Pocahontas

Scendo dall’amaca, che in questo bosco mi ha ospitato, dal mio abbraccio nasce una fanciulla, par sia stato io la culla. Ma è lei che ora vedo, capelli folti, lunghi, belli, radici di un mondo, dei rasta naturali del color e odor della terra scendono verso il suo fondoschiena. Ancheggia, il suo sedere che chiama pure il mio occhio umano. È scalza e porta un vestito di pelle, un corpetto che la mostra aggressiva e una lunga gonna rossa, che sembra della stessa stoffa dell’amaca. La sfioro, la racchiudo a me, forse son perso, forse son dentro me, e fuori tutto il resto è noia. Mentre l’avvicino, lei gira la nuca e s’avvicina ulteriormente, alla mia mente pura. Formicolio, silenzio, un incendio gustativo. Le nostre labbra si incrociano e un dolce sapore trova una connessione. La selvaggia e bella donna ora è ai miei occhi più mia, ma ancor più, sua di se stessa. Mi comunica la propria indipendenza, si gira e mi fissa scrutando l’ anima, per la prima volta posso avvolgerla a me, s’accosta e le mie mani seguono la linea della sua schiena, fino al fondo di questo sorso d’energia. Il suo culo è mollo e molto soffice, se ne vergogna ma in quel momento si dimentica di tutto ciò, di me, di lei, del mondo, ascolta giusto le radici di esso, mentre le passo i rasta tra le dita, capelli folti come fogliame di un albero che ora sono io. Il suo labbro superiore freme, in unisono con lo sguardo, non provocante, ma provocato, incendiato dal fuoco del drago che sta in me, accovacciato a lato del mio cuore, spione, un animale curioso e quando rosso, pieno di passione, poi, attraverso la pupilla gialla, arriva coraggiosa speranza, che il nulla sia comunque il tutto. La scena è lenta, dolce, a tratti violenta, la pelle diventa elastica, chiama il torpore, i brividi e il contatto. Non son più matto. In quest’attimo i suoi occhi, da castani con strisce simmetriche ai lati, acquisiscono una lucidità animalesca. Lascia il mio abbraccio e si volta, come per sempre, ma ancora s’affaccia, senza dar alito al pensiero, e mi porge la mano. Al tocco cammina … volteggia a destra, a sinistra, balla, si slancia, tutto in un semplice passo, cammina libera e spensierata .. una guida del destino, in un bosco senza luci. Il suo passo scandisce il suono di esso, diventa regolare, dopo un insieme di nuovi suoni percepisco di dover percepire tutto col mio sesto senso. Destro, sinistro, noto un tatuaggio, un occhio realistico, impregnato quanto l’essenza del ciondolo con cui ipnotizza energia, da destra a sinistra. Una pietra incastonata nella mano d’opera, cambia colore, riflessi. Ora che il mio sesto senso ha colmato ogni mia lacuna, le stringo la mano, come risposta, le nostre dita si uniscono e accelera il passo, quanto il battito cardiaco. La radura si sta per liberare e dar spazio ai raggi del sole, echeggia il suono regolare dell’acqua, più forte del ruscello che stiamo passando, bagnandoci i piedi, sporchi di terra. I folletti devono essere orgogliosi dei nostri animi. Lei, emozionata, quasi corre e noto che mi stava parlando; la sua voce è soffice e dice cose a caso, trip mentali che la natura le consiglia. Prima ne coglievo soltanto il sorriso, perpetuo, invece forse le dovrei parlare, aprire la mia mente, e il cuore, canale tra essa e la bocca. Prima di parlare penso tra me “dovrei prenderla sul serio, sprizza mille pezzi della sua energia, da tutti i pori”. Mentre sto per formulare la mia domanda, avendone molte, finiamo fuori dalla radura di alberi, in uno spiazzo celestiale, la prima visione è la luce che si tagliuzza in migliaia di cristalli. Un effetto dettato dalla superficie azzurra che la riflette. La vegetazione è ovunque, le pietre sono bianche, grigie e ciottoli sparsi alla riva ne confondono le sfumature. Gli arbusti più imponenti provengono dall’alto, venti metri di cascata unisonante formano fattezze di luce. Ad esse dedico il mio pensiero, di sicuro questo è uno di quei sogni che vivo attorno al posto in cui dormo, so di non essere qui col corpo, ma in parte spero il contrario, cioè che tutto ciò sia parte di una nuova avventura del mio viaggio. Comunque sia, sento che sta per finire, allora la mia mano ferma la fanciulla. Ora è lei che mi provoca, un sogno intero mi provoca. Ne rispondo baciandola, esplorandone la carne, bellezza materializzata e invasa dai capelli ricci. Comprovo l’assenza del reggiseno, scovo un fiocco sulla schiena, lo sfilo, e con esso il corpetto, tolta un’altra pelle del lupo. Con tatto le accarezzo i tatuaggi, le spalle, i seni, i capezzoli, i fianchi. Il cordoncino della gonna svanisce ed ella rimane nuda. La guardo fissa negli occhi mentre abilmente mi levo i pantaloncini e la maglietta, bianca, pura, finita sula terra, non serve. La sollevo su di me e la racchiudo, in un eterno abbraccio. Incuriosito, finalmente, le chiedo: “Chi sei?” Lei ride. Una risata spontanea e accennata. Mentre serena sorride, penso al discorso di Bruce Lee – “ Sii acqua, mio amico!” -. Allora non attendo una risposta e lentamente cammino verso la riva. I ciottoli, calpestati, sono meno dolci, ma presto arrivo a inzuppare i piedi nell’acqua fresca, con un balzo ci immergo, lei non si stacca, le mancavo, forse so rispondere meglio io alla mia domanda. Rimaniamo così, nella celestialità, nell’infinito, al suo sorriso do un bacio, ora con più passione, con più energia, il sesto senso si va a fottere. È troppo bella, mi dico, in quell’acqua un’ancella. È una cella il sol pensiero, o la scrittura del vero incontro tra me e Pocahontas. Così la chiamo infine, visto che ci siamo fusi nell’infinità, il bacio ci portò nella cascata, col corpo e con la mente nel regolare flusso delle nostre coscienze, le ho dedicato il mio essere. Infine mentre stava venendo, aprendo gli occhi, chiusi per il viaggio interstellare, ancora mi guardava, e ancora sorrideva, lei che ora sta a godersi la cascata, in coesione coi suoi capelli, i tatuaggi e tutta se stessa. Seduto su una roccia, trovata carta e penna nelle tasche, scrivo di lei e del nostro primo infinito incontro, un lungo corridoio con il rosso passione come sfondo, in una fonte d’acqua e in una cascata di regolare novità. Fermo la penna e con essa si ferma il fiume, Pocahontas mi guarda, Pocahontas mi sorride … continuo a scrivere.

Masacarne