Accadde un giorno d'estate

Sono Giulia, ho circa vent’anni e ho subito una grave perdita: sono rimasta orfana, la mia famiglia non esiste più, cancellata da un terribile incidente stradale. Stavamo andando in vacanza quando sull’autostrada una macchina ha tagliato la strada a mio padre che guidava e per deviarla è andato a sbattere contro un tir.

Sono l’unica sopravvissuta e testimone di quel maledetto incidente.

Sono stata portata immediatamente nel più vicino ospedale, dove mi hanno soccorsa e curata. Ho passato ore e giorni, lottando per sopravvivere, finché all’improvviso ho riaperto gli occhi.

Dopo quella tragedia, il buio aveva preso il sopravvento ed io non ricordavo chi fossi e cosa era successo.

Gli stessi sanitari che mi seguivano non potevano far altro che registrare la mia capacità di reagire alle fratture e alle escoriazioni, ma non alle ferite interne.

Trauma cranico post traumatico era il bollettino medico ed ero chiusa in me stessa: non avevo voglia di reagire, non provavo emozioni, non mi sapevo spiegare perché ero lì e perché dovevo sforzarmi di ricordare.

Lo psichiatra mi ha detto che rifiutavo di collaborare perché qualcosa di estremamente doloroso per me mi frenava a livello inconscio.

- Perché nessuno mi viene a trovare? – mi chiedevo spesso.

Ma non riuscivo a darmi una risposta.

I giorni passavano con lo stesso ritmo del tempo che non riusciva a restituirmi ricordi, suoni, sensazioni, i progressi tardavano ad arrivare.

Ho fatto amicizia con altri pazienti nelle mie condizioni, ma la sostanziale differenza tra me e loro era che non erano soli ad affrontare la degenza, perché avevano qualche familiare a sostenerli.

Oh come li invidiavo, la loro terapia scorreva di certo più serenamente.

Mi sentivo davvero sola e avevo paura di non ricordare più.

Oddio, al solo pensiero trasalivo e ho iniziato ad avere attacchi di panico che, grazie al mio psichiatra, ho cercato di contrastare con le medicine e la psicoterapia.

Un pomeriggio mentre finivo di vestirmi dopo aver fatto una doccia, l’infermiera che mi assisteva mi ha portato dei libri e delle riviste.

Mi sono messa a leggere per distrarmi, finché la mia attenzione è caduta su un articolo che riportava la foto di un volto di una persona che mi ha provocato uno svenimento. Sono stata incosciente per più di mezz’ora e ho avuto una visione: ero su una strada e a fianco a me c’era una persona. Stavamo parlando, ma non riuscivo a vedere il suo volto perché il sole mi accecava la vista. Poi, sforzandomi, mi sono accorta che era la donna della foto dell’articolo.

- Anna – ho urlato riprendendo i sensi tutta sudata.

Ma non sapevo chi fosse quella donna.

Lo psichiatra mi ha chiesto cosa aveva provocato il mancamento e gli ho raccontato tutto.

Mi ha incoraggiato a mantenere la calma, se la persona era legata in qualche modo ai miei ricordi, mi avrebbe aiutato a ricordare senza troppi traumi.

Avevo un nodo alla gola, ero molto spaventata, ma allo stesso tempo avevo voglia di conoscere la verità.

Sono passate due settimane dal mio svenimento ed ero in attesa di sapere cosa mi avrebbe detto il mio psichiatra, il dottor Priscoli. Ero molto in ansia e agitata, nell’attesa snervante ho provato a leggere un libro, ma non ci sono riuscita.

Hanno bussato alla porta, il cuore ha iniziato a battere più forte perché credevo che fosse il dottore, ma con mia amara sorpresa non era lui, era solo l’infermiera che mi portava la solita pasticca. Le ho chiesto quando sarebbe arrivato il medico, ma lei non sapeva rispondermi lasciandomi con l’amaro in bocca della pasticca che avevo assunto.

Purtroppo l’attesa di quella giornata è stata vana, Angela, l’infermiera che mi ha portato la pasticca, mi ha avvisato che il dottor Priscoli quel giorno non sarebbe venuto.

La mia delusione era palese.

- Non demoralizzarti – mi ha sussurrato Angela all’orecchio – avrà sicuramente avuto un contrattempo. Mi raccomando, non agitarti, così comprometti i tuoi ricordi.

Se ne è andata, lasciandomi sola nella mia stanza. Piangevo, ero delusa, arrabbiata, sconvolta, il dottore mi aveva promesso che sarebbe passato e forse mi avrebbe comunicato qualcosa.

I giorni sono passati e finalmente il dottor Priscoli è entrato in camera mia sorridendo.

- Come sei stata in questi giorni? – mi ha chiesto – Scusa se non sono venuto venerdì, ma ho avuto un’emergenza da risolvere. Vedo che sei tesa o sbaglio?

Gli ho risposto con un mezzo ghigno che non avevo avuto pace fino al suo arrivo ed ero in attesa di sapere se aveva scoperto qualcosa.

- Vedo che non hai seguito i miei consigli – mi ha risposto – con l’agitazione e il nervosismo non recuperi di certo i tuoi ricordi. Sono qui per una seduta, ma se non manterrai un certo controllo dovremo sedarti e non potrò rivelarti ciò che ho scoperto.

- No, dottore – gli ho risposto disperata – non mi faccia questo, per favore, la prego cercherò di controllarmi.

E ho fatto un lungo respiro.

Il dottore non mi ha risposto subito, ha esitato un bel po’, ma poi mi ha assicurato che se avessi mantenuto la calma, dopo la seduta mi avrebbe detto ciò che sapeva.

Abbiamo iniziato e concluso con grande sforzo la seduta, durante la quale ho scoperto che Anna era molto legata a me, perché era mia madre.

A tale rivelazione sono rimasta senza fiato, ho sentito un enorme vuoto nella testa ed ho iniziato a piangere disperata.

- Perché non è qui con me? – ripetevo tra le lacrime.

- Calmati – mi ha esortato il dottore – se tua madre non è qui c’è un valido motivo.

- Ma come si può abbandonare una figlia in questo modo?

L’ho implorato di dirmi tutta la verità e alla fine ho scoperto che i miei genitori avevano perso la vita in un tragico incidente stradale. Io ero l’unica sopravvissuta, perché era morto anche mio fratello, più piccolo di me di qualche anno.

- Nooo! – ho urlato crollando tra le braccia del mio psichiatra – Sono rimasta sola, come farò adesso?

- Cara Giulia – ha detto il dottore cercando di calmarmi – ho fatto delle ricerche sulla tua famiglia e ho trovato dei tuoi parenti che non abitano in Italia. Una sorella di tuo padre vive in Francia, mentre tua madre, che era figlia unica, non aveva nessuno. Hai solo bisogno di tempo per rifletterci su e recuperare te stessa, non sarà facile per te ricominciare, ma sei giovane e credo che quando avrai recuperato le forze e i ricordi saprai cosa fare. Passa un po’ di tempo con tua zia e dopo potrai decidere se rimanere in Italia dove comunque potrai contare su di me e mia moglie. Noi saremo felici di sostenerti nelle tue scelte, di aiutarti a superare le difficoltà e a trovare un lavoro che ti permetta di vivere dignitosamente.

L’ho ringraziato e ho cercato di sorridere, promettendo a me stessa di combattere e prendere la giusta decisione sul mio futuro.

È trascorso un anno e mezzo e ho recuperato la memoria. La mia meravigliosa famiglia mi manca tantissimo e il dolore è vivo, ma combatto per andare avanti nonostante tutto.

Sono stata in Francia a trovare zia Eugenia e ho trascorso le vacanze estive con la sua famiglia e insieme siamo stati bene, ma non sono rimasta lì anche se me lo hanno chiesto, sapevo che il mio posto era in Italia per finire i miei studi. Il dottore Priscoli mi ha assunta come sua segretaria e mi ha aiutato a trovare un piccolo appartamento non lontano dal suo studio.

Mi sono laureata e dopo sei mesi ho vinto una borsa di studio, ora sto preparando le valigie per gli Stati Uniti. Mia madre avrebbe voluto che seguissi la carriera accademica come lei, ma so che non sarebbe delusa dalla mia scelta. Il master che sto per frequentare mi permetterà di specializzarmi in psicologia del trauma psicologico, perché ho il desiderio di aiutare chi ha vissuto il mio stesso problema.

Paola Dasco