Meraviglioso

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano la 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l'alba della sua città sapeva creare.

Quel giorno si era alzata così presto, perché doveva assolutamente arrivare in orario all’aeroporto a prendere suo padre, che rientrava da uno dei suoi lunghi e misteriosi viaggi. Era la prima volta, da quando era tornata a vivere con lui, che si svegliava così presto e tutto quel silenzio la metteva a disagio. Si muoveva piano perché aveva paura di disturbare i suoi vicini.

“Le case moderne con pareti sottili non riparano le vite delle persone che le abitano” pensò bevendo il suo caffè.

Stava per rinunciare ai suoi esercizi di meditazione, che consistevano nel ripetere un mantra a voce alta, o comunque non certo in silenzio, quando si ricordò che lo studio di suo padre, trasformato in una piccola sala di registrazione, era insonorizzato.

Si sistemò proprio lì.

Lo studio, ricavato da una terrazza, aveva le pareti di vetro ed era inondato dalla luce di quell’alba che pian piano si trasformava in giorno, mentre nella collina di fronte passeggiava la volpe.

Stava per iniziare il suo rito mattutino, quando le cadde lo sguardo su un armadio che non aveva mai visto. Immediatamente le venne la curiosità di dare una sbirciatina, ma esitò perché non voleva violare la privacy di suo padre.

- Non è poi così grave – pensò – in fondo cosa può nascondere papà?

Ricacciò indietro la voce della sua coscienza e decise di aprire lo sportello.

Era un armadio abbastanza grande, alto quanto lei e la maniglia era fatta come quella di una cassaforte.

- Accidenti, c’è una combinazione numerica! Ma quale sarà?

Provò la sua data di nascita, quella di suo padre, ma niente, non si apriva.

Mentre si stava arrovellando per trovare una soluzione, si accorse di un piccolo post it giallo attaccato sul monitor del pc.

- Eccola! - esclamò

C’era scritta una serie di numeri che lei subito inserì e finalmente… “click” … quel marchingegno infernale si sbloccò.

- Dovevo immaginarlo che papà avrebbe tenuto la combinazione bene in vista – pensò – è troppo distratto e non potrebbe mai ricordare a memoria una formula così complicata.

Sorridendo, aprì delicatamente le ante. Nonostante ci fosse già molta luce nella stanza, all’interno era tutto buio. Per cercare di vedere qualcosa, entrò quasi con tutto il corpo nell’armadio e fu allora che successe una cosa pazzesca: in un istante si trovò risucchiata da un terribile vortice e non poté far altro che lasciarsi trasportare.

Quando ritrovò quello che somigliava vagamente a un equilibrio, si guardò intorno e si rese conto di trovarsi in una stanza che le sembrava quella dei suoi nonni. Nel letto c’era un giovane uomo che dormiva molto profondamente e, guardandolo meglio, vide che era suo padre. Era molto emozionata e non sapeva cosa pensare: forse si era riaddormentata e stava sognando oppure il suo desiderio di ricordare si era concretizzato. Smise quasi subito di farsi delle domande e si immerse in questo nuovo spazio. Mentre era lì che osservava la stanza, sentì squillare il telefono e subito dopo qualcuno aprì di colpo la porta.

- Mario è nata! Vestiti, presto, che andiamo alla clinica!

- Diffondete la notizia, diffondete la notizia – diceva il padre, infilandosi freneticamente le scarpe

- Eh sì… Mo’ lo famo pubblicà su Paese Sera. E dai sbrigati!

Quante volte sua zia le aveva raccontato quel momento in cui suo padre aveva saputo della sua nascita e in quanti modi se lo era immaginato. Ora era lì e lo stava vivendo. Voleva dire qualcosa, ma dalla finestra entrò una folata di vento che la sollevò in aria, portandola in strada.

- Uno, due, tre, stella! – ripeteva una bambina con la vocetta dispettosa e impertinente, sempre più velocemente, girandosi di scatto per guardare se il suo amichetto, un piccoletto coi capelli rossi, si era mosso.

Sobbalzò dallo stupore: quello era Stefano, con cui aveva condiviso i primi giochi e di cui era stata perdutamente innamorata. E la bambina con gli occhiali, incredibilmente era lei!

Non sapeva cosa pensare. Capì che non le era possibile comunicare con quei due bambini, poiché era chiaro che loro non potevano vederla e allora escogitò un trucco: si mise proprio in mezzo al percorso e partecipò al gioco. Si immedesimò in Stefano, che in quel momento era quello che doveva avanzare senza farsi trovare in movimento dalla bambina che si sarebbe girata al “tre!”

Erano anni che non si divertiva così tanto e, anche se i bambini non la vedevano, giocava con grande impegno, senza barare. Le tornarono in mente tanti ricordi legati a quel giardino, dove aveva passato molto tempo da piccola. Rivisse il piacere di stare al centro dell’attenzione di tanta gente. I suoi nonni. Gli zii che, quando ancora non erano sposati, vivevano in quella casa e ogni volta che rientravano dal lavoro avevano sempre un piccolo regalo per lei. Gli inquilini del palazzo, che le facevano i complimenti per come era cresciuta e per come assomigliava a sua nonna.

Persa in quel viaggio nel suo mondo di bambina, non si rese conto di quanto tempo era passato, fino a quando, mentre giocava, saltò su una specie di botola che stava sul pavimento del giardino e che si spalancò sotto di lei, facendola precipitare in una specie di tubo buio e freddo.

Alla fine di quel tunnel si ritrovò di nuovo nello studio di suo padre. Guardò l’orologio e scoprì che non erano passati più di cinque minuti da quando aveva controllato l’ora, ma la sua sensazione era che fossero passati anni. Si preparò per la recitazione del suo mantra, sentendosi ancora più emozionata del solito: voleva ritrovare un equilibrio ma non riusciva a concentrarsi molto bene. Aveva solo trenta minuti, dopodiché sarebbe dovuta uscire per andare all’aeroporto. Si sistemò nella posizione eretta e sentì la sua voce che pian piano si faceva spazio in quel silenzio pieno di eccitazione e di stupore. Le sensazioni che aveva vissuto in quei momenti non volevano abbandonarla e capì che non doveva scacciarle, ma lasciarle scorrere e godere la magia di quegli incontri.

Quando finì la sua recitazione si sentiva pronta per uscire. Si meravigliò dell’emozione che le dava incontrare suo padre. Non aveva intenzione di raccontargli l’incredibile avventura che le era capitata, ma sentiva che il suo rapporto con lui non sarebbe più stato lo stesso. Essere presente all’entusiasmo che lui aveva provato alla notizia della sua nascita e il rivivere quei momenti spensierati dell’infanzia, le avevano smosso qualcosa dentro e si sentiva più leggera. Non aveva mai desiderato tornare indietro. Il passato nella sua famiglia non era un ricordo piacevole, ma in quel momento provò gratitudine per quel breve viaggio nel tempo che le aveva fatto vedere la bambina felice che, a questo punto, voleva assolutamente ritrovare. Durante il tragitto fino all’aeroporto rise di gusto e si ritrovò a cantare quella bellissima canzone del passato che parlava di quanto la vita sia meravigliosa.

 

Elisabetta Segna