Il guardiano del faro

Vivo da qualche anno in un piccolo quartiere storico della mia città dove gli anziani si conoscono da sempre e con i loro racconti tramandano storia e memoria. È un posto tranquillo, non succede mai niente di particolare, i ragazzini giocano nei giardini e nelle piazze e se, affacciata alla finestra, sbircio nelle case dei miei dirimpettai non vedo che scene di vita normale, forse banale.

Il mio condominio ha un ampio cortile centrale e scale con ballatoi ad ogni piano per accedere agli appartamenti. Con la vicinanza obbligata è difficile mantenere un minimo di riservatezza, ma tutto sommato nel mio piano ci sono persone  simpatiche e non invadenti. Nell’ultimo appartamento accanto al mio è venuto ad abitare da poco un signore di circa settant’anni, un bell’uomo dai capelli bianchi che, quando raramente lo incontro, risponde  educatamente al mio saluto, ma solo con un cenno del capo. Abita da solo, non riceve visite ed esce solamente di sera. Poiché a volte nei momenti di noia mi piace immaginare la vita degli altri, ho cominciato a osservare con curiosità le sue abitudini e, fingendo un velato disinteresse, ho chiesto informazioni al portiere che pur non avendo nessun senso della discrezione non è stato in grado di riferire alcunché.

Quest’estate fa un gran caldo e, per trovare sollievo, la notte mi capita di uscire sul ballatoio per fumare una sigaretta. In questi momenti ho iniziato a sentire strani, indecifrabili  rumori provenienti dall’appartamento del nuovo vicino.

Memore di giochi di bambini, una notte ho appoggiato un bicchiere su una parete confinante col vicino e ho udito la sua voce.

- Ma con chi parla? – mi sono chiesta.

Sembrava che parlasse da solo, non si capiva quello che diceva, canticchiava e si sentivano rumori stridenti.

Dovevo saperne di più, così una sera ho invitato la mia amica Daniela per giocare alle spie e ci siamo messe a chiacchierare sul ballatoio annaffiando a più riprese i gerani per accertarci dell’uscita del Signor Mistero.

Nonostante la nostra scarsa manualità, siamo riuscite a fare con il trapano un piccolo foro sopra la mia libreria incassata nel muro, corrispondente ad un analogo spazio nella casa accanto e, quando il vicino è tornato a tarda sera, ci siamo arrampicate sui due lati della mia scala a libretto per sbirciare a turno. Non siamo cadute come temevo e così lo abbiamo visto estrarre, da un armadio, cilindri di metallo che ha incastrato uno nell’altro, con degli snodi e alla fine ha montato un puntale, che si illuminava ad intermittenza emettendo un suono stridulo.

Dopo aver controllato tutti gli agganci, il Signor Mistero ha inserito la punta dello strano macchinario in un buco nel soffitto, sopra c’è la terrazza condominiale ed ha iniziato a spingere vari pulsanti che si trovavano alla base del tubo.

È andato avanti così per molto tempo, riuscivamo a vedere che sorrideva, sembrava felice. Noi non ne potevamo più di quella scomoda posizione e siamo scese dalla scala attonite. Ma cosa faceva con quei tubi? Perché sorrideva, perché sembrava così felice? 

La curiosità vince la noia, si dice ed è un ottimo antidoto per l’apatia che mi dà l’afa in questo mese di agosto.

Daniela è tornata a casa mia per un’escursione notturna sul terrazzo dove ci siamo appostate dietro un ex lavatoio, che è diventato il luogo preferito dai gabbiani per i loro nidi. Abbiamo portato un telo per sedere sopra lo strato di escrementi, derivanti dalla saporita spazzatura urbana, un pacco di ciambelline e un thermos con tè freddo. Il pic-nic notturno, condito da pettegolezzi, non ci ha però distratto dall’osservazione e così abbiamo potuto cogliere il momento in cui il puntale è emerso dal buco.

Il raggio di luce, a volte fisso a volte intermittente e di diversa lunghezza e intensità, era rivolto sempre verso lo stesso punto del cielo.

Un segnale? Non si trattava certamente di alfabeto morse, che conoscevamo per aver frequentato gli scout da giovani. Forse era rivolto a una stella, o a un pianeta? Avremmo dovuto procurarci una carta astronomica.

All’improvviso, nell’oscurità, è apparsa una luce stranamente fluorescente, che si accendeva e si spegneva come se fosse una risposta.

Eravamo eccitate, quasi impaurite e per l’emozione il thermos è caduto fragorosamente per terra, rompendosi.

- Il Signor Mistero ci avrà sentito? – ci siamo dette.

Abbiamo deciso di tornare subito a casa, ma a metà della rampa di scale ci è comparso davanti.

- Avevi ragione, Daniela, la luna non è ancora piena. – ho detto, superando l’imbarazzo evidente, per cercare di giustificare la nostra presenza.

Per alcuni secondi ho avuto la terrificante impressione che l’anziano signore non volesse farci passare, ma poi si è spostato e noi abbiamo sceso, con voluta lentezza, gli scalini fino al ballatoio e siamo entrate precipitosamente in casa.

Le gambe mi tremavano e mi sono accasciata sul divano. Daniela mi ha portato un bicchiere d’acqua ma anche lei si era spaventata. Siamo rimaste in silenzio, sedute vicine recuperando fiato e tranquillità e, temendo che il vicino ci stesse spiando in qualche modo, ho acceso la televisione per coprire le nostre parole.

- Siamo pazze - ci siamo dette – ma in fondo lui non può accusarci di niente!

E così, tranquillizzate, abbiamo preparato una tisana per conciliare un sonno che non accennava a venire.

Tutto taceva nel palazzo e dalla strada, anche se le finestre erano aperte, non si sentivano passare auto e così l’improvviso suono del campanello della porta di casa ci ha fatto sobbalzare.

Non potevo non aprire e, incoraggiata dalla presenza di Daniela, l’ho fatto.

- Buonasera, scusate il disturbo – ha detto il Signor Mistero - vorrei parlare con voi.

Era la prima volta che sentivo la sua voce. 

- Prego, si accomodi, possiamo offrirle una tisana?

La mia apparente freddezza mi meravigliava, ma che altro potevo fare? 

Ci siamo risedute sul divano e l’ospite, dopo essersi accomodato su una poltrona, ha iniziato a raccontare.

- Sono stato per tantissimi anni guardiano di un faro su uno scoglio lontano dalla costa, molto importante per indirizzare la rotta delle navi. Una notte d’estate, con mia grande sorpresa, ho visto lampi di luce che sembravano rispondere a quelli emessi dal faro, ma non corrispondevano ai segnali convenzionali. Un puntino luminoso si è poi avvicinato, posandosi sulla piccola spianata accanto al faro. Era una minuscola navicella spaziale da cui è sceso uno strano esserino con due grandi occhi luminosi che mi ricordava un abitante di Lilliput. Non temendo pericoli, tra lo sbalordito e l’incredulo, mi sono avvicinato a lui e ci siamo a lungo osservati, io quasi steso in terra per essere alla sua altezza. Gli ho sorriso, che altro potevo fare? E lui mi ha steso la mano mettendosi l’altra sul cuore ed io ho fatto altrettanto, mi sembrava una bella dichiarazione di amicizia. Voi non ci crederete, ma siamo riusciti a comunicare a gesti e a elaborare insieme un codice prima che ripartisse. Così, da quella notte, abbiamo iniziato a mandarci segnali quando la piccola e sconosciuta Luna di Giove, in cui l’esserino vive, si trova più vicina alla Terra. Quando sono andato in pensione e sono venuto a vivere in questa città di mare, pensavo di aver perso il contatto, invece ho ritrovato il segnale e costruito l’apparecchio per captarlo e rispondere. Ho sempre vissuto da solo e i tanti anni nel faro hanno accentuato la mia solitudine, ma ora sono molto felice di aver ritrovato il mio amico!

Il Signor Mistero ci ha poi salutato.

- Non so se ciò che mi è successo e sta ancora succedendo sia vero o se sia tutto un sogno – ha detto uscendo.

Stavamo sognando anche noi?

La mattina dopo siamo partite insieme con altri amici per una vacanza programmata da tempo e non abbiamo più parlato di quanto era accaduto. Al ritorno, dopo due settimane, a metà settembre, ho visto una coppia uscire dall’appartamento del Signor Mistero. Si sono presentati educatamente come nuovi inquilini ed io, meravigliata, ho chiesto quando fosse andato via il signore che vi abitava, ma non ne sapevano niente. Allora ho sceso le scale di corsa, con una strana sensazione di inquietudine, per chiedere notizie al portiere, che mi ha guardato perplesso.

- Signora – mi ha detto nel suo italiano ancora approssimativo dopo venti anni di permanenza in Italia – tanti anni che la casa è vuota prima che viene lei. Abitava il  signor Lorenzo che è morto, che prima stava sul faro.

Con le mani che mi tremavano, ho preso il telefono per chiamare Daniela, ma dopo i primi numeri, ho messo giù la cornetta. E se lei mi avesse detto che mi ero inventata tutto? O che ero impazzita?

La stessa sera ho preso il mio quaderno di storie ed ho iniziato a scrivere quello che mi era successo per farne una fiaba.

Alle fiabe credono tutti!

Anna Grazia Dore