Danzando tra i blocchi di Roma

Era un pomeriggio sereno, senza vento, senza nuvole, e i dolci raggi del sole penetravano nella stanza*, che aveva delle numerosissime vetrate e altrettante persiane bianche.

Era la sua aula due volte a settimana. Oggi, particolarmente esausta e sommersa di impegni, del resto come al solito, si sentiva  anche più rilassata, grazie a questo clima sereno.

- Fate quest’esercizio, dai, attenzione alle coniugazioni, mi raccomando!

Bene, si diceva, tutto bene... Ho fatto bene ad indossare questo vestito: oggi è proprio il giorno tra due stagioni. Bene.... stanno già sudando, testa in giù... bene, quest’esercizio è una bella idea... perché così posso fare un po’ le mie cose... allora questo va qua, questo qua, qui... Tra un quarto d’ora la pausa, mi faccio un ritocchino, due telefonate e tre watsapp (meglio di niente) vediamo un attimo internet... questo periodo è senza tregua... niente di speciale.... pettegolezzi.... niente... un ingorgo terribile a Roma... vabbe... tanto cosa cambia... stasera mi vedo con Luigi... però sul tardi, quindi ancora ho il tempo...

- Si? Hai una domanda?

...

- Si! Bella domanda, bravo... scrivo la risposta alla lavagna per tutti!

Prego perché sia l’unica domanda... non mi reggo più, ultimamente. Che bel tempo! Dovrei cambiare scarpe però, che scarpe? Domenica a pranzo, spiaggia? Tolgo il cardigan perché fa deliziosamente caldo però rimetto la giacca (veloce, hanno ancora la testa giù!) cosi è più elegante, tra l’altro...

- Si? Si... e allora?

...

- No, no... niente dizionario, già detto, grazie, ok, già detto, si, grazzzie....

(Uffà)

- Prof! C’è altro!!!

Adesso, stanno tutti agitando i loro cellullari, come per una bella pubblicità!

Il blocco... di nuovo... Roma sarebbe completamente bloccata...

- Lo so, lo so... per il momento, continuate a scrivere grazie...

È incredibile, questa mancanza di concentrazione, un niente viene a rompere tutto, non c’è piu niente di sacro, oramai ...

Cinque minuti dopo

Adesso ci sono questi rumori... Ma dai non è che mi andranno a rovinare questo bel pomeriggio? No, dai, lasciali mormorare... ti sorridono (meglio questo del contrario) e di nuovo con i cellulari. Copiano? No, non sembra... Sarà infatti successo qualcosa a Roma, però che dobbiamo fa’! Ormai mi sono modellata alla rassegnazione...

Una collega viene ad interrompere il suo soliloquio interiore.

- Ehi, stai a sentire, Roma centro è tutta bloccata, Piazza Venezia tutti sono fermi nessuno va da nessuna parte, i vigili urbani fischiano senza fermarsi più e...

- Ohh, vabbe grazie mille, tranquilla!

- Ma gli allievi vogliono andarsene prima, perché...

- Ohh siiii, prof, infatti, è quello che volevamo dirle prima, si, per favore, c’è un blocco enorme, sarà successo qualcosa...

Adesso la confusione, il chiasso...

- Eh dai! Non esagerate, è sempre cosi, per un niente ne fate tutta una storia!

Però, vediamo un attimo, se a loro va di partire prima, a me fa anche comodo... Poi, abbiamo preso tanto anticipo sul programma e infine, oppormi a loro, che energia!

Cinque minuti dopo mi trovo in ascensore insieme a una donna delle pulizie, uno studente della mia collega e un agente della sicurezza.

All’improvviso, uno scatto, tutto si ferma tra il secondo e il primo piano, niente elettricità...

- O mio Dio non è possibile ...

I primi secondi sono pieni di un assurda speranza, privi naturalmente di conoscenze in elettricità e poi i secondi si allungano come secoli tra disperazione e altre angoscie. Tutti contiamo sull’uomo della sicurezza, stiamo a fissare le sue mani che premono sui tasti (ascensore, cellulare, walky talky) gesti che per un tempo infinito ci tranquillizzano.

Dopo un po’, le mani non fanno più niente, le frasi (di tutti quanti) sono stupide, gli argomenti intelligenti sono esauriti... esaurita anche la speranza, lasciata all’attesa, fiato contro fiato, ai pensieri d’imbarazzo e paure di bambini ... i cellulari diventano delle patetiche stampelle, amici maledetti o benedetti, sperando che le notizie brutte o buone arrivano, se c’è campo o batteria...

Lei, pensa per prima a Luigi, o piuttosto all’appuntamento con lui, ai preparativi.

- Farò in tempo? Che penserà? Mi crederà ? Che sfiga...

Poi naturalmente, tutti nel buio e nella promiscuità, intravedono la possibilità di passare la notte insieme, che immediatamente fa scattare un bisogno di andare al bagno, una fame incomprensibile, un mal di testa terribile... Dallo studente arrivano altre notizie: un blocco spettacolare, inspiegabile... Blocco di tutto, ovunque...

- Che cosa???

All’improvviso però, dopo diciamo una mezz’oretta, tutto si riavvia e dieci secondo dopo, il famoso equipaggio dell’ascensore non esiste più, si disintegra, si sono già persi di vista e sopratutto di pensieri, tra un po’ non si riconosceranno più.

Lei pensa all’assurdità dell’intimità e alla sua disintregrazione altrettanto assurda...

- Che solitudine!

Allora, adesso, lo hic et nunc, la realtà, veloce, veloce, ancora è nei tempi...

- Energia, la vita riprende il suo corso normale... quanta gente, però, tanta gente! Gli autobus saranno ancora strapieni.

Infatti dopo un’attesa di cui taceremo la durata, riesce ad infilarsi su un tram e rimane, senza fiato, in apnea, contorsionista incastrata tra corpi e borse.

- Bene, la routine!

Un’altra promiscuità muta e composta.

Un chiasso più forte del solito la fa leggermente preoccupare. La parola “blocco” torna. “Blocco monumentale, blocco fenomenale, blocco storico, punto di non ritorno”

Boh....

Il tram si ferma piu volte, con delle frenate brusche che richiedono al corpo una tensione in più. Il viaggio sembra a tutti gli effetti quello più duro dell’anno (o della settimana). Però, dopo l’ennesima immobilizzazione (aveva percorso meno di 5 chilometri in un’ora), il tram non riparte.

Fuori, una folla si sta intensificando. Lei si rifiuta di informarsi meglio, ha paura di perdere la batteria guardando sul cellulare e, non avendo notizie del suo Luigi, inizia in questo contesto, a deprimersi.

Dieci minuti dopo, è sempre sul tram fermo e fuori dal finestrino, di paesaggio urbano c’è soltanto un marea di gente, come a una manifestazione.

- O Dio, che ora farò chiusa qui dentro? Ho fame, sono stufa, perché non possiamo uscire da questo maledetto tram? Tanto un taxi non potrebbe ne infilarsi, ne andare avanti.

Tra un po’ non ci saranno più segnali sui cellulari.

Allora la gente capisce che inizia una serata di merda.

- Spegnete i cellulari – grida uno – forse ne avremo bisogno più tardi.

- Macchè stai a di? – gli risponde un altro.

Finalmente la voce emozionata dell’autista :

- Signori, ehm, pare che non si può più fare nulla – dice con voce emozionata l’autista – pure io devo lascia’ sto tram qui, in mezzo alla strada. Mi spiace, adesso con calma e cautela, potete scendere, grazie e mi raccomando, calma e civiltà.

Finalmente aria, fuori!

Però assaltata dalla folla, prova una sensazione di smarrimento. Il sangue freddo prevale, però un pizzico di panico e una leggera disisperazione si fanno presenti...

Tutto a un tratto, la canzone “Part time lover” di Steve Wonder si sentì molto forte, così, sulla strada, uscita da non si sa dove. Impossibile pensare che usciva da un autoradio o da una stereo di qualcuno, da un negozio… No! Il suono dominava, era così netto, perfetto, copriva tutto, però non era aggressivo.

Per il poco spazio che ancora c’era tra la gente, dei signori (giovani e anziani, mezz ‘età, ecc) invitarono signorine e signore (giovani e più anziane, senza distinzioni, bastava l’istinto e il sorriso) a ballare, provando allo stesso tempo a non urtare gli altri e ad andare avanti.

Dove sono? Ma dove sono? Non è che mi sono addormentata durante l’esercizio che ho dato prima? Non è che sto dormendo con la bava davanti agli studenti? Nooo!!!

A parte i ballerini, quelli che non ballavano si sentivano lo stesso più leggeri per la sorpresa, presi dalla fantasia nell’udire quella canzone che sembrava essersi diffusa in tutta Roma per loro, come per tenere compagnia.

Dopo quella, sentirono “Bip bop a lula” (Gene Vincent), e poi “Billie Jean” (Michael Jakson) “Juste one Kiss” (Madonna) e ancora tante altre, di tutti tipi.

Non sapendo da dove proveniva il suono, la gente gridava nell’aria: “Dai, un’altra di Michael Jakson, David Bowie, adesso, no, un tango, no per me Black eyes Peas, David Guetta, Gilbert Montagné, Julio Iglesias, Iron Maiden!

Lei, tutta sudata, non sapendo ancora se stesse dormendo o no (non era totalmente chiaro), aveva l’anima felice per il ballo. Inoltre, aveva preso nuovi numeri di telefono (scritti sulla mano, o sulla spalla corperta) dei ballerini molto bravi, molto attraenti, molto simpatici, molto educati, molto spiritosi, o semplicemente insistenti e in quel momento non se la sentiva di dire di no.

Quando la notte arrivò, la folla era diventata troppo densa per poter ballare. La musica si fece più calma, lenta e anche un po’ più esotica.

Papa Wemba, Pino Daniele (un duo ormai perso per sempre però ritrovato per gli orecchi attenti) Cesaria Evoria, Oum Kalshoum, Olivier N’Goma, Bossa, Idir, Alain Baschung, Antonello Venditti, Mina, Goran Bregovic, Paolo Conte, Edith Piaf e tantissimi altri.

Molti piangevano, si erano fermati e seduti per la stanchezza. Non si sapeva nulla o quasi nulla. Si formavano piccoli gruppi, multigenere, discordanti, carini e volatili come sull’ascensore.

Tutto ad un tratto, una voce di bambino pre adolescente si fece sentire.

- Tutti quelli a cui piacciono le patatine fritte si tocchino la guancia destra col dito secondo!

Una protesta generale.

- Ma non è possibile!!! Chi è che ci prende in giro così!!!??? CHE COS’È TUTTA QUESTA COMMEDIA? AOH!!!

- A casa! A casa!!! – rispondevano gli altri

Grida e confusione ovunque.

- A chi piace essere ricaricato in un istante, alzi la mano destra!

La voce del fanciullo era meno sicura, l’emozione si sentiva.

Tuttavia, siccome il suono usciva sempre perfettamente (come se il migliore tecnico del suono fosse dietro a gestire tutto) e copriva tutti i rumori, era perfino commovente. Le donne e tanti bambini presenti alzarono la mano, la gente però era esausta, con la fame e le altre cose già descritte dell’ascensore. Nonostante questo, però, si era creato una specie di spirito di gruppo (o di massa piuttosto) generata dalla sopresa, dalla fantasia, dall’ambiente circostante. Il ragazzino continuava mentre tutti chiedevano: “Ma tu chi sei, fatti vedere!!!”

- Tutti coloro che amano le belle storie prima di dormire, si stropiccino un occhio, quelli che sognano di tornare con un tappetto volante, pizzichino il vicino.

Un secondo dopo, mancava più di un terzo delle persone presenti prima, erano scomparse. Ci fu un momento di stupore totale, dopo di che la musica riprese di nuovo, Barry White, Blondie, Raffaella Cara, etc, etc.

Lei era scomparsa, stava tornando a casa come aveva sognato sin da piccolissima, in mezzo alle stelle.

Ad un certo punto, non importa più se si sta dormendo o no, ce la godiamo alla grande, e basta!

Sull’asfalto di Roma, invece, si andava avanti, con molta più scioltezza perché c’era più spazio e perché cominciarono a ballare di nuovo. La speranza tornò, pur basata sul nulla e i passi si fecero più eleganti. Poi, pian piano le canzoni che tutti potevano cantare anche in playback galvanizzavano le persone.

“Volare… Il blu, dipinto di blu... Roma capoccia... Lungo Tevere”

I più giovani o i meno romantici cantichiavano lo stesso, tanto a quel punto che si poteva fa’?

Il blu del cielo era da sogno, come un vestito da sera vellutato.

“Volare… ohohoh... il blu dipinto di blu”

Questo blu (sia musicale che cromatico) venne però a coprirsi di nuvole strane: tantissimi elicotteri dell’esercito che calando delle corde riuscirono a liberare tutti quanti, uno dopo l’altro, con cura.

Epilogo

Anni dopo, anzi, generazioni dopo, dissero, scrissero, e filmarono un sacco di cose su questa memorabile serata romana di blocco... senza parlare dei numerosissimi dibattiti sul perché e sul come mai...

Il cinema riservò le sue migliore attrici per il ruolo di “lei”, in quella serata si strinsero numerosissimi contatti (persino un matrimonio e un figlio nato nove mesi dopo quella notte). Nacquero anche vocazioni per il ballo e il canto, per il soccorso umanitario e per la carriera di deejay o conduttore di giochi.

Peraltro, non mancarono commenti e petteggolezzi sull’intervento finale dei militari (corpi speciali), anche perché sugli elicotteri il sostegno fu caloroso e molto premuroso con tanto di un bicchierino di fragolino, limoncello o prosecco, secondo le diverse testimonianze, per chi non aveva contrindicazioni.

 

Per quanto riguarda il mistero dei tapetti volanti, ancora oggi aspettiamo che l’Atac faccia uscire qualcosa... Vediamo un po’ con la nuova sindaca!

 

Blandine Arondel

*incipit tratto da Kitchen di Banana Yoshimoto