Camilla e il fiore della vita

Quell’anno il grano era alto. A fine primavera aveva piovuto tanto ed a metà giugno le piante erano più rigogliose che mai. Crescevano fitte, cariche di spighe, pronte per essere raccolte.

Come solitamente accadeva in questo periodo dell’anno, nei nidi, le uova delle cinciallegre iniziavano a schiudersi. I piccoli pennuti, intimoriti, aprivano i loro occhi incuriositi su di un paesaggio dai mille colori e profumi. Ancora qualche settimana ed il loro piumaggio coloratissimo e non ancora completo, li avrebbe aiutati ad affrontare il primo, incerto volo fuori dal nido, alla scoperta del mondo.

Camilla, appassionata di animali e di natura, come sempre, si alzava di buon mattino per andare a cogliere la prima rugiada che stillava dalle foglie e dai fiori che crescevano nel bosco. Ne raccoglieva più che poteva per poi utilizzarla nella preparazione di unguenti e pozioni miracolose e magiche. Lei era sempre molto attenta, lungo il suo percorso quotidiano, ad osservare che ci fossero piante ed animali feriti, bisognosi delle sue cure.

Viveva da lungo tempo in una piccola casa ai limiti del bosco, insieme a Fragolino, un agile e lesto gatto dal pelo rosso e con una macchia bianca sulla testa. Da quando erano morti i suoi nonni, ai quali era stata affidata dopo la scomparsa dei genitori durante un viaggio ai Caraibi, lei era rimasta sola in quella casetta. Non passava giorno che non pregasse il cielo di farle trovare una compagnia con la quale condividere le fredde serate invernali e prima che le abbondanti nevicate isolassero la sua abitazione. Così una mattina, aprendo la porta di casa, trovò sui gradini, un piccolo micino, un batuffolo di pelo, tremolante ed affamato che doveva essere nato da alcuni giorni ma che aveva ancora gli occhi chiusi e miagolava in modo straziante. Camilla lo prese immediatamente con sé, non le sembrava vero: la sua preghiera era stata esaudita. E così Fragolino ebbe salva la vita e divenne il suo confidente e compagno di vita.

Dividevano tutti i momenti di vita quotidiana casalinga ed in particolare la sera, davanti alla televisione, cercavano di consolarsi a vicenda davanti alle terribili immagini dei disastri naturali ma, sempre più spesso, provocati dall’uomo, che lentamente stava distruggendo il pianeta ed i suoi abitanti. Camilla non smetteva mai di lodare il Creatore per la bellezza e la perfezione della Natura e restava spesso senza fiato, quando si soffermava ad osservare le mille sfumature di colore delle nubi quando, durante il giorno, giocavano a nascondino con il sole.

Era triste per quello che presagiva come un terribile destino per il pianeta e proprio non sapeva come intervenire per interrompere il processo di cambiamento, lento ma inesorabile iniziato ormai da alcune decine di anni sulla Terra. Tutte le sue creature soffrivano per i cambiamenti provocati dall’uomo. Negli oceani, molte tipologie di vita, si erano estinte ed a fatica le altre cercavano dei luoghi dove l’acqua non fosse inquinata o contaminata da materiali radioattivi. Gigantesche isole di rottami, rifiuti, buste e bottiglie di plastica si muovevano portate dalla corrente ed alcune famiglie di gabbiani avevano deciso di colonizzarle, trovando utile lo spostamento notturno a ridotto consumo di energia. Ogni mattina si trovavano in un posto nuovo ed erano riposati e pieni di forze per affrontare la pesca. Sulla terra le cose non andavano meglio. L’aria inquinata ed i continui disboscamenti delle foreste per utilizzi industriali cambiavano il paesaggio e lasciavano tutti gli abitanti del bosco senza casa, per non parlare poi del delicato equilibrio del ricambio dell’ossigeno e dell’anidride  carbonica che veniva a mancare alla terra, della temperatura del pianeta che si alzava anche, tra i tanti altri, per questo motivo, dello scioglimento dei ghiacci, del livello degli oceani che si alzava e delle tragiche conseguenze di tutto questo. Molto spesso, spegnendo la luce, prima di addormentarsi, Camilla pregava con tutto il suo cuore il Cielo perché risvegliasse negli uomini un sentimento di protezione e di amore verso il Pianeta.

Quella mattina però, mettendo il naso fuori dall’uscio per le sue solite ispezioni per la raccolta di erbe, non immaginava certo che avrebbe avuto un incontro così magico da stravolgere la sua vita tranquilla.

Camminava sul sentiero abituale con molta attenzione, alzava il naso verso il cielo per percepire gli odori umidi delle piante e degli alberi, guardandosi bene attorno e cercando con lo sguardo tutte le novità che ogni nuovo giorno portava con sé: ecco, su quel ramo erano spuntati due nuovi frutti selvatici, quel ciclamino rosso aveva allungato ancora di più il suo stelo e tante nuove piantine si erano affacciate alla luce del mattino e lei, con il suo zainetto pieno di piccoli arnesi e contenitori, mentre si chinava per estrarre dalla terra una radice, fu attratta da un forte bagliore proveniente dal profondo del bosco. Si addentrò allora con molta sicurezza nella fitta vegetazione fermandosi poi nel punto da dove originava la luce. Vicino ad un antico albero di tiglio proprio alla base del tronco, vicino ad una sua grossa radice, c’era una piccola pianta, mai vista prima di allora (a Camilla non sfuggiva proprio nulla!) con tanti rami coperti di fitte foglie tondeggianti, una sopra l’altra, come perle sul filo di una collana e che emanava un profumo inebriante.

Camilla allungò il braccio per scostare le fitte foglie e si accorse che, al centro della pianta, si schiudeva uno splendido fiore con tanti petali, ognuno di un colore diverso, luminoso e scintillante come quei bastoncini che si bruciano nelle feste importanti e che spargono intorno mille stelline di fuoco. Toccandolo, si accorse che i petali non erano fatti di materia coerente, come negli altri fiori, ma erano senza consistenza, come fossero delle luci colorate che si generavano dalla corolla. Le sue dita afferravano il nulla, solo il colore si imprimeva sulla sua pelle e giocava a creare mille arcobaleni.

Improvvisamente un fascio d’argento, più intenso di un raggio di luna, la circondò e l’avvolse in un guscio trasparente ed in quell’attimo il cuore di Camilla si aprì e lei si trasformò nel fiore fatato, sentendo anche tutto quello che provava ed aveva provato nel profondo della sue essenza. Lo vide nel suo passato e si sentì piccolo e nero come il seme, magicamente piovuto dal cielo ed atterrato nella fredda terra. Condivise lo smarrimento e l’umile pazienza di attendere la sua trasformazione nel germoglio che avrebbe visto poi, la crescita dell’insolita pianta. I suoi sensi, improvvisamente, si erano acuiti: i suoi occhi vedevano una luce più brillante del solito, le sue orecchie afferravano bisbigli e suoni impercettibili ed il suo olfatto avvertiva profumi insoliti per il bosco, profumi di cibi speziati ed invitanti. Avvertiva come una corrente che le accarezzava la pelle ed era immersa in queste visioni interiori, quando si sentì toccare il piede. Chinò la testa verso il basso e sgranò gli occhi, quando si accorse che intorno a lei si stava agitando un mondo nuovo, pullulante di piccoli esseri buffi e colorati. Si affacciavano ridendo e nascondendosi dietro la pianta, dopo essere usciti dalla sua corolla, ammiccando verso di lei mentre creature alate e leggiadre volteggiavano sulla sua testa, tirandole le ciocche dei capelli. Non poteva essere vero ma quello, sembrava proprio il popolo del bosco, la sua parte vitale, invisibile e sconosciuta all’umanità comune, chiusa in se stessa e nei suoi tanti piaceri e problemi! Camilla non voleva credere a quello che vedeva.

- Ecco, ora mi sveglio – pensò pizzicandosi il braccio – sono sicuramente ancora nel mio letto, in questo buffo sogno e tra poco Fragolino mi salterà sulla pancia, svegliandomi e tutto procederà come ogni mattina.

Le sue abitudini le davano sicurezza ed il metodico procedere delle sue giornate, scandito da azioni ormai consolidate, non poteva essere interrotto in questo modo.

Di nuovo sentì un tocco sulla sua gamba. Abbassò lo sguardo e vide un piccolo esserino, vestito con un abito fatto di foglie e fiori. Sarà stato alto quanto una margherita ed aveva un buffo cappello verde, con un campanellino sulla punta e delle calze dello stesso colore. I suoi capelli erano ricci e biondi ed il suo viso, dai grandi occhi color castagna, era coperto di lentiggini. Camilla si accovacciò sulle gambe per guardarlo più da vicino e questo, in un attimo, saltò sulla sua mano, arrampicandosi poi lungo il braccio ed arrivando velocemente sulla sua spalla. Si alzò in punta di piedi.

- Finalmente Camilla! Non arrivavi più! – sussurrò nel suo orecchio.

- Ma tu chi sei? – disse Camilla alla piccola peste che intanto era saltata sopra la sua testa.

- Io sono Pixi, il folletto della guarigione – rispose spostandosi sull’altra spalla della malcapitata.

- Ma io non capisco – disse Camilla mentre cercava di seguire le sue mosse – Perché dici che stavi aspettando proprio me e da tanto tempo? Come potevi conoscermi?

- Vedi Camilla, ora ti spiego – rispose il folletto – Io ti conosco molto bene, perché sono tanti anni che tu vieni a cogliere le erbe nel bosco. Tu sei una maestra nel capire istintivamente, quali sono le piante, le bacche, i fiori, le radici e quanto di meglio offre la Natura per guarire chi è colpito da una malattia o semplicemente ha urtato contro uno spigolo. Riesci anche ad accorgerti se una foglia sta per cadere dall’albero perché affetta da qualche morbo misterioso o se una farfalla non vola più via da un fiore, perché colta da una improvvisa malinconia. Non c’è un altro essere al mondo uguale a te, ed io questo lo so bene!

- Sì, ma dopo tutto quello che mi stai dicendo, dove vuoi arrivare? Cosa significa che mi stavi aspettando? – chiese sospettosa Camilla.

- Significa che adesso, tu ed io dobbiamo collaborare per salvare il mio mondo! – rispose Pixi con tono serio, saltando sopra un ramo basso dell’albero e restando in attesa di una sua reazione.

Camilla restò senza respiro. Ma cosa stava accadendo? Forse era impazzita! Stava lì, a parlare con quella specie di grillo saltellante e tutto questo era forse normale?

Pixi lesse il suo pensiero.

- Non ti spaventare – la rassicurò – non hai perso tutte le tue rotelle, anzi… Oggi hai conquistato qualcosa di molto importante. Finalmente il velo sui tuoi occhi è scivolato via. E’ stato un lungo processo: vivendo nella solitudine, nel silenzio e nella tranquillità del bosco, giorno dopo giorno i tuoi sensi si sono acuiti e la tua sensibilità si è affinata sempre di più ed ora, non ci sono più ombre oscure nel tuo mondo. Tutto è chiaro e luminoso per te.

- Sì, io però continuo a non capire come possiamo lavorare insieme! Noi apparteniamo a due mondi separati – disse Camilla.

- Qui ti stai sbagliando – la interruppe subito il folletto – niente nell’Universo è separato, anzi, tutto è connesso. Siamo tutti originati dalla stessa Fonte Divina. E quindi siamo fatti della stessa essenza. Anche io, come te, aiuto gli abitanti del bosco a guarire, ma io mi occupo esclusivamente di tutti gli esseri invisibili e che tu adesso riesci a vedere. Io utilizzo erbe e fiori che tu non conosci solo perché sono oscurati ai tuoi occhi, ma adesso, se ti guardi bene intorno, vedrai quante cose nuove e luccicanti ti appariranno.

Allora Camilla fece un giro su se stessa e vide che intorno a lei c’era una grande animazione. Tutto il popolo del bosco era ai suoi piedi ed ognuno di loro portava con sé un seme, una foglia, una pianta sconosciuta e gliela donava.

- Vedi – disse Pixi – sono tutti ansiosi che tu inizi a conoscere tutto quello che cresce nella nostra terra per provare poi a creare un elisir magico che salvi il nostro mondo.

- Ma da cosa devo salvare il tuo mondo? – chiese Camilla, pensando al suo mondo, anch’esso malato e bisognoso di salvezza.

- Dalla dimenticanza! – rispose Pixi con tono sommesso.

- E che sarebbe mai questa malattia? – chiese Camilla.

- E’ l’oblio, la perdita della memoria, la mancanza dei ricordi. – disse il folletto – Il mio popolo sta per essere cancellato dalla memoria del tuo mondo, Camilla. C’era un tempo in cui tutte le fiabe erano popolate da folletti, fatine, gnomi, elfi, nani ed anche streghe, draghi, orchi, perché tutte le cose hanno anche una parte oscura di malvagità, altrimenti il bene non ci sarebbe! Sarebbe tutto normalità e non ci sarebbe da trionfare su nulla, non credi? Vedi, il mondo degli uomini ci conosceva attraverso la lettura di quei racconti e ci riteneva frutto della fantasia di qualche scrittore, senza mai pensare che noi potessimo essere veramente reali ma invisibili a tutti. E quindi, ad un certo punto hanno iniziato a scordarsi di noi. Tanto non esistevamo! Così, le nuove fiabe hanno avuto come protagonisti mostri metallici, ranocchie dagli occhi a mandorla, mostruose creature preistoriche e quanto di peggio la mente malata dell’uomo moderno potesse inventare.  E se non siamo più nei ricordi e nei pensieri di qualcuno, siamo veramente nel mondo del nulla e non esistiamo più da nessuna parte nell’universo!

Camilla rimase a riflettere, senza parole, su quanto disperatamente stava dicendole Pixi. In effetti, anche lei aveva dimenticato l’esistenza di questo mondo fatato. I genitori, quando era una bambina, la lasciavano davanti al televisore a guardare i cartoni animati che in quegli anni provenivano dal lontano oriente e raccontavano storie tragiche di fanciulli sfortunati e tristi o di robot che si trasformavano in macchine mostruose e da guerra, e trascorreva pomeriggi interi con gli occhi incollati sullo schermo, mentre loro erano intenti nella preparazione dei pasti e nelle faccende domestiche. Non ricordava di aver mai visto un film che parlasse del bosco e delle sue creature. Solo la nonna, quando lei era ormai  più grande, qualche sera amava farsi leggere le fiabe di quando era bambina per poter essere certa di avere sogni belli durante la notte. Camilla sfogliava quei libri della nonna dalle pagine ingiallite e con qualche tavola illustrata a colori e si soffermava a lungo sognante sui particolari dei personaggi delle fiabe. Qui aveva letto degli abitanti del bosco, ma mai avrebbe pensato un giorno di intrattenere una conversazione con uno di loro! Cosa poteva fare Camilla per aiutarli? Forse avevano sopravvalutato le sue capacità, non sapeva proprio da che parte iniziare!

- Non ti preoccupare – disse Pixi leggendole nel pensiero – verrai tutti i giorni, come sempre, qui nel bosco e ci incontreremo per studiare insieme un modo per risvegliare nel tuo mondo il ricordo della nostra esistenza.  Io ti farò conoscere tutti gli abitanti del bosco e tu li disegnerai uno ad uno, dal vivo così potrai poi descriverli a chi dovrà sapere della nostra esistenza. Una volta che avrai raccolto tutte le schede con i nomi e le caratteristiche di tutti gli abitanti, di tutti gli animali, di tutti i fiori, le erbe ed i frutti del nostro mondo magico, andrai a raccontare quanto hai visto al tuo mondo.

- Sì – disse Camilla presa dall’entusiasmo – questa è una buona idea! Andrò in televisione a raccontare quanto ho visto e quando tutti sapranno quello che mi è capitato questa mattina, potrò organizzare conferenze e scrivere libri illustrati ed articoli sulle riviste di attualità,  con i ritratti di tutto il tuo popolo. Convincerò piano piano tutti gli uomini della realtà della vostra esistenza e che anche gli altri, oltre a me, potranno incontrarvi e vedervi ogni volta che lo vorranno e…...

- No Camilla – l’interruppe il folletto – non tutti potranno vederci. Solo quelli che avranno il cuore puro di un bambino potranno farlo veramente e non ce ne sono molti con queste caratteristiche. Ma a noi basta che si sappia che ci siamo, che si ricominci a pensare a noi, che si raccontino di nuovo le  leggende che parlano delle nostre gesta. Tutto questo ci potrà salvare! Allora Camilla, forza, mettiamoci al lavoro.

Ma Camilla non poté lavorare quel giorno con Pixi perché tutto il popolo del bosco era in festa: tutte le foglie si muovevano come al ritmo di una musica caraibica, le bacche sui rovi agitavano le loro piccole manine ed i fiori aprivano e chiudevano le loro corolle ondeggiando sui loro lunghi gambi. Il tutto era accompagnato da uno svolazzare di milioni di farfalle di tutti i colori e forme. Tutti gli esseri del bosco battevano le mani e ballavano ai suoi piedi e Camilla sorrise di fronte a tutti questi nuovi amici che da quel giorno avrebbero fatto parte della sua vita. Tutto il bosco era in festa e Camilla era felice perché tutto questo era in suo onore. Era certa, Camilla, che se fosse riuscita a convincere il mondo dell’esistenza di quegli esseri fatati, anche il cuore di tutti gli uomini si sarebbe aperto, così come era stato per lei e forse, da quel momento, tutto sarebbe cambiato e  tutto il pianeta sarebbe stato pervaso di amore per tutte le creature e tutto si sarebbe salvato dalla  distruzione. Camilla non stava più nella pelle, pensando a tutto questo e non vedeva l’ora di rientrare a casa per dividere la sua felicità con Fragolino: finalmente non sarebbero stati più soli!

 

Anna Ravi Pinto