Laura H.

Si chiamava Laura, ma la dolcezza del nome non corrispondeva al suo modo di essere quanto, invece, il cognome, di origine svizzera – tedesca naturalmente.

Un’acca minacciosa stava in testa ad un suono gutturale ed ostile che la caratterizzava perfettamente. Per tutti era signorina H…

Un piccolo naso aquilino – ma forse faceva pensare più ad un pappagallo che ad un’aquila – sopra una bocca sempre contratta in una smorfia di sdegno. Gli occhi dallo sguardo duro ai quali il taglio spiovente dava un tocco di tristezza.

Era una persona senza età, ma sicuramente nessuno se la ricordava giovane così come non è mai diventata veramente vecchia.

Immutata e immutabile, viveva sola in una grande casa di un vecchio prestigioso quartiere romano. Un lavoro monotono e ripetitivo le garantiva un modesto stipendio mensile. Cosa avrebbe fatto senza quell’impegno quotidiano? Quando le veniva imposto di consumare le ferie, lei, puntualissima, si presentava come tutti i giorni in ufficio.

Altera e sdegnosa, critica fino all’inverosimile, precisa fino alla nevrosi non aveva amici.

 

Qualcuno si sarà mai chiesto quanta sofferenza celava quel carattere irrigidito da una profonda, incolmabile solitudine?

 

(Rossana Bonadonna)