Albergo ristorante L'Olmo

C’era quell’albergo, di una eleganza un po’ appannata. Probabilmente era stato in grado, in passato, di mantenere certe promesse di lusso e garbo. Aveva ad esempio una bella porta girevole in legno, un particolare che sempre inclina alle fantasticherie. Gli intarsi delle ante descrivevano rassicuranti scene silvestri, che lei incantata si era fermata a guardare ogni sera, prima di iniziare il suo lavoro al ristorante e, in quell'attimo di smarrimento, nella sua mente le figure prendevano vita.

Dopo tanti anni, quell’atmosfera le dava una piacevole sensazione di euforia. I ricordi sgomitavano nella sua testa per poter riprendere vita ed insieme affioravano emozioni, sogni e speranze della giovinezza. Si rivedeva ventenne con una camicetta bianca, un paio di jeans attillati ed i lunghi capelli biondi raccolti a coda di cavallo. La sua famiglia non aveva problemi economici, ma Gioia voleva avere la soddisfazione di spendere dei soldi suoi per una vacanza con le amiche del cuore. Al pensiero di quei giorni, l’anima di Gioia sembrò alleggerirsi di tutto il peso dell’ultimo periodo della sua esistenza. Rivide il volto di Enzo, un amico di suo padre.

- Vicino alla Piazza c’è l'albergo ristorante “L'Olmo” – le aveva detto una sera – i proprietari sono brave persone, le conosco benissimo: prova a sentire se hanno bisogno di aiuto per il prossimo mese. A maggio arriva la bella stagione e dovrebbe portare anche un po’ di turisti.

Gioia non aveva perso tempo e il giorno dopo aveva parlato con i proprietari del ristorante, moglie e marito, che si erano consultati un attimo e poi l’avevano invitata a presentarsi il sabato sera alle sette: avevano bisogno di una cameriera.

Un po’ stordita dal passato, Gioia varcò la porta girevole ed entrò nel ristorante. I nuovi proprietari avevano cambiato completamente l'arredamento del locale, i vecchi tavoli in legno erano stati sostituiti con altri più moderni, verniciati di bianco. La vetrina antica che le piaceva tanto, dove venivano riposti bicchieri e stoviglie, era stata sostituita da un grande acquario, con tante varietà di pesci, che catturava l'attenzione di chi entrava. L'atmosfera che regnava era sicuramente più leggera rispetto al passato, ma in cuor suo non aveva ancora deciso cosa preferiva.

- Deve essere sempre un buon ristorante – pensò – è ancora presto e ci sono già tanti clienti.

Una voce gentile l’allontanò dal turbinio di pensieri che le affollavano la mente.

- Buonasera signora, come posso aiutarla? – le disse venendole incontro, sorridendo, un bel giovane alto, moro con dei bellissimi occhi neri.  

- Sono appena arrivata in città – rispose Gioia – e mi chiedevo se fosse possibile mangiare da voi. Purtroppo però non ho prenotato.

- Non si preoccupi – rispose il giovane – per una persona sola non ci sono problemi

E l'accompagnò ad un tavolo libero. Gioia, dopo aver letto il menù, che riportava soprattutto specialità di pesce, iniziò a guardarsi intorno. Ad un certo punto un particolare catturò la sua attenzione: s'accorse con stupore che su un mobile bianco laccato, che serviva da credenza, c'era un piccolo carillon. Ricordava benissimo quel soprammobile: due orsetti abbracciati ballavano sulle note di “Love Story”.

La sorpresa la fece arrossire.

- Cosa ci fa qui quell'oggetto, dopo così tanto tempo? – si chiese incuriosita.

Si rammentò che era un venerdì quando Marco, il cuoco, era arrivato con un piccola borsa di stoffa.

Aldo, il proprietario, con un pizzico di ironia, gli si era avvicinato.

- Stasera ti sei portato la cena da casa? – gli aveva chiesto - Non ti fidi di te stesso?

- No, no, non si preoccupi, ho piena fiducia nelle mie capacità culinarie. È solo un piccolo portafortuna per il ristorante – aveva detto il cuoco, mostrando il contenuto della borsa.

- E in quale modo – aveva domandato Aldo sorridendo – quest’oggetto dovrebbe portare fortuna al locale?

- E' un regalo di uno spasimante di mia zia. – aveva spiegato Marco – Lei ne era follemente innamorata, ma oggi ha saputo che si è sposato e si è talmente arrabbiata, che mi ha dato il carillon.

- Fanne ciò che vuoi – mi ha urlato – non lo voglio più vedere.

- Ed io ho pensato di metterlo qui: un regalo d’amore non può che portare fortuna!

Erano scoppiati entrambi in una risata e il carillon era finito nella vetrina insieme alle stoviglie.

Il ricordo di Marco stava riaffiorando dolcemente, insieme alla sensazione di imbarazzo che Gioia aveva provato quando i loro sguardi si incontravano. Erano state le vacanze con le amiche che le avevano fatto dimenticare lo smarrimento provato, quando, alla fine del periodo di lavoro al ristorante,  non aveva più avuto la possibilità di vedere Marco. Poi, al ritorno dalle ferie, la vita aveva preso a correre talmente veloce, che starle dietro era stata una fatica tremenda ed aveva rilegato i ricordi in un cassetto, affinché non  facessero rumore.

- Chissà che fine avrà fatto Marco? – pensò Gioia

Nel frattempo il cameriere s’avvicinò per prendere l’ordinazione.     

- Vedo che è interessata alla mascotte del nostro ristorante! – disse il giovane, scuotendo Gioia dai suoi ricordi.

Certamente non pensava che la sua curiosità potesse essere soddisfatta tanto velocemente e prese l’occasione al volo.

- È un oggetto originale – rispose – e se mi posso permettere non molto in sintonia con il resto dell’ambiente. Ha forse un significato speciale?

- Il proprietario non ne vuol sapere di toglierlo. – spiegò il giovane – Anche l’arredatore che ha ristrutturato il locale la pensa come lei: quando è venuto a mangiare da noi si è infuriato e voleva farlo sparire. Secondo lui era l’unica nota stonata, ma il signor Marco non ha sentito ragioni: il carillon deve stare nel ristorante ben visibile.

Nel sentire il nome di Marco, Gioia arrossì, ma fortunatamente, il ragazzo non se ne accorse e continuò il suo racconto.

- Il proprietario dice che quell’oggetto gli rammenta un periodo della sua vita molto felice e soprattutto una ragazza bionda che faceva la cameriera e di cui si era innamorato.

- E che fine ha fatto la ragazza? – chiese Gioia sempre più interessata.

- Dopo quel periodo penso che non si siano più rivisti: so che lavorava per pagarsi le ferie e che Marco non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. Scusi se l’ho annoiata con i miei discorsi, ma per un motivo o per un altro quell’oggetto attira l’attenzione di tanti clienti e sono abituato a giustificarne la presenza. Mi sarei meravigliato se non avesse incuriosito anche lei! Che cosa le posso portare?

Gioia aprì il menù e scelse un piatto a caso. Voleva starsene da sola per riordinare le idee e cercare di capire perché il destino si diverte a giocare con la vita delle persone: con lei non si era sicuramente annoiato. 

Il cameriere si era appena allontanato, quando Gioia sentì un vociare allegro provenire dall’ingresso e, incuriosita, si sporse per scoprirne la fonte. Era appena entrato un uomo sulla cinquantina, vestito con un abito sportivo, alto e con un sorriso simpatico. Lo riconobbe subito: era Marco! Notò con piacere che nonostante fossero passati un po’ di anni, non era cambiato: snello, con i capelli neri e folti che gli incorniciavano il viso, aveva forse solamente lo sguardo un po’ più duro di un tempo. 

Dall’apatia dei ricordi, passò ad un senso di inquietudine: provava sensazioni contrastanti.

- Ora cosa faccio? – pensò – La vita mi ha insegnato che non esiste una seconda occasione e quindi, se lo voglio salutare, devo farlo ora!

Così come era venuta, l’euforia svanì: si sentì vecchia e insicura, pensò che era meglio lasciar perdere, tanto sicuramente Marco non l’avrebbe riconosciuta e sarebbe rimasta delusa.

Gioia cenò, poi, visto che c’erano tanti clienti, s’avvicinò alla cassa, pagò il conto, ma proprio mentre stava per uscire, si sentì chiamare.

Si voltò e Marco le stava di fronte.

- Ciao Gioia, come stai? – le disse prendendole le mani tra le sue – Quando ti ho visto ti ho riconosciuta subito, sei sempre la stessa, non sei cambiata per niente. Vederti è davvero una bellissima sorpresa!

- Sto bene, grazie – rispose Gioia un po’ imbarazzata  – e tu come te la passi?

- Sono il proprietario del ristorante – disse Marco con orgoglio – e sinceramente il lavoro non manca. Ma non te ne vorrai mica andare subito? Ci siamo appena ritrovati.

- Mi dispiace doverti salutare così presto – rispose Gioia – ma sono in città per la vendita della casa dei miei genitori e sono molto stanca.

- Va bene, se proprio vuoi scappare, ti accompagno – le disse prendendola sotto braccio – così mi racconti un po’ di te.

E s’avviarono verso la porta girevole di legno come molto tempo addietro.

- Come sono andate le ferie in Grecia? – esordì Marco dopo aver percorso un breve tratto di strada in silenzio – Se non ricordo male eri venuta a lavorare per pagarti la vacanza, poi, sei scomparsa e non ti abbiamo più vista.

Gioia sorrise, sia per la domanda, che per la parlantina di Marco: non stava mai zitto, con lui era difficile annoiarsi, proprio come ai vecchi tempi.

- Benissimo! – rispose – La Grecia è bellissima, il mare e il cielo hanno dei colori inverosimili e non ho mai fatto tanti bagni e tante risate come in quei giorni.

- Suppongo che con le tue amiche abbiate fatto anche tante amicizie – disse Marco con un pizzico di ironia.

Gioia si sentì un po’ in difficoltà.

- Durante la vacanza ho conosciuto mio marito. Anche lui era in ferie con un gruppo di amici e al rientro abbiamo continuato a frequentarci. Era un giovane avvocato, agli inizi della carriera. Di lui mi ha affascinato la sicurezza. Aveva pianificato la sua vita secondo un disegno preciso: la carriera presso lo studio legale di suo padre e una famiglia tranquilla. Io per carattere sono stata sempre molto precaria e fino a quel momento avevo improvvisato la mia esistenza. Dopo averlo conosciuto mi sono appoggiata alle sue certezze, che mi hanno dato quella sicurezza che non avevo mai avuto. Purtroppo, per lui rappresentavo la moglie ideale: poco esigente, sempre disponibile, che si accontentava delle briciole del suo affetto e del suo tempo.

Per un attimo Gioia non riuscì a parlare.

- Quando i miei figli sono cresciuti e ho avuto più tempo per pensare, mi sono accorta che quella parte mi andava stretta, mi soffocava, avevo bisogno di cambiare per sentirmi viva. Ho iniziato a coltivare degli interessi, la mia disponibilità è diminuita e in poco tempo ci siamo lasciati. Questo è il riassunto della mia vita: un po' scialbo e scontato, vero?

- Nella vita non c'è niente di scontato – disse Marco – l'importante è capire cosa ci fa essere felici o perlomeno sereni. Io non mi sono mai sposato, perché non sono mai riuscito a sentirmi a mio agio con le persone che frequentavo. Devo ammettere che a volte mi sono impegnato seriamente, perché la solitudine mi fa paura, ma c'era sempre qualche particolare stonato che mi faceva interrompere la storia. Ti confesso che nei momenti neri, pensavo a te. Sono molto felice di averti ritrovata e ti assicuro che questa volta non ti farò scappare.

E l’abbracciò come se non si fossero mai lasciati.

 

Stefania Bicci