Piove

Piove, piove con violenza. L’acqua, gelida, colpisce duramente gli alberi, il terreno, i primi fiorellini timidi che un sole ingannevole aveva vigliaccamente invitato ad apparire.

Esco senza giacca e senza cappuccio. Sento l’acqua penetrare nel collo, insinuarsi lungo la schiena e bagnarmi fino alla biancheria. Le scarpe, potrei averle o non averle, sarebbe la stessa cosa, tanto non riescono a proteggermi e sono ridotte due misere spugne. Boris, che mi segue sempre, si è rifiutato di venire con me. Non gli piace bagnarsi sotto la pioggia. Ma io cammino, cammino quasi inconsapevolmente ormai, come trascinata da una forza oscura. Mi passa vicino una macchina, non rallenta, con le ruote solleva un muro d’acqua fangosa che fa di me una statua marrone gocciolante. Non mi importa, tanto ormai cosa posso fare? Il mio corpo, beffardamente coperto dai miei vestiti ridotti ormai a patetici cenci è in balia di un torrente in piena: è liquido. Sono acqua, sono fango, sono nel vento.

Ho freddo. Mi rifugio in un bar caldo, accogliente, illuminato e pieno di cose buone e invitanti. Mi rendo conto di non avere soldi con me. Dopo un attimo di smarrimento, mi avvio verso l’uscita sfoggiando una falsa disinvoltura. Una voce calda, rassicurante, mi raggiunge e sento un brivido di piacere: “dove va’ in queste condizioni? Si fermi a scaldarsi”.

 

***

 

Un caldo, rassicurante sorriso mi avrebbe accompagnato per tutta la vita.

 

(Rossana Bonadonna)