Il mondo di Elly

Erano settimane che la pioggia scendeva, inondando le strade e i tetti della città, che, coperta di nuvole dense e grigie, aveva un aspetto davvero tetro. Elly guardava questo spettacolo dalla finestra del suo alloggio, al ventitreesimo piano. La città si muoveva frenetica sotto di lei e il vetro le rifletteva la sua immagine di ragazza stanca, con il viso pallido e smunto, che contrastava nettamente con i capelli neri e il trucco scuro e pesante. Nell’insieme il suo aspetto era tetro e l’unico elemento che risaltava in lei era il suo tatuaggio sul collo: una ragazzina con il cappotto rosso. Impossibile non notarlo in una così cupa e sempre vestita di nero come Elly, che proprio per questo motivo era stata soprannominata Cappuccetto Rosso. In quel momento la ragazza era molto preoccupata e mille pensieri affollavano la sua mente. Sam, l’unica persona in quella fredda città che la capiva e l’aiutava trattandola come una nipote, non si faceva sentire ormai da due giorni. Nessuna notizia e questo era molto strano. Elly si chiedeva perché non fosse ancora corsa a casa sua, forse aveva paura di scoprire che il legame che si era creato tra loro era profondo. Tutte le persone importanti nella vita di Elly erano scomparse, a volte per loro scelta, altre volte no, ma comunque l’avevano sempre abbandonata. Non voleva vivere di nuovo un’esperienza del genere, ma sentiva che qualcosa era successo e non poteva restare lì a pensare. Non era giusto.

Prese il giubbotto di pelle, il mazzo di chiavi e si diresse decisa verso la porta. La macchina era parcheggiata in fondo alla strada e la raggiunse con i vestiti completamente bagnati che, a sua volta, avrebbero reso lo stesso favore ai sedili. Si segnò mentalmente che avrebbe dovuto comprarsi un ombrello. I vetri erano appannati e ci vollero circa cinque minuti prima di poter partire. Il traffico, vista l’ora e il tempo, era terribile e impiegò almeno trenta minuti per riuscire a svoltare nella strada che portava all’alloggio di Sam. Era un classico palazzo di periferia, enorme, anonimo, color giallo senape, come quei maglioni che la gente indossa, sperando invano di rendere le giornate invernali un po’ più luminose. Accostò la sua auto al cancello principale e scese a controllare se quella di Sam era nel parcheggio sotterraneo. In pochi istanti arrivò davanti alla pesante porta metallica, l’aprì ed entrò. Il silenzio era interrotto solo dalle gocce che cadevano dal tubo di scolo dell’acqua e l’odore della pioggia, che riempiva le giornate da ormai quasi una settimana, penetrava nelle narici in modo fastidioso. L’ambiente era molto buio. Una macchina, lasciata con luci d’emergenza lampeggianti, rendeva il tutto ancora più surreale. Vide subito la punto rossa parcheggiata al solito posto, ma le sue gambe si fermarono a circa due metri dalla vettura. Provò una sensazione strana, come se due occhi nascosti, sicuri di non essere visti, la scrutassero analizzando ogni suo movimento e immaginando le sue mosse successive. Di colpo Elly si voltò e incrociò quegli occhi distanti solamente un metro da lei.

La penombra non le permetteva di vedere bene l’uomo che era comparso, sbucando da dietro la vettura lampeggiante. La poca luce però non riusciva a mascherare la grossa cicatrice che gli attraversava la guancia sinistra. Scrutò Elly dalla testa ai piedi e tirò una boccata dalla sigaretta di infima marca che stava fumando.

- Cosa stai cercando? – le chiese con un tono di voce agghiacciante.

Lei non rispose e fu costretta a distogliere lo sguardo dal suo volto: fissava un punto indefinito del parcheggio sperando che quel momento finisse velocemente.

Quando Elly tornò a girare lo sguardo, l’uomo non c’era più: era svanito, scomparso, come se la penombra lo avesse inghiottito.

Si avvicinò alla macchina sbirciando all’interno, senza riuscire a vedere molto, rendendosi però conto che non era chiusa a chiave. Quando aprì la portiera, per capire meglio quella strana vicenda, vide che c’era una borsa aperta con dei soldi sparsi sul sedile del guidatore e una pistola. Come poteva essere? Sam era solo un pensionato che passava molto tempo nel circolo del quartiere e aiutava i giovani come lei in difficoltà. Doveva assolutamente parlargli. Raccolse in fretta tutte le cose che erano sul sedile e corse verso le scale. A volte le cose non sono come sembrano, si crede di conoscere una persona e invece... Bisognerebbe sempre approfondire, indagare, allora si che si scoprirebbe la verità! Adesso era sicura che Sam aveva bisogno del suo aiuto.

Corse velocemente su per le scale. In pochi secondi raggiunse la porta di Sam e vide che anche questa era solo accostata. Non la stupì più di tanto, lui conosceva tutti e tutti gli volevano bene: la sua casa era sempre piena di gente che andava e veniva e la sua porta era sempre aperta a qualsiasi ora del giorno e della notte. Entrando notò subito che era successo qualcosa di strano, c'era molta confusione. La cucina sembrava travolta da un uragano, fogli e cocci di soprammobili erano sparsi per tutta la casa. Poi vide Sam, disteso, privo di sensi sul pavimento della sala e sanguinante. Si avvicinò di corsa e mentre cercava di rianimarlo vide un’ombra sul muro che rivelava la presenza di qualcuno dietro di lei. Non fece in tempo a girarsi che una mano la colpì con uno schiaffo violentissimo: si sentì l’occhio scoppiare e la guancia iniziò a farle male e a pulsare. L’uomo sferrò un altro attacco immobilizzandola.

- Ti avevo avvisato di stare attenta, ma tu niente, hai voluto ficcare il naso! Che bel tatuaggio che hai sul collo: mi sa proprio che oggi hai incontrato il tuo lupo cattivo!

Elly ancora stordita dal colpo subito, era consapevole che non sarebbe finita con quello schiaffo.

- Sam? - c’era qualcuno alla porta.

Sentendo quella voce, il malvagio mollò la presa e fuggì uscendo dal balcone che portava al cortile interno. Forse Elly, almeno per il momento, era salva.

Il fattorino aspettò cinque minuti davanti alla porta, poi, visto che non si presentava nessuno, decise di lasciare il pacco sullo zerbino e di continuare il suo giro di consegne.

Sam riprese i sensi con una certa fatica, ma alla fine, riuscì a raccontare l’accaduto. Come Elly sospettava, una persona in difficoltà aveva contratto un debito con persone poco raccomandabili e, quando si era trovata alle strette, aveva chiesto aiuto a Sam. Il problema però si era rivelato troppo grosso anche per lui: le persone coinvolte erano senza scrupoli e non disposte a dialogare.

Quell’aggressione era solo un avvertimento: Sam aveva ancora tre ore per trovare l’intera somma, ma sapeva benissimo che non sarebbe mai stato in grado di farcela, era impossibile. Non poteva neanche scappare, l’avrebbero trovato, ne era sicuro.

Elly non si stupì più di tanto: da quando aveva aperto gli occhi lottava per stare al mondo (come diceva anche la sua canzone preferita) e sarebbe rimasta al fianco di Sam. Lui l’aveva supplicata di andarsene, di mettersi in salvo, ma lei niente. Non si era mossa neanche di un centimetro.

Il tramonto aveva cambiato i colori della stanza e il buio era ormai vicino.

Decisero di mangiare qualcosa insieme e come sempre apparecchiarono la tavola e scaldarono le pietanze che qualcuno di passaggio aveva lasciato in quella casa. Finita la cena, dopo aver riordinato la stanza, Elly si sedette a terra con la schiena poggiata al divano: la testa iniziò a farle male, le si appannò la vista e, nonostante tutta la resistenza possibile, crollò. In pochi minuti era entrata in un sonno profondo, mentre Sam continuava a fissarla con sguardo compiaciuto.

Un brivido attraversò il suo corpo e di colpo Elly si svegliò.

Era nel letto di Sam avvolta in una coperta che le regalava un leggero tepore. Doveva aver dormito per diverse ore perché i primi raggi dell’alba stavano filtrando dalle piccole finestre. In pochi secondi realizzò dove si trovava e appena fu completamente sveglia si alzò di corsa ed andò in cucina. Era tutto in ordine, non c’erano segni di aggressione ma Sam era sparito. Lo chiamò diverse volte, lo cercò ovunque ma niente. Forse aveva deciso di andare in un posto sicuro o forse era uscito a comprare qualcosa da mangiare. Ma non riusciva a convincere neanche se stessa.

Quando i suoi occhi si posarono sul tavolo e si accorse della lettera, il sangue le si ghiacciò nelle vene.

Esitò pochi secondi, poi prese il foglio e lo aprì: era una lettera per lei, da parte di Sam.

“Cara Elly, lo so che in questo momento sei arrabbiata con me, ma credimi è meglio così. Tu sei una persona davvero speciale e oggi me lo hai dimostrato nuovamente: hai fatto molto per me, non avresti potuto fare di più. Per questo ho fatto in modo che tu dormissi mentre loro venivano a prendermi. Sai Elly, dopo tante battaglie ho capito una cosa: i lupi cattivi muoiono solo nelle fiabe e questa è la nostra spietata realtà.

Con affetto. Il tuo Sam.”

Con la testa appoggiata sulle gambe e la lettera tra le mani Elly iniziò a piangere: se n’era andata un’altra persona che amava.

 

Luca Stoppa