Uno strano isolotto

Il blu trasparente e gli scogli scolpiti da uno scultore impaziente erano  il palcoscenico delle  giornate di Ughetto, un bambino, che sembrava un merlo tanto le gambe lunghe e magre caratterizzavano il suo aspetto. Infatti Ugo, detto anche Ughetto, viveva in un villaggio di pescatori, era cagionevole di salute e, a differenza dei suoi amici, odiava nuotare, anche perché non aveva resistenza, dopo un po' di bracciate annaspava come i cagnolini, e quando il bagno si protraeva più a lungo, iniziava a starnutire, sembrava allergico all'acqua. Inoltre, perdeva tutte le gare che i suoi amici gli sottoponevano, non rinunciava mai perché era orgoglioso, ma perdeva sempre. Eppure, quella immensa distesa lo attirava e quando pensava a quanti pesci sconosciuti vi vivevano e che forse c'erano anche le famose sirene di Ulisse, il suo eroe, il suo sguardo si illuminava.
Il padre era il suo opposto, sia nell'aspetto che nel carattere: Ettore aveva un fisico prestante ed era abilissimo nelle attività motorie.  Quando era in compagnia del suo genitore, Ugo si sentiva come un sasso nella scarpa, questo senso di inadeguatezza lo faceva soffrire tantissimo.
Un giorno, mentre giocava con i suoi amici, in lontananza, vide uno strano isolotto che si avvicinava sempre di più alla riva. Scapparono tutti, ci fu un fuggi fuggi generale, ma Ugo, affascinato da quella immensa creatura che fino a quel momento era stata un sogno, non riusciva a muoversi, era stregato, incantato.
La grossa balena si era fermata in un tratto di mare dove l'acqua era alta e fredda. Il bambino, immobile, aveva voglia di fuggire, quando alle sue spalle sentì un fruscio e vide il ramo di un albero guidato da un piccolo gabbiano.
Ughetto si girò verso di lui, s'aggrappo al ramo e insieme cercarono di avvicinarsi al cetaceo. Era difficile perché le onde erano diventate montagne d'acqua e diventavano sempre più grandi e arrabbiate. 
Intanto, dalla spiaggia venivano le urla degli abitanti del villaggio: era  arrivato anche suo padre, arrabbiatissimo perché tutti chiamavano il figlio che sembrava essere diventato sordo.
Il gabbiano muoveva le ali con tutta la sua forza per arrivare veloce e Ughetto si dovette buttare in acqua e nuotare mentre spingeva il ramo. Quando raggiunsero il grosso mammifero, videro due gorghi infernali che li guardavano furiosi. Le urla del gabbiano sembrava dicessero "andiamocene, andiamocene, ci ucciderà". Ughetto gli fece segno di tacere, vedeva che l'animale era impigliato in una rete e che questo lo faceva imbestialire.
- Tu aspettami qui - impose al gabbiano.
Raccolse tutto il fiato, scacciò la paura, si sentiva Ulisse e si tuffò. Non fu facile sott'acqua sciogliere i nodi delle reti e la stanchezza si faceva sentire. Vide, però, che anche la balena lo stava aiutando e il gabbiano ci metteva il becco e allora si fece forza.
A un certo punto, la rete si staccò, andò in fondo al mare e la balena, con una grazia sconosciuta, iniziò a ringraziarlo. Ughetto percepì la sua riconoscenza e si sentì parte di quell'universo che l'aveva sempre respinto. Tutta la stanchezza passò.
Purtroppo, i pescatori che erano arrivati in suo soccorso, pensando che fosse in pericolo, scagliarono un arpione, ma il bimbo, con uno scatto, prese il ramo e deviò l'arpione. Tutti rimasero ammutoliti, anche il gabbiano che, colto alla sprovvista, per non finire in acqua, fece un volo a dire il vero per niente elegante. Passato il pericolo la balena fece scivolare il bambino, che per salvarla gli era salito sopra la sua schiena, nella barca del padre e s'allontanò, danzando alla libertà.
Nessuno parlò, Ettore abbracciò il figlio e insieme tornarono a riva con il gabbiano che volava al loro fianco. Il pennuto divenne il primo gabbiano domestico del paese.
Da quel giorno Ugo non s'ammalò più, trovò nel mare un compagno di giochi sempre disponibile e, qualche volta, in lontananza, gli sembrava di vedere la balena che l'aveva aiutato a crescere.
Avere fiducia in se stessi, sfidando le paure, aiuta a migliorare anche la salute fisica.
Stefania Bicci