Di ramo in ramo

Ricordo di aver bussato ad una porta, Elena mi ha aperto e mi ha detto di entrare, sono rimasta meravigliata perché non era la casa dove tante volte sono andata, vi era una specie di studiolo dietro una scaffalatura di ferro, Elena è entrata ed io l’ho seguita, il suo sorriso non mancava, poi ho girato gli occhi dappertutto, lo spazio era invaso da fili fra il computer ed altre attrezzature. Più che una stanza dove lavorava una donna mi sembrava un laboratorio di un elettricista alle prese con cavi elettrici.

 

Ho sentito un sottile fruscio che mi infastidiva, solo allora ho notato che vi era anche un altoparlante appoggiato sul tavolo, nessuna sedia in giro. Mi sono chiesta dove si sarebbe seduta se mai avesse avuto bisogno di riposo.

Era la Elena che conosco io? L’ho guardata meglio, il sorriso mi ha rassicurato, si, era proprio il suo e solo allora mi ha detto: “Sei capitata in un momento poco opportuno Lucia, oggi abbiamo tanto da fare, c’è molta confusione”. Comunque mi invitava a seguirla.

 

Attraversando la grande sala ha imboccato un corridoio poi è stata risucchiata da una scala a chiocciola, sono scesa anch’io ma non riuscivo a vederla. Era una scala di marmo lunga e larga che girava su se stessa.

Mi sono ritrovata in un salone ancora più grande di quello sopra, arredato con pochi mobili, un tavolo tondo senza base poggiava sul pavimento, non vi era altro, dunque  ho pensato che la casa non fosse ancora pronta per abitarci. Ho dedotto che doveva essere molto grande e che questa fosse la sala hobby.

 

La luce proveniva dalle enormi porte finestre, davanti ad esse un tappeto di prato verde.

Mi sono guardata intorno per cercare Elena, non vedendola ho pensato di ritornare su di nuovo. Mentre mi accingevo a risalire la scala, una delle porte finestre  si è aperta ed è apparso Dario.

Più alto e più magro, vestito di scuro,  con un abito elegante, aveva sulla giacca un fiore rosso all’occhiello, mai visto così vestito, vicino sua moglie. Subito dopo di lui sono entrate tante donne eleganti.

 

Nel vedermi Dario è rimasto meravigliato e mi ha detto: “Anche tu sei qui?”

Volevo dirgli il perché ero andata da loro, ma lui, come Elena, non mi ha dato il tempo di dire nulla, con  un cenno della mano mi invitava a stare zitta, poi si è rivolto alle donne in sala: “Prendete posto, prego!” ha detto loro.

L’ho guardato perché notavo l’assenza delle sedie, sebbene la sala presentasse vari gradoni non regolari a forma di cerchi e quadrati come se fosse già stata pensata per sedersi. Le donne in modo molto naturale hanno preso posto sui gradoni e solo quando le voci si sono acquietate Dario mi ha fatto cenno  di uscire e seguirlo.

La porta finestra era aperta, il verde prato  ci ha condotto in poco tempo in un tunnel e mentre camminavamo ci siamo ritrovati con due bambini al nostro fianco, sembravano gemelli, il posto era confusionario e chiassoso.

Ho cercato di parlargli, mi ha risposto che in questo periodo aveva tanto da fare: “Hai visto quanta gente ho lasciato nel salone? Immagino cosa vuoi, non posso darti retta in questo periodo” e mentre mi parlava il bambino mi ha lasciato la mano e si è allontanato. Ho avvertito la responsabilità di cercarlo sebbene non  avessi deciso di averlo con me, né sapevo da dove provenissero i due visi angelici che avevamo al nostro fianco.

Abbiamo ripercorso a ritroso il tragitto nel tunnel grigio e nell’attraversare il prato la presenza dei bambini si era volatilizzata.

 

Siamo entrati e solo allora ho saputo che era la casa di Dario. Una donna era distesa su un gradone, ho pensato che non si sentisse bene vista la sua posizione, era venuta perché la lezione era interessante e per niente al mondo l’avrebbe persa.

 

Ho cercato un posto anch’io e mi sono seduta, inaspettatamente Elena si è avvicinata  a Dario; ho tirato un sospiro, finalmente potevo comunicare con tutti e due, volevo  dirgli che la poesia sulla rosa non l’avevo inviata per dimenticanza, che sono molto disordinata e dimentico spesso le promesse fatte. Da un po’di tempo ho la sensazione di volare di albero in albero non trovando la collocazione giusta su nessun ramo.

 

Entrambi mi hanno guardato attentamente senza interrompermi, so che mi avrebbero capito. C’era il sorriso di Elena che mi rassicurava…

 

Al risveglio sono rimasta molto colpita da quel sogno, avrei voluto aggiungere  ad Elena che anche se non ci vediamo la penso spesso, ha qualcosa di familiare che me lo fa dire: “Te l’ho già detto, vero Elena? Come vedi ripeto le stesse cose più volte.”

A Dario invece volevo dirgli che nel sogno era splendido vestito così e quel fiore rosso all’occhiello era davvero singolare.

 

Ma ora che ci penso, perché aveva il fiore rosso? Improvvisamente il piccolo fiore rosso mi distrae, mi smarrisco di nuovo, se non la smetto mi ritrovo davvero a sorvolare di albero in albero, e cercare, cercare senza trovare mai il bozzolo e senza mai raggiungere il mio ramo. Va a finire che un bel giorno, visto che non sono una farfalla e non ho ali protettrici, mi ritrovo letteralmente…con il sedere per terra. Bacioni

 

Lucia Izzo