Guardarsi

Sempre il solito bar. Tutte le sere. Non passa neanche da casa. Si è stufato di sentire tutte le maledette volte le stesse parole.

“Hai una famiglia, dove sei stato, con chi te la fai, vergognati”.

Ci rientra tardi, molto tardi. E al bar mica beve alcolici. Rimane seduto per 2 o 3 ore a non far nulla. Certo, anime perse come lui ne ha incontrate parecchie. La maggior parte tutti alcolizzati o quasi. Sono appena in grado di abbozzare una specie di discorso ma poi, sfasciati dall’alcol, i partner occasionali si afflosciano e cominciano a delirare. Non ha nessuno. Né per parlare né per tradire la moglie. Si è costruito questa seconda non vita priva di significato e, quindi, vuota. Ma perché? Se lo domanda tutte le sere. È successo tutto così lentamente, che neanche riesce ad individuare quale possa essere stato il fatto, la parola, lo sbaglio. Nulla di preciso che possa ricondurlo a ricostruire la deriva nel nulla in cui si sta avviando. Ed in cui sta facendo scivolare anche la sua famiglia. I suoi due figli che lo vedono solo al mattino perché li accompagna a scuola. E lui a raccontare frottole sul fatto che fa tardi. E chissà cos’altro si dovrà inventare. Perché mica ci crederanno sempre alle stronzate che gli racconta. E poi sua moglie. Ancora una gran bella donna. Si amavano un tempo. Non potevano fare a meno l’uno dell’altra. Dieci anni di matrimonio sono bastati per arrivare a non guardarsi più. Ma in fondo è inutile cercare lo sbaglio, pensa. Non esiste un vero e proprio sbaglio. Ti adegui. Cominci a pensare che le cose tutto sommato non vanno poi così male. Non ci fai caso se prima facevi l’amore 2 o 3 volte a settimana; poi una e poi la volta successiva non ti ricordi neanche più quando è stata l’ultima volta. All’inizio uscivi di casa e non ti dimenticavi mai di baciarla. Lei anche. Dopo un po’ ti ricordi solo quando sei in macchina che dovevi fare qualcosa.  Ma non sai neanche cosa. Da lì a non parlarsi più, il passo è breve. E allora si comincia a insinuare il sospetto che tu hai un'altra. Domande allusive. Scenate. I bambini che si spaventano. Ma in realtà non è niente di tutto questo. Solo che si è smesso di vivere insieme anche se si dorme e abita sotto lo stesso tetto. Andiamo al cinema? Come vuoi tu. Che è come dire “Anche se stiamo a casa va bene uguale”. Anzi meglio, forse. Insomma, giorno dopo giorno aumenta quel cattivo sapore di fallimento che se anche c’è il sole è sempre una giornata di pioggia. Acqua acida che ti brucia la pelle e il cervello. E i pensieri diventano brutti pensieri!

È arrivata l’ora di andare a casa. Dopo l’ennesimo ubriaco che ha tentato di abbozzare un discorso, si alza e si avvia verso il suo appartamento. Sembra l’andatura del condannato a morte. Il buio lo aiuta. Si è abituato al buio. Se non fosse per i suoi figli, di luce nella sua vita è parecchio che non ce n’è. Sale le scale, arriva davanti alla porta e suona. Si prepara per la sfuriata. La moglie apre e lo guarda. Gli occhi sembrano riposati. Strano. Poi lo abbraccia e lo bacia. Fa per ritrarsi, ma una forza che sfugge al suo controllo lo trattiene. Il suo cuore comincia a battere all’impazzata. All’unisono con quello di sua moglie. Il bacio sembra non finire mai. Poi termina. Ora si guardano. Hanno smesso solo di vedersi. Le loro anime piangono di gioia e il loro viso è pulito, fresco, come se un unguento miracoloso abbia levato tutte le impurità formatesi negli ultimi anni di convivenza forzata. Non si dicono nulla. A braccetto come due fidanzatini si avviano verso la cameretta dei bambini. Un bacio a ciascuno e poi vanno a letto. Questa notte non dormiranno. Penseranno a come ricominciare a vivere e sognare. E faranno l’amore.   


Gabriele Marcon