Il potere dell'amore

Era un pomeriggio sereno, senza vento, senza nuvole e i dolci raggi dorati del sole penetravano nella stanza.*

Guardando fuori dall’unica finestra che c’era, scostando appena le tendine di lino color senape, Philippe si chiese quanto il suo animo in tumulto fosse in armonia con la tiepida giornata e con la rassicurante vista, per l’altrui sguardo, di quel branco di cavalli intenti a brucar erba in cima alla collina.

Bussarono alla porta, lui non rispose: “Pelandroneee! Devi passare da Monsieur Fournier prima che faccia sera” sbraitò sua madre o meglio la sua matrigna, mentre scendeva la rampa di scale di legno verso la cucina.

La locanda di Bastide Bleue era posizionata in un punto strategico per chi viaggiava in Francia nei primi dell’ Ottocento: a poche miglia dalla costa quanto immersa nella verdeggiante campagna di  Provenza.

Philippe era una ragazzo di dodici anni, esile, con due grandi occhi verdi dal brilluccichio intenso quanto gli smeraldi incastonati sulla corona della Regina ai ricevimenti di Palazzo.

Il giovane aveva perso sua madre che aveva tre anni per cui il padre si era risposato qualche tempo dopo con la giovane levatrice del villaggio che, ironia della sorte, era una donna infertile. No, ella non aveva riversato sul piccolo Philippe il suo amore materno mancato anzi, ogni occasione era propizia per denigrarlo, sgridarlo o fargli svolgere i lavori più umili della locanda e suo padre, succube della moglie, non interveniva mai per difenderlo e prender le sue parti.

All’improvviso, uno sbattito d’ali da sopra il davanzale interruppe i suoi tristi pensieri: “Ah sei tu Renè?” Meno male che sei arrivato! Avevo proprio bisogno di te amico mio!”. Il piccolo corvo dalle lucide penne nere volò prima sulla brocca sopra la credenza poi sulla sbarra in ottone ai piedi del letto di Philippe su cui egli si era nel frattempo adagiato.

“Ragazzo mio, come potevo lasciarti solo a soffrire le tue pene?”. Sono il tuo unico amico al quale confidi le tue amarezze”.

Eh già Renè, il corvetto parlante, non lasciava mai solo Philippe nei momenti difficili come quando si erano incontrati la prima volta quella sera d’inverno  che tornava stanco dalla casa del ProfessorNicolas  e due furfanti volevano derubarlo del portamonete. Renè aveva visto la scena appollaiato sul ramo di un albero lì vicino ed era intervenuto in men che non si dica picchiando con il becco sulla testa gli sprovveduti ladruncoli i quali scapparono a gambe levate.

Le campane della torre di Merindol suonarono le Sei di sera e ricordarono a Philippe di affrettarsi ad andare….

Monsieur Fornier era un uomo basso e tozzo con due folte sopracciglia brizzolate che seguivano repentine le variegate espressioni del volto che l’anziano fornaio assumeva con la clientela e con lo sfortunato giovane garzone a suo servizio Gerard.

Prima di chiudere la sua bottega, ogni sera, attendeva l’arrivo del giovane Philippe che con il suo carretto veniva a prendere il pane avanzato e non venduto per la locanda in modo che le oche, le galline nonché il gallo di BastideBleue venissero debitamente rifocillati.

La piccola Brigitte, l’ultimogenita di Monsieur Fornier ogni tanto compariva dietro il bancone e osservava il giovane Philippe con i suoi intensi occhi neri mentre le sue piccole gote si tingevano di un rosa intenso come quello dei fenicotteri nella laguna.

Ella non aveva mai avuto, da quando era nata, dieci anni prima, il dono della parola per cui poteva soltanto esprimersi attraverso lo sguardo ed i suoi movimenti timidi ed impacciati.

A Philippe ogni volta si scioglieva il cuore come la neve al sole e ogni volta che se ne andava dalla piccola bottega col suo sacco pieno di avanzi, non faceva altro che fissare quell’esile figurina da dietro la vetrina fino a che, salito di nuovo sul calesse, scoccava il frustino per far partire il cavallo.

Venne il tempo della transumanza sicchè Philippe dovette lasciare la locanda per gli alti pascoli insieme al gregge da una parte felice per la lontananza con la matrigna, dall’altra triste per il fatto di dover stare molti giorni lontano dal suo segreto amore Brigitte.

Una di quelle mattine stava giusto steso sull’erba masticando il gambo di una margherita quando dietro di se udì una voce che diceva “che peccato starsene soli e tristi a sospirare!”.- “Ehi ragazzo sono a un passo da te!”.

Philippe si alzò di scatto intimorito: non vedeva nessuno o meglio nessun essere umano. Si chinò in terra per prendere la sua bisaccia e quella voce di nuovo esclamò “meri meri Meraviglia, sono proprio a un palmo dalla tua caviglia!”.

Philippe sbalordito guardò giù verso i suoi piedi e vide un papavero dal lungo stelo sulla cui corolla era seduto a gambe incrociate uno strano omiciattolo che a guardarlo bene era proprio uno gnomo.

Il piccolo essere ora sorrideva e si tolse il cappello a mo di rimostranza. “Tu sia il benvenuto in questo luogo incantato dove soltanto agli esseri puri è consentito l’accesso”.

“Non  ci posso credere!” disse Philippe stropicciandosi gli occhi “e tu chi sei?”

“Mi chiamo Bernard e sono lo gnomo dispensatore dei semi papaverini-trasformini!”: “essi sono l’unico rimedio per cambiare l’ordine delle cose che non ci piacciono”. “Tu hai un desiderio di voler trasformare una situazione che non ti piace? Che vorresti cambiata?”. “Sai, io posso aiutarti ma..bada bene che l’effetto dei miei semi su qualsiasi essere, oggetto o situazione dovessi utilizzarlo vuole come requisito fondamentale che la trasformazione avvenga per amore, solo per amore e il tuo destino avverso allora si che potrà davvero cambiare!!”

A questo punto Bernard si alzò dal suo giaciglio e mostrò, spostandosi quello che per lui era un materasso, un piccolo sacchetto di tela chiuso con dei fili d’erba intrecciati. “Ecco, questo è il mio dono per te ragazzo dal cuore triste, fanne buon uso”. “Grazie piccolo Bernard” rispose Philippe, il quale non esitò a prendere il regalo e metterlo delicatamente in una delle tasche della sua lisa giacchina.

A questo punto si rese conto che doveva assolutamente parlare di quell’insolito incontro con il suo amico Renè per cui lascio il gregge a pascolare e iniziò a scendere a valle anche se il cammino richiedeva ben due giorni e due notti.

Arrivò stremato alla locanda alle prime luci dell’alba. Zitto zittocon le sue agili gambe riuscì ad entrare nella sua stanza arrampicadosi attraverso la vecchia scala di servizio di fronte alla piccionaia.

Non appena il sole si alzò da dietro la collina, con la federa del cuscino iniziò a fare dei cenni di richiamo: due spiegature veloci e una più lenta con tutta la federa aperta. Era il messaggio in codice che usava con Renè qualora ci fosse un immediato bisogno del suo intervento.

Infatti, di lì a poco, ecco comparire il lucido corvetto nero sul davanzale!

Philippe allora raccontò al suo piccolo amico del suo strano incontro, dei semi di papavero trasformino e della loro magia. Lui si che voleva proprio cambiare una situazione: voleva che Brigitte acquisisse la voce perché quella dolce creatura meritava di poter parlare ed esprimersi come tutte le bambine del mondo.Renè a questo punto intervenne e disse: “sono io il tramite di questa trasformazione – che se ne fa un piccolo corvo nero della voce se tanto per tutto il mondo rimane solo e sempre un uccellaccio foriero solo di brutte notizie quando lo si vede volare nei paraggi?”.  “Mangerò io quei semi Philippe e con il mio gesto d’amore nei tuoi confronti Brigitte inizierà una nuova vita”.

A quel punto due lacrime scesero sul viso del giovane ragazzo: era proprio commosso, non pensava che il suo piccolo amico gli volesse bene sino a compiere un sacrificio così grande”. Tirò fuori i semi dalla tasca della giacchina e li posò delicatamente sulla credenza.

Renè li mangiò tutti uno ad uno.

Si dice che qualche anno dopo Philippe e Brigitte convolarono a nozze e tutta Merindol fu in festa per un’intera settimana mangiando ogni tipo di pane e dolci che la bottega di Monsieur Fornier fu ben lieta di offrire.

Si racconta pure che un corvetto lucido e nero non passò giorno che non posasse sulla tavola dell’allegra e numerosa famigliola, coroncine di  fiori di lavanda profumata.

Anna Maria Di Russo

*incipit tratto da Kitchen di Banana Yoshimoto