Il giocattolo ritrovato

Non importava che la sveglia suonasse: l’abitudine di una vita di lavoro gli imponeva che alle sei in punto si doveva alzare ed iniziare la giornata. La prima cosa da fare era aprire le persiane per vedere il tempo. Con il passare degli anni, settantanove primavere, la luce del sole gli metteva il buon umore più di qualsiasi altra cosa. In giorni luminosi come quello, dalla finestra del soggiorno poteva vedere Siena, la torre del Mangia e concedersi il lusso di prendere il caffè in giardino.

Alberto adorava il suo giardino che in primavera mostrava il suo aspetto migliore: i bocci delle rose rampicanti si schiudevano, il rosmarino e la salvia esplodevano sparpagliando il loro profumo tutto intorno e piccoli gigli viola nascevano spontaneamente qua e là.

La giornata era iniziata nel migliore dei modi, ora non gli restava che prepararsi: era venerdì, in paese c’era il mercato e doveva comprare delle verdure e una padella. Da quando era rimasto solo doveva occuparsi di tutto.

- Potrei prendere la bicicletta! – pensò Alberto prima di uscire di casa – Quando il vento mi accarezza il viso mi sembra di ritornare giovanotto!

Con un pizzico d’entusiasmo, che non provava da tempo, salì sulla bicicletta e pedalò fino alla piazza dove c’era il mercato. Parcheggiò e s’inoltrò tra le bancarelle, che erano disposte sempre allo stesso modo. Le prime vendevano abbigliamento e finalmente si vedevano magliette a maniche corte, pantaloni in cotone e anche qualche costume. Accanto c’erano le bancarelle delle scarpe e dei casalinghi, poi seguivano quelle della frutta e della verdura e in fondo c’era il venditore di prodotti alimentari. Gli piaceva molto osservare tutto ciò che i vari espositori offrivano prima di comprare ciò che gli serviva. Dopo aver indugiato un po’, acquistò un cesto di insalata, il prezzemolo e le ciliegie.

- La padella! – si ricordò quando stava per andarsene.

Quella mattina, accanto ai casalinghi, c’era un nuovo banco che attirò la sua attenzione. Vendeva soprammobili in legno, stampe e acquarelli: erano molto graziosi e quasi tutti rappresentavano il paesaggio toscano con i campi di girasoli. Si mise a cercare un quadretto da appendere in cucina, quando vide un carrettino tutto in legno, verniciato di verde.

- Non è possibile! – pensò meravigliato - Quel carretto l’ho costruito io da bambino!

Alberto decise di comprarlo e appena arrivato a casa si mise a sedere in giardino per controllare un particolare. Si ricordava che mentre stava costruendo il carretto, aveva dovuto sostituire un chiodo che si era rotto e nella fiancata era rimasto un forellino. Il piccolo pertugio era ancora lì: incredibilmente aveva ritrovato un frammento della sua infanzia!

Provò una sensazione di stordimento, la mattinata era stata faticosa e così si appoggiò alla spalliera della sedia e si assopì.

– Vieni sali, ti porto a fare una passeggiata – disse una voce misteriosa svegliandolo.

Alberto incredulo apri gli occhi: era il carretto che aveva parlato! Non si fece tante domande, non si chiese nemmeno come avrebbe fatto ad entrare in uno spazio grande come una scatola da scarpe e magicamente si ritrovò seduto nel carretto, che iniziò a risalire un bellissimo arcobaleno.

- Dove mi stai portando? – chiese Alberto.

- E’ una sorpresa – rispose il carretto – Anche quando eri piccolo ti piacevano tanto le sorprese e gli arcobaleni!

Guardando in basso poteva vedere un bellissimo paesaggio: era stato trasportato in un'altra stagione e un mare di girasoli fioriti era rivolto verso il sole. Riconobbe la strada che amava percorrere in bicicletta la mattina presto e fu avvolto dalla sensazione di benessere e di libertà che provava in quelle occasioni.

- Come mai mi hai portato qui?- chiese Alberto.

- Per farti rammentare cosa significa vivere. – rispose il carretto – Ricordo molto bene il piano che hai escogitato per potermi costruire e la passione che ci hai messo. Rischiando una punizione severa visto che eravate molto poveri, prendevi di nascosto le uova dal pollaio dei tuoi genitori e le rivendevi per acquistare il materiale che ti occorreva. Hai comprato anche la bellissima vernice verde, che è il mio vanto: tutti invidiano il mio colore smeraldino. Mentre mi costruivi mi hai trasmesso la tua fantasia e il tuo entusiasmo e questo mi ha fatto diventare magico. Ora purtroppo hai chiuso le porte del tuo cuore e la tua casa è diventata il mondo. Non vivi più, ti stai accontentando di sopravvivere. Spero che rivedendo questa strada tu riesca a comprendere che la vita è un'altra cosa.

Alberto era commosso e divertito. Ricordava benissimo tutte le peripezie che aveva architettato per poter costruire il suo gioiello e sapeva che il carretto gli stava dicendo la verità. Il dolore per la perdita di sua moglie gli aveva tolto tutte le energie e per lui era faticosissimo andare avanti. Comunque ora si sentiva meglio, più leggero e pieno di speranza. Forse non tutto era perduto.

- Ora dove andiamo? – chiese Alberto in tono allegro.

- C’è un’altra cosa che ti rendeva particolarmente felice – rispose il carretto – Chiudi gli occhi e vedrai!

Quando Alberto riaprì gli occhi stava volando nel cielo di una bellissima notte stellata.

- Mi ricordo il gioco che facevamo con mia moglie da fidanzati – disse sorridendo – Nelle notti come questa cercavamo dei nomi originali da dare alle stelle e ci divertivamo tantissimo!

Un attimo dopo sentì una lieve brezza accarezzargli il viso e si ritrovò seduto in giardino con il carretto in mano. In un primo momento ebbe la sensazione di aver fatto un bel sogno, ma poi abbassando lo sguardo si accorse di un girasole che era scivolato in terra.

Lo raccolse, lo mise in un vaso in cucina ed appoggiò il suo antico giocattolo in un posto ben visibile: gli doveva ricordare che il dolore non si combatte con la solitudine e la rinuncia.

Mentre Alberto stava sistemando il girasole, vide l’agenda con i numeri di telefono dei suoi amici e si commosse: era tanto tempo che non la consultava. D’istinto l’aprì e chiamò il suo migliore amico. La conversazione all’inizio andava a rilento, poi diventò sempre più naturale parlarsi, come se non si fossero mai persi di vista. Alla fine decisero che sarebbe stato bello fare una cena per riunire il vecchio gruppo e Alberto propose la sera successiva. Si sarebbe occupato lui di tutto, anche di cucinare. Alcuni invitati arrivarono prestissimo, altri a cena iniziata, come facevano da sempre. Furono raccontati vecchi aneddoti e nuove storie, riaffiorarono antichi timori e speranze recenti. A fine cena tutti si complimentarono con il cuoco per la carbonara: la dieta salutare per quella sera era stata bandita. Il tempo volò e prima di salutarsi decisero di ritrovarsi la domenica per fare una passeggiata lungo i sentieri del bosco. Quando tutti se ne furono andati, ad Alberto sembrò che quella nuova solitudine fosse più leggera, meno opprimente: una scintilla di speranza si era accesa nel suo cuore.

 

Stefania Bicci