Essere, umano

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano le 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l’alba della sua città sapeva creare*.

Nella sua mente vi era solo l’immagine della sua barba sfatta, uno sbadiglio rivolto allo specchio prima della rasatura, per presentarsi al meglio al palcoscenico della vita, ad attrarre sul suo viso quella luce del primo sole. Era sempre così, disinvolto e sfacciato, prendeva sempre di petto la vita quotidiana che difficilmente gli avrebbe riservato nuove sorprese. Beffardo, spesso si prendeva gioco di lei, molte volte giocavano a nascondino senza che nessuno fosse né vinto né vincitore.

Nemmeno la solitudine temporanea scuoteva la sua granitica freddezza.

Ogni cosa aveva senso e significato nella misura in cui poteva nutrire il suo smisurato narcisismo.

Era giunto il momento di velocizzare il suo passo ed aggredire come al solito la giornata, scendendo in strada come un predatore alla ricerca della sua ennesima preda. Fra sé e sé, pensò che forse oggi avrebbe acquisito più potere, o forse più denaro con l’investimento fatto poco tempo prima. Nulla lo eccitava di più che la conquista di un nuovo trofeo, di un nuovo successo. La fama e la gloria venivano dopo la sua bramosia.

Passeggiava sicuro di sé, continuava a specchiarsi nelle vetrine cercando una nuova bellezza, voleva a tutti i costi affinare l’apparenza del suo fascino. Non aveva fretta nell’osservarsi, immerso ed assorto a non vedere oltre la sua immagine.

Non si accorse di nulla, finché un fluido movimento di colore rosso non catturò la sua attenzione, un profumo singolare e suadente s’insinuò nel suo sentire. Era una donna sconosciuta, vestita di uno sguardo penetrante e misterioso, adornata da un sorriso disarmante che lo lasciò basito ed attonito, senza ossigeno.

La sua bocca era spalancata, aveva fame di respirare, nulla in quel momento poteva calmare il terremoto che stava avvenendo nel suo intimo. Uragano di sensazioni indefinite, lampi accecanti d’incertezza gli squarciavano il petto non più gonfio di sicurezza e baldanza. Immagini originali e scioccanti gli apparivano nella mente. Non aveva più il controllo di sé, sentiva tremare le sue più solide certezze. Era in completa fibrillazione, in attesa che la donna gli facesse un cenno, gli rivolgesse una minima attenzione.

L’unica cosa che anelava in quel momento era essere ancora abbagliato dal suo sguardo di occhi verdi. Vedeva solo onde rosse fluttuose e morbide davanti ai suoi occhi, aveva solo un mezzo per superare l’immobilità del suo desiderio, doveva necessariamente muoversi, incrociare il suo sguardo sfuggente, che rivolgeva ad altro il suo splendore.

Fece un respiro profondo e lungo, si tuffò in quell’inedita situazione che sempre più lo sconvolgeva e lo eccitava simultaneamente. I suoi passi incerti si susseguivano uno dopo l’altro in direzione di colei che gli negava la bellezza di un rapporto. Il suo tremare sembrava allentare la sua determinazione, ma un pensiero tolse le ultime fosche nubi dalla sua mente e con un colpo di reni si mise davanti a lei. Fece cadere la sua maschera di freddezza, l’unica che gli garantiva successo e prestigio. Specchiandosi nei suoi occhi si scorse nudo, ma era l’unico vestito che si sentiva d’indossare in quel momento. Voleva regalarle qualcosa d’inedito e prezioso, non palpabile e misurabile perché fino ad ora inesistente.

Si stava finalmente scoprendo essere umano?

Lei si avvicinò ed il suo cuore voleva uscire disperatamente dalla sua gabbia dorata per incontrarla con il suo battito che diventava sempre più rumore assordante ed incontrollato. Il viso di lei era talmente vicino al suo che si umettò le labbra per prepararle al tanto desiderato bacio, ma lei andò oltre, trapassandolo come una gelida lama, che con assoluta indifferenza gli spaccò in due il suo ritrovato cuore di uomo.

Inizialmente si pietrificò, poi lentamente si fece scivolare passivo ed inerme su una sedia lì vicino.

Chinò il capo, delle copiose lacrime cominciarono a rigargli il viso per poi cadere sui suoi appunti tenuti gelosamente fra le mani, nei quali cercava invano di fissare quelle emozioni fin lì percepite dalla sua pelle. La disperazione lo assalì cercando di chiudergli quello spiraglio di umanità faticosamente conquistata.

Non fece in tempo a nascondersi nella delusione che un altro rosso gli accarezzò le guance, asciugandogli le lacrime. Alzò lo sguardo e poté riconoscere quel colore che prese forma in capelli rossi ondulati, infiammati da due occhi color verde smeraldo che gli rivelavano il suo intimo.

Non era spaventato, era attirato da quella bocca.

- Finalmente sei nato – gli sussurrava – è il tuo primo giorno di essere umano.

Spossato e stremato rilesse pigramente il racconto scritto nei suoi appunti, facendo slalom fra le lacrime ancora fresche. Pensò con rammarico, che si fosse inventato tutto, dal freddo e distaccato narcisista, alla sensuale donna dai capelli rossi. Era distratto e madido di sudore. Dei brividi lo scossero svegliandolo dal torpore e si vide nudo.

Era in un letto, ma non era solo.

Si volse dall’altro lato ed un rosso accecante avvolse il suo sguardo. Lei si girò, nuda ai suoi occhi, ma vestita con quel sorriso disarmante che lo fece sentire ancora una volta senza difese.

Le rosse dita affusolate districarono con abilità e dolcezza i pensieri dello scrittore di successo.

Non desiderava altro che meravigliarsi nuovamente. Era impaziente di vivere il suo prossimo istante di vita con colei che ebbe il potere di togliergli quel velo, quella coltre di nebbia impenetrabile che aveva sempre avvolto il suo cammino.

Senza più alcuna remora si abbandonò a lei finalmente consapevole di aver ritrovato la sua nuova nascita.


Lorenzo Ciceri

*Incipit tratto da Se solo fosse vero di Marc Levi