Il profumo dei ricordi

 

Nei libri illustrati che si leggono da piccoli, le luci che si intravedono da lontano sono sempre un simbolo di calore. Lo sono le luci avvistate da qualcuno che si è perso lungo un sentiero di montagna, e quelle di una casa piena di rumori e di voci, che risvegliano un’improvvisa nostalgia in un uomo che vaga tutto solo. Naturalmente in molti racconti la storia prende poi una piega imprevista, ma la sensazione che si prova nel vedere una luce è universale. È una sensazione di calore eterno, comune a tutti i paesi del mondo. E una luce può risvegliare dei ricordi profondi, come accadde quella sera ad Olimpia mentre stava camminando lentamente verso casa.

Stava pensando a cosa avrebbe preparato per cena quando improvvisamente la sua attenzione venne attirata da un bagliore tenue che filtrava attraverso i vetri di una finestra. Si fermò e alzò lo sguardo per vedere meglio. La luce veniva dal primo piano di una casa diroccata che Olimpia aveva sempre pensato fosse disabitata.

Fece qualche passo decisa a considerare i suoi impegni più importanti della curiosità, ma poi inaspettatamente la finestra si spalancò violentemente e i vetri andarono in frantumi: così decise che sarebbe andata a vedere.

Il portone di ingresso era socchiuso e quando lo spinse si aprì cigolando. Si ritrovò immersa nel buio ma dopo un attimo di panico frugò nella borsa, tirò fuori il suo cellulare e ne accese la torcia.

Era ai piedi di una scala molto ripida e piuttosto sconnessa.

Senza pensarci un attimo, con il cuore in gola, cominciò a salire i gradini: aveva l’impressione che non si arrivasse mai in cima.

Si fermò un istante a togliersi una ragnatela dai capelli e un grosso topo gli sgusciò tra le gambe facendola trasalire, ma ormai era decisa ad andare avanti ad ogni costo.

Dopo pochi minuti che le sembrarono un’eternità finalmente giunse in cima alla scala. C’era un pianerottolo con tre porte e da sotto una delle tre filtrava la luce. Olimpia accostò l’orecchio ma non si sentiva assolutamente nulla e dopo aver inutilmente bussato provò a spingere la porta che si aprì senza opporre alcuna resistenza.

Il locale era molto ampio e sapeva di umidità e muffa. Al centro della stanza completamente vuota c’era un grosso televisore, uno di quelli di una volta, in bianco e nero poggiato su un mobile di legno con le rotelle. Inspiegabilmente, visto che nella casa la corrente elettrica mancava, era acceso e stava trasmettendo le immagini di un vecchio film amatoriale in super8.

Si vedeva un giardino dove si stava svolgendo una festa di compleanno e quando apparve l’immagine della bambina che soffiava sulle candeline, Olimpia trasalì: quella bambina era lei.

Gli occhi le si riempirono di lacrime, si avvicinò titubante al televisore e quando toccò lo schermo venne risucchiata.

Si ritrovò nella sua cameretta dove da bambina aveva trascorso tante ore felici. C’era con lei Viola, la sua amichetta del cuore, che non vedeva da tantissimi anni.

– Perché hai questa faccia stralunata? – le chiese Viola – sarà forse perché è l’ora di fare merenda?

Dopo un attimo di comprensibile smarrimento Olimpia si scosse e abbozzò un mezzo sorriso.

– In effetti ho un po’ fame – mentì – oggi a scuola non ho mangiato quasi niente.

Sul tavolino che fungeva da scrivania c’erano due bei panini con burro e marmellata che la mamma aveva preparato. Le due ragazzine cominciarono a mangiare anche se Olimpia si sentiva lo stomaco sottosopra.

– Ho un problema grosso! – disse ad un certo punto Viola in tono serio – ho trovato un gattino carinissimo, lo vorrei tenere ma non so come dirlo ai miei genitori.

– Ma dove sta – disse Olimpia – fammelo vedere!

Le due amiche uscirono con la scusa di andare a controllare se i panni stesi nell’essiccatoio erano asciutti: scesero di corsa le scale ed arrivarono nel seminterrato dove in una scatola di cartone miagolava un bellissimo micetto grigio tigrato. Olimpia quando lo vide provò un’emozione fortissima: era Blu, il gattino che aveva nutrito con il biberon e che era diventato, grazie al suo amore, il gattone che le aveva tenuto compagnia per sedici anni.

Si avvicinò per prenderlo in braccio ma non fece in tempo perché venne afferrata da un vortice d’aria proveniente dall’essiccatoio che la trascinò via.

Ora stava nella sua vecchia scuola, nella sua aula di terza media durante una lezione di storia, in cattedra c’era la vicepreside, una donnetta segaligna con lo sguardo severo e un leggero accenno di gobba. Improvvisamente bussarono alla porta: era Pasquale, il bidello, con un ragazzo.

– Professorè, ce pensi lei co questo, io nun so più che fa! – Disse il bidello sconsolato.

Olimpia si sentì sul punto di svenire. Vito, il ragazzo più bello che avesse mai conosciuto! La sua carnagione bruna veniva esaltata dal maglione a collo alto bianchissimo che indossava quel giorno.

Olimpia era stata innamorata di lui per mesi, ma non l’aveva mai notata.

Quando incrociò i suoi occhi scuri e spavaldi, il suo cuore accelerò all’impazzata, l’aula cominciò a girare vorticosamente, le finestre si spalancarono di colpo ed entrò un forte vento che la trascinò via.

Nella stanza, arredata con dei mobili antichi, il grande tappeto consumato dagli anni, ricopriva il pavimento. Si sentiva nell’aria un profumo di biscotti allo zenzero appena sfornati. La nonna seduta in poltrona lavorava a maglia e guardava Olimpia sorridendo.

– Mettiti comoda ragazza mia – disse la nonna – ormai sei grande e voglio dirti una cosa importante, anche perché lo sai, nessuno di noi è eterno!

Olimpia in un primo momento fu molto sorpresa di rivedere sua nonna ma poi si rese conto che quell’incontro era inevitabile: tornando nel passato non avrebbe potuto non incontrare quella persona da lei così amata. Avrebbe voluto dirle mille cose ma si sedette sul tappeto, come era solita fare, senza riuscire ad aprire bocca.

– Ti voglio raccontare una storia – disse la nonna – una storia che mi perseguita da tanto tempo. Molti anni fa un giorno, per motivi che mi sembravano importanti, ho litigato con mia sorella, una lite inaspettata tanto eravamo unite e complici, ma proprio per questo violenta e senza appello. Non ci parlavamo più da tanto, troppo tempo… quando purtroppo lei morì all’improvviso. Il rimorso di questo fatto mi accompagna da quasi vent’anni. Ho molte cose che vorrei dirle ma non posso più farlo. Non mi chiedere perché te ne sto parlando ma stasera mi sembra importante.

Olimpia, impressionata dal racconto della nonna, si alzò in piedi con una gran voglia di abbracciarla ma non ci riuscì perché dopo appena un paio di passi l’odore dei biscotti allo zenzero si fece intenso quasi violento: la stanza cominciò a ruotare ed Olimpia venne rapita lontano.

Si ritrovò in strada, sotto la casa diroccata, dalla finestra del primo piano filtrava sempre quel bagliore tenue che tanto aveva attirato la sua attenzione. Ma questa volta non sarebbe salita, aveva fretta di fare una cosa importante: doveva correre ad abbracciare sua figlia con cui non parlava da tanto, troppo tempo…

 

Dario Amadei - Flavia Adami - Francesca Romana Alessi - Patrizia Crepaldi - Micaela De Caro - Giovanna Longa - Anna Pepe - Emanuela Primavera - Elisabetta Segna - Carla Pelli - Daniela Tamburi

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