Ai tempi della bonifica

Si voltò a guardarsi indietro cautamente, ancora affannato per la corsa fatta. Gli toccava spesso scappare dalle canzonature e dagli scherzi a volte feroci degli altri ragazzini che lo chiamavano con disprezzo campagnolo e lo prendevano in giro per il suo accento dove ancora si sentiva un po’ del veneto dei suoi nonni.

- Si credono chissà chi quegli stupidi ragazzini - pensava Nico - solo perché vengono da Roma e sono qui in vacanza. Si sentono superiori a noi che siamo del posto.

- Possono anche andarsene al diavolo, a me non importa - concluse a voce alta, cercando disperatamente di crederci.

Si guardò intorno ancora una volta, nessuno in giro, solo la maga Circe pareva sorridere placida, sdraiata sul suo promontorio. Nico afferrò la tavolozza, il tanto sospirato regalo per il suo compleanno, tirò fuori colori e pennelli e si sistemò comodamente al riparo di una duna.

- Ce l’ho fatta a seminarli - pensò - È arrivato il momento di provare a dipingere e so bene io cosa, quel casale di bonifica abbandonato, sulla strada di scuola.

Nico si mise al lavoro di buona lena ma ad ogni pennellata si sentiva più insoddisfatto. Non riusciva a dare vita a quel casale che vedeva così bene nella sua mente. Per quanto si sforzasse, veniva fuori solo una qualunque casa di campagna, mancava l’alone di decadenza e quasi di mistero che lo rendeva così interessante. Il tempo passava e si sentiva sempre più stanco dei suoi tentativi. I raggi del sole al tramonto gli accarezzavano dolcemente il viso e, quasi senza avvedersene, Nico scivolò nel sonno.

Quando si svegliò stringeva ancora in mano la sua tavolozza, ma il paesaggio era cambiato. Sembrava tutto più primitivo: case non finite, mucchi di terra battuta, strade bianche. Faceva caldo e l’aria asciutta sapeva di estate. Davanti a lui c’era una bella bambina bionda che gli sembrava quasi di conoscere. Lei giocava seria con le sue bambole, stava preparando il tè in minuscole tazzine e cercava sassetti per fare i biscottini. Un po’ di terra colorava l’acqua per dare l’idea del tè e l’insieme era molto invitante.

Nico si avvicinò cautamente, stringendo bene in mano la sua tavolozza.

- Ciao, posso venire anch’io a prendere il tè con voi?

La bambina, spaventata, fece un salto all’indietro, poi però sorrise.

- Ma certo, principe delle terre lontane. Io e le mie bambole saremo felici di prendere il tè in tua compagnia! Ma cos’è quella strana cosa che tieni in mano?

- È una tavolozza, cioè una cosa che serve a dipingere. Posso fare un ritratto a qualcuna delle tue bambole?

Lei lo guardò dubbiosa.

- Un ritratto? Ma come? Le dipingerai come sono o come vuoi tu?

Nico fece il suo più bel sorriso.

- No, come vuoi tu che sei la padrona delle bambole. Ma se non vuoi non le dipingo per niente. Basta che mi lasci prendere il tè con voi.

La bambina sorrise ancora e gli indicò dove accomodarsi.

Presero il tè, ovvero l’acqua colorata con la terra, con grande serietà. Alla fine Nico tirò fuori con molta cautela la sua tavolozza con i pennelli e cominciò a ritrarre le bambole. La prima era una brunetta, con un grembiulino bianco e blu e la faccia rotonda. Man mano che Nico dipingeva, la bambola si animava, cominciava a muoversi, il viso si ammorbidiva.

Quando il ritratto fu pronto la bambola si alzò in piedi.

- C’è tantissimo da fare qui – disse in tono deciso – non posso più perdere tempo a prendere il tè. Ci sono le mucche da mungere, bisogna dar da mangiare ai polli, pulire gli argini dei canali, preparare la cena per gli uomini che tornano dai campi…

Mentre parlava si stava già allontanando e, con grande stupore, Nico si accorse che si dirigeva proprio verso il suo casale, quello che aveva tentato inutilmente di dipingere prima di addormentarsi. Adesso però non sembrava affatto abbandonato, anzi, era pieno di vita e di attività. C’era chi mungeva le mucche nella stalla, chi lavava e rimetteva a posto gli attrezzi, chi ammucchiava la legna in pile ordinate. Sembrava che ognuno sapesse esattamente cosa doveva fare e Nico, senza capirne il motivo, si sentiva contento di guardarli.

Dopo un po’ si riscosse e si volse verso la bambina. Lei era rimasta tranquilla ad osservare la bambola che diventava una donna e si allontanava. Sembrava che la cosa non la riguardasse affatto e stava cominciando a mettere via le cose del tè. 

- È proprio una bella bambina - pensò Nico.

Avrebbe voluto parlarle, ma sentì che qualcosa lo stava portando via. Strinse forte tra le mani la sua tavolozza e si ritrovò sulla duna, proprio sotto il promontorio della Maga Circe, che sembrava adesso avere un’aria un po’ misteriosa. Era tardi, doveva correre a casa per la cena, ma non riusciva a togliersi dalla mente la bambina e lo strano pomeriggio appena trascorso.

Dopo cena, Nico prese di nascosto la sua tavolozza e cercò un pretesto per uscire nell’orto. C’era un’aria pulita e fresca di inizio estate e nell’erba si nascondevano delle minuscole ranocchiette. Nico strinse la tavolozza, chiuse gli occhi, pensò con intensità al casale che aveva visto così trasformato nella sua avventura pomeridiana ed ecco che si ritrovò di nuovo lì.

Era sera, la gente si era radunata nella piazza, ancora in terra battuta, all’incrocio delle due strade principali, le uniche del borgo. C’era una fontana e una chiesa in costruzione. L’atmosfera era rilassata e allegra, i bambini si rincorrevano sul piazzale davanti alla chiesa e gli adulti stavano seduti sul muretto basso di recinzione. La bambina bionda era sdraiata sul muretto, con la testa appoggiata sulle ginocchia della madre. Nico le si avvicinò.

- Che cosa fanno tutti qui?

- Fanno filò, cioè raccontano delle storie di queste terre, della bonifica, del paese del Veneto da cui veniamo tutti. Io non mi ricordo niente, ero molto piccola quando siamo arrivati. La mia sorellina è stata la prima bambina a nascere nel borgo. C’è stata una gran festa e i fattori, giunti a cavallo, le hanno portato il corredino in regalo.

Nico spalancò gli occhi e fece un passo indietro.

- Ma questa è la storia che si racconta sempre nella mia famiglia! La nascita della sorellina di nonna Giulia!

- Anch’io mi chiamo Giulia - disse la bimba, alzando su Nico dei grandi occhi azzurri, identici a quelli della nonna.

Nico sentì che tutto gli girava intorno, anzi in realtà era lui che girava, stringendo forte la sua tavolozza. Avrebbe voluto restare lì e fare mille domande ma ancora una volta si ritrovò sulla duna, di pomeriggio, con i raggi del sole che gli battevano sul viso.

Guardò, nel suo quadro appena abbozzato, il casale che stava cercando di dipingere e provò un forte desiderio di trovarsi di nuovo lì, nel fervore delle attività e poi nel riposo e nell’allegria della sera.

- Nonna Giulia – pensò.

Ma davanti ai suoi occhi non si presentò il volto grinzoso della nonna, ma il visino liscio di una bambina bionda. Non riusciva a capire se era stato solo un sogno, tutto intorno a lui sembrava identico a quando si era messo a dipingere.

- Ma non è affatto importante - pensò - per me è vero. Questa è la mia terra, la terra costruita con il duro lavoro dei nonni e di tutti quelli che sono venuti qui ai tempi della bonifica.

Raccolse tutto e si avviò verso casa. Non si preoccupava più tanto degli scherzi dei ragazzini, camminava con il passo elastico e sicuro di chi si sente l’erede di una grande avventura.

Eliana Tribalto