Il pugile

Era tutto pronto.

Il piccolo palazzetto situato nella zona periferica della città si stava riempiendo.

Il vociare e le urla rimbombavano come tuoni durante un temporale.

Ed era un temporale di pugni che la gente voleva vedere. Sangue, ferite, nasi rotti e, soprattutto, vincere la propria scommessa. E poi alcol a volontà. Era distribuito da un piccolo bar situato a destra del ring in posizione strategica: una bevuta e un urlo contro o a favore dei contendenti.

La folla era un mix di vecchi pensionati, finti signorotti accompagnati da donnicciole con girocolli di bigiotteria e dal viso segnato da anni di strada. E poi piccoli boss osservati da posizioni più o meno in vista da boss più importanti. I controllori. Ma non quelli di un treno. Ci stava che se tentavi di fottere un controllore, ti potevi ritrovare senza una mano o tutto il braccio.

A bordo ring o a bordo fogna a causa dello schifo sparso per tutto il perimetro, potevi trovare altre anime bruciate dai pugni e dal fumo. Si trattava di vecchi pugili finiti nel girone dei dimenticati da Dio, la cui unica aspirazione era quella di guadagnarsi qualche spicciolo dando consigli ai duellanti. Per alcuni di loro non si capiva come potessero farlo: erano praticamente ciechi. I pugni sul ring e le scazzottate con la vita avevano fatto calare il buio davanti a loro. Era forse il signore dei pugili falliti ad accompagnare le loro urla con l’illusione che chi stava sul quadrato li stesse ad ascoltare. Non è più il loro posto. È umanità virtualmente morta. Ma se fossero usciti da lì sarebbero morti sul serio.

Ci siamo. Dal piccolo tunnel accanto all’ingresso principale, i due pugili si avvicinano al ring.

Il passaggio è molto stretto e molti ne approfittano per rifilare qualche buffetto e qualcuno anche pugni in direzione di colui contro il quale ha scommesso. Sputi e urla completano la cerimonia d’apertura.

Il più quotato dei due si chiama Rick Vassel. Un passato da ottimo pugile che gli ha fatto guadagnare la cintura di campione continentale. Ora il fisico non sembra proprio tirato a lucido. Anzi. È quasi un alcolista. E probabilmente questa sera qualche bicchiere per calmare l’ansia se lo è sicuramente fatto.

L’altro si chiama Elias Benni, un mestierante della box. Un corpo ben protetto da una buona quantità di grasso. Mai un risultato di rilievo e tanti pugni presi. Si dice che tartagli a causa di un danno cerebrale, risultato di un incontro finito in ospedale. Ha un occhio mezzo chiuso e se lo guardi bene non è alla stessa altezza dell’altro. Una specie di mostro, insomma.

Per entrambi, se non fosse per i debiti che hanno con mezza città, gli alimenti alle mogli e i vizi che ormai gli si sono attaccati addosso come l’edera, la boxe l’avrebbero abbandonata da un pezzo. Poi entri in certi giri e quella, comunque, non è più boxe. Ma se vuoi i quattrini , pochi ma subito, ti metti in riga. Anzi, ti pieghi.

I due sfidanti sono al centro del quadrato. Si reggono in piedi a malapena e non si sono dati ancora un pugno. Sembra non ne abbiano neanche la forza. Improvvisamente Benni fa partire un gancio destro che fortunatamente incontra il viso di Vassel. Se lo avesse mancato, sarebbe finito a terra. Dallo sforzo si abbraccia all’avversario e sembra non si vogliano più staccare. Poi Benni spinge Vassel che finisce al tappeto. Irregolare. Ma l’arbitro conta. Incredibile. Vassel sa che deve rimanere a terra. Così è stabilito. Così potrà pagare una parte dei suoi debiti e scolarsi un po’ di birre. Benni gongola all’altro angolo. Manco avesse atterrato (irregolarmente) Tyson. Ma tant’è. Anche a lui spetta qualcosa.

A Vassel in quel momento scorre davanti agli occhi la sua vita. L’adolescenza incasinata e violenta, il carcere a 20 anni, il matrimonio in fumo ma,soprattutto, la corona di campione continentale. Un gran match. Vinto per K.O. alla 5^ ripresa. Era un gran pugile, allora. Avrebbe potuto continuare a vincere, se non fosse stato per i vizi e la poca voglia di allenarsi. Adesso è carponi su un ring di provincia riempito da incompetenti, prostitute e mafiosi. Dov’è finito il campione? Che ne è stato del famoso gancio sinistro? Che vergogna. Sottostare al giogo di 4 ceffi che lo stanno guardando a bordo ring e con gli occhi  gli intimano di non alzarsi. L’arbitro continua il conteggio. Non è al rovescio. Ma sembra così per Vassel. Da 10 a 0 . Zero come la vita che sta facendo. Zero come le cose concluse negli ultimi anni. Zero come i soldi che non prenderà se si alza da li. E allora ci prova. Ha un moto d’orgoglio. Non vuole finire così. Un ultima volta e poi basta. Ma sa cosa gli aspetta. Se gli va bene si ritroverà senza una mano. Nel peggiore dei casi sarà 3 metri sotto terra. Non importa. Si alza e saltella. Sente la folla che urla il suo nome. Non questa folla ma quella di quand’era qualcuno. Benni sembra impaurito e sorpreso. Vassel gli si scaglia contro e lo colpisce una due, tre volte e poi il famoso gancio sinistro. Benni va al tappeto e ci rimane. Vassel alza le braccia. Il pubblico urla il suo nome. Questo e quel pubblico. Anche quelli che hanno scommesso contro. Hanno rivisto un vecchio campione. Per l’ultima volta. Vassel nota che i ceffi non ci sono più. Sa dove lo aspettano. Ma lui, forse per la seconda volta nella sua vita, è felice. La gente continua a scandire il suo nome e lui non se ne vuole andare. Ma deve andare. Questa cosa deve finire. Lo sa.

Due giorni dopo lo ritrovano morto ammazzato nel suo monolocale.

C’è un bigliettino attaccato alla camicia che dice: hai scelto il giorno e le persone sbagliate per fare l’eroe. Addio campione.

Gabriele Marcon