Il giardino del tempo

Dal suo finestrino si vedeva il mare. Dai seggiolini oltre il corridoio si vedevano montagne e colline, ma lei aveva scelto quel posto proprio perchè voleva guardare il mare. Aveva cambiato a Pisa e a Genova Brignole, ma solo allora, quasi all'arrivo, passò il controllore, un ometto calvo, con la divisa sgualcita, a cui s'illuminarono gli occhi quando la vide. La ragazza era un'autentica figlia dei fiori, una meravigliosa hippy: lunghi capelli raccolti in due trecce, sulla fronte un nastrino multicolore e abbigliamento decisamente anni '60. Peccato che fosse lontano dai suoi anni, quasi in un altro mondo. Si toccò il cranio lucido, sospirando e la guardò un'ultima volta, con una punta di nostalgia proseguendo in un altro vagone. La ragazza scese a Varazze, non aveva avuto un motivo particolare nello scegliere la destinazione quella mattina a Firenze: era la città più vicina alla Francia dove poteva arrivare con meno di 30 euro, 28 per la precisione.

Il treno ripartì subito e finito il trambusto dell'arrivo la stazione tornò deserta. Il silenzio la rese ancora più inospitale agli occhi di Paola. Sedette su di una panchina, posò lo zaino e rivolse la sua preoccupazione alle piantine grasse che aveva dentro una borsa verde di cotone. Con cura pose in fila i piccoli vasi color mattone e guardò le foglie spesse di un verde acceso. Tornò col pensiero alla vecchina che aveva incontrato subito dopo Massa e le venne in mente la felicità inconsapevole che aveva provato nel condividere con lei le proprie esperienze, neanche fosse la mamma, o la sua migliore amica. Una sconosciuta con occhi ancora giovani e vivi, persi in quel mare di rughe. Era scesa a La Spezia, ma prima, per ringraziarla, le aveva regalato quei vasetti che, si capiva, considerava il proprio tesoro.

-     Vai a Varazze, dunque – rimarcò consegnandole le piantine – mantienile sempre vive, curale con amore e ti ripagheranno donandoti il loro tempo, che potrà esserti servo, come lo è stato per me. Ora, però, sono stanca, vado a terminare ciò che iniziò molti anni fa: io ero come te e lei, come sto facendo con te, me le offrì.

-     Non capisco, mi piacciono, ma non capisco...

-      Capirai e se vorrai il tempo potrà essere tuo, tra due palme, davanti al nome della città. Ora vado, non ci vedremo più.

E adesso che era in piedi, sul lungomare, davanti al nome della città scritto in grande, finalmente cominciava a capire. Tra due palme in un'aiuola delle piantine grasse formavano la data del giorno: 25 05 12.

Forse aveva intuito la verità, doveva solo provare e voleva farlo subito.

Si sedette su una panchina di marmo, alla destra del calendario, vicino ad un anziano con un cagnolino. L'uomo, in maniera molto precisa, le raccontò che quel calendario era sempre stato lì e che gli spostamenti dei vasetti venivano effettuati da un impiegato comunale subito dopo la mezzanotte.

Paola decise, allora, che avrebbe assistito al cambio dell'orario quella notte stessa. Salutò i due nuovi amici e si diresse verso la spiaggia.

Era sgombra da cabine, ombrelloni e sdraio, il formicaio non era ancora stato organizzato.

Si avvicinò al bagnasciuga, si accovacciò sulla sabbia e tirò fuori le piantine: magari quell'aria, ideale per i bambini, avrebbe giovato anche a loro!

Avere a disposizione il tempo è davvero meraviglioso, inebriante, ma per farne cosa? Quella vecchina sembrava arrivata alla fine dei suoi giorni, ma quanto erano durati quei giorni? Come aveva sfruttato la possibilità che il destino le aveva regalato? E lei come l'avrebbe adoperata? Quante domande e ce ne erano tante altre. Fino a dove avrebbe potuto spingersi? Passato, futuro: avrebbe potuto scegliere? Non c'era un libretto delle istruzioni, doveva per forza navigare a vista. Era stanca di domande senza alcuna risposta, ma il pensiero della tranquillità di quella signora, la confortò: tutto si sarebbe chiarito col tempo e a quanto pareva il tempo non le sarebbe mancato più.

Era quasi mezzanotte: si mise in attesa del cambio di data e non dovette aspettare molto. L'addetto comunale era un ragazzo, anche molto carino dai tratti gentili, il che l'aiutò nell'approcio.

- Ciao, vorrei chiederti qualcosa su quello che stai per fare, spero di non disturbarti.

Il giovane le sorrise amabilmente e la invitò ad avvicinarsi tendendole la mano.

- Sono contento di vederti cosi presto, speravo proprio che accadesse, Paola.

Lei si bloccò.

-  Conosci il mio nome?

- E non solo quello, l'angelo che ti ha consegnato quelle cose preziose – ed indicò la borsa verde – è la mia nonnina. Ti stavo aspettando. Piacere, mi chiamo Marco.

Istintivamente Paola ne rimase piacevolmente colpita, ma stette ancora sulle sue.

- Come ti ha comunicato la cosa? - gli domandò con ironia - Seduta spiritica o trasmissione del pensiero?

- La prima si fa con i morti e lei non lo è. No, nulla di fantasioso, mi ha semplicemente telefonato.

- Banale, potevi essere più creativo, ma perchè ha scelto me? E non te, per esempio?

- E' un dono che non si può trasmettere in famiglia, uno dei tanti misteri. Ed allora eccoti qua.

- Che considerazione! Mi ha conosciuta solo per pochi minuti...

- Così ti è sembrato! In realtà è stata con te molti mesi. Sai, poteva fare il bello e il cattivo tempo... scusami per la battuta un pò scontata.

Poi la domanda che più le premeva: voleva sapere cosa fare, come servirsi del tempo e a favore di chi. La risposta le piacque.

- Potrai cambiare qualche destino, non sconvolgere il mondo – disse Marco - Solo piccole cose e magari non per sempre: non sarai mai il giudice ultimo.

- E come deciderò cosa?

-   Lo farai in base alla tua sensibilità... Magari con qualche suggerimento, anche da parte mia, se lo accetterai.

-   Ma potrò intervenire anche su qualcosa che mi riguarda? - azzardò Paola

-   Certo, come quel problemino in Francia, se vorrai lo risolveremo insieme.

-   Sei a conoscenza anche di quello? Non finirai mai di stupirmi! Però grazie, lo apprezzo. Allora quando cominciamo?

-   Quando vuoi. Io direi domani, adesso aggiorno il calendario e poi andiamo a casa mia, ti ho preparato una camera.

-    Va bene, facciamo così. Domani sarà un gran giorno, stanotte forse non riuscirò a dormire.

Marco cambiò la posizione delle piantine, poi le prese lo zaino e si avviarono. Paola si girò per dare un'ultima occhiata all'aiuola: aveva paura, non sapeva dire bene di cosa, ma lo seguì ugualmente.

La sua stanza era piena di peluches, che sarebbero piaciuti alla sua sorellina se solo fosse stata lì. Il letto comodissimo, l'accolse sfinita. La mattina si svegliò molto presto e andò a bussare alla porta di Marco, che era già pronto. Giusto il tempo di fare un salto in cucina per un caffè e poi via sul lungomare, verso il calendario, con la sua borsa a tracolla di cotone verde che conteneva le piantine magiche.

Guardò Marco negli occhi, e cercando conforto, gli ripetè la domanda.

- Posso veramente cominciare risolvendo il mio problema?

- Certo, ora sistema le tue piantine con la data che desideri, collegati col pensiero a ciò che ti preme e aspetta, sarà un'azione velocissima: la nonna, a volte, stava via anche solo cinque minuti. Dai, corri a prendere tua sorella.

- Devo solo arrivare cinque minuti in anticipo per evitare che me la portino via. È stato terribile quando ho visto che lei non c'era più.

Aveva gli occhi lucidi ed era molto emozionata.

- Ora vai, vi aspetto qui. - la spronò Marco.

Mentre sistemava le piantine, spostando la data dal 26 al 24, Paola si rivide mentre correva a perdifiato verso il Collegio.

Lei ormai grande era già fuori, ma Arianna, più piccola, era stata messa in un programma per adozioni e quel giorno venivano dalla Francia i nuovi genitori adottivi.

Quella mattina non era arrivata in tempo per vederla, ma non per colpa sua, avevano anticipato apposta i tempi. Chissà cosa avrà pensato Arianna in quel momento.

L'ultimo vasetto fu interrato: adesso era il 24, alle sette di mattina.

Non ci fu nessuna luce accecante, nè tuoni, nè altri sconvolgimenti: in quel momento Paola si ritrovò di fronte alla porta del Collegio. Entrò, non c'era nessuno e raggiunse la camera di Arianna. La bambina, che stava nel suo lettino, aprì gli occhi e vide il sorriso della sorella che le intimava il silenzio con un dito sulla bocca.

Che bella sorpresa avrebbero avuto di li a poco in quel triste palazzo!

Uscirono mano nella mano e appena fuori Paola la prese da terra e la strinse a sè. Marco le vide arrivare così, all'improvviso, abbracciate.

Paola sostituì le piantine, riscrivendo 26. Arianna, felice, non si staccava dalla sorella. Paola si girò verso il ragazzo.

Era bello vederli camminare tutti e tre mano nella mano, facendo fare ogni tanto un saltino ad Arianna.

Entrarono in casa, Marco andò in cucina a preparare una tazza di latte. Apparecchiò la tavola e posò su un tovagliolo una deliziosa brioches al cioccolato. Nel frattempo Paola accompagnò in camera la sorellina, che, come previsto, appena li vide si lanciò sui peluches: ne scelse uno morbidissimo, un bel gattino di un improbabile color fuxia. Marco le chiamò, era tutto pronto. Arianna si sedette e addentò la pasta, poi indicando un portafoto si rivolse a Marco

- Quella signora, che sta con te nella foto, assomiglia ad Angela, la mia amica dei sogni.

Paola si voltò a guardare: davanti all'Acquario di Genova, erano ritratti Marco con un cono gelato in mano e accanto a lui sua nonna, che con un braccio gli cingeva la vita, reggendo con l'altro la borsa verde delle piantine.

- Hai un'amica dei sogni? Ti viene a trovare? E' dolcissima, vero?

Arianna raccontò delle visite di Angela nei suoi sogni: all'improvviso arrivava, parlava un pò con lei, dei suoi desideri, quasi sempre di sua sorella e poi se ne andava. Si, era proprio una signora dolcissima!

Paola rivolse a Marco uno sguardo interrogativo. Il ragazzo le sorrise, si avvicinò al mobile e prese in mano la foto, baciandola.

- Ha voluto riunirvi – le confidò - doveva farlo, era un impegno che aveva preso con la persona che più vi ha amate e nel rispettarlo ha scoperto in te l'anima perfetta a cui trasmettere la sua dote.

- Credo di capire, ha conosciuto la nostra mamma nel suo mondo ideale. Mi piace pensare che lei sia da qualche parte e che ci ami e ci protegga.

Marco annuì, fece una carezza sulla testolina di Arianna, tirò a sè Paola e le abbracciò entrambe.

- Non vi lascerete più – sussurrò visibilmente commosso – e se vorrete, io starò sempre con voi.

Paola lo abbracciò forte. Era più di un si.

 

Ivano Migliorucci