunciare l’accaduto, Alice la seguì senza battere ciglio. Quando furono lì, l'anziana signora, ancora agitata e spaventata, raccontò l'accaduto parlando velocemente e gesticolando di continuo.

Purtroppo, dalla sua descrizione, non erano emersi elementi sufficienti per individuare quell’uomo, però Alice si ricordò che aveva il tatuaggio di un’aquila sulla mano sinistra e una cicatrice sullo zigomo destro. Il poliziotto, allora, mostrò alle donne le fotografie dei ricercati e le fece scorrere lentamente per dar loro modo di identificarlo.

- Eccolo – urlò ad un certo punto Alice – È proprio lui.

- Lo riconosce? – chiese il poliziotto.

- Sì, sì, non ci sono dubbi – ripeté Alice.

Il poliziotto, allora, aprì il file con i dati di quel losco individuo e disse alle donne che era noto per precedenti penali, anche se di poco conto.

- Andremo subito a prenderlo e vi chiameremo per il confronto.

- È tutto finito? - mormorò Alice mentre scendevano gli scalini della questura.

- Sì, amore, è tutto finito – rispose sorridendo la nonna.   

Mariella Dello Vicario