Il segreto della pioggia

Tutto ebbe inizio in quel momento. (…) Si trattò di un’esperienza odiosa e insopportabile che proprio non avrebbe voluto vivere, ma anche di un punto di partenza fondamentale.

Di un vero e proprio mistero della vita. (Delfini, Banana Yoshimoto)

Sofia quella mattina uscì di casa molto tardi. Come al solito aveva preparato una lista dettagliata delle cose da fare, ma la lasciò sul tavolo della cucina: aveva deciso che quel giorno la sua vita sarebbe cambiata.

Pioveva forte e non aveva l’ombrello. Quando arrivò alla fermata era già completamente fradicia e fece appena in tempo a vedere le porte dell’autobus chiudersi di scatto.

Indirizzò all’autista insulti irripetibili e per un attimo fu tentata di colpire con una sassata il parabrezza, ma poi il buon senso, o forse lo sconforto prevalsero e si predispose ad aspettare l’autobus successivo.

Già immaginava ciò che le avrebbe detto quella carogna del capo e lacrime di rabbia rigarono il suo volto mescolandosi alla pioggia.

Dopo una lunga attesa si ritrovò schiacciata fra i corpi bagnati e maleodoranti degli altri passeggeri che come lei si stavano trascinando in qualche modo al lavoro.

Al termine di un viaggio allucinante venne catapultata quasi per inerzia proprio davanti al cancello della scuola in cui lavorava.

Sotto la pioggia l’edificio aveva un aspetto lugubre ed ebbe l’impressione di trovarsi all’ingresso di un castello maledetto. Fu tentata di fuggire, ma poi le voci dei ragazzi, che come al solito la salutarono in maniera affettuosa, le dettero la forza anche quel giorno di varcare la soglia.

Ma si pentì immediatamente di essere entrata, perché dovette affrontare l’espressione arcigna del suo capo.

- È in terribile ritardo signora Sofia – le disse picchiettando nervosamente l’orologio da polso – vada subito a svuotare il magazzino, deve essere tutto a posto entro la fine della mattinata. Si spicci che è urgente!

Sofia avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma fu costretta ad ingoiare l’ennesimo boccone amaro, quello era il suo lavoro e doveva ubbidire senza fiatare. Così si avviò verso il magazzino pensando che quella mattina la sua vita non sembrava davvero sul punto di cambiare.

Il magazzino era in fondo ad un corridoio molto buio: la pioggia stava aumentando di intensità e martellava insistentemente sui vetri dell’unica finestra. Spesso, da piccola, Sofia usciva sotto il temporale e si abbandonava all’acqua che scrosciava: non le importava di bagnarsi, si sentiva libera e le sembrava che la pioggia purificasse la sua anima.

Spinse la porta del magazzino e si ritrovò in un locale buio e polveroso ingombro di computer inutilizzati da anni.

In un primo momento si sentì soffocare, quell’ambiente le metteva addosso un senso di angoscia. Ma fu solo un attimo perché si fece coraggio e cominciò a lavorare: voleva far presto, non voleva rimanere lì troppo a lungo.

Abbracciò a fatica il grosso monitor di un vecchio computer e lo trasportò fuori dal magazzino.

Quando arrivò in corridoio improvvisamente si sentì priva di forze e il monitor cadde sul pavimento frantumandosi.

In preda ad una rabbia sorda cominciò a raccogliere i pezzi, ma la sua attenzione venne attirata da uno strano oggetto.

Lo raccolse per osservarlo meglio: era un cristallo purissimo a forma di prisma ottagonale, non più grande di una mela.

Quando lo sollevò verso la luce, Sofia provò una sensazione stranissima: la pioggia insistente che continuava a cadere le martellava il cervello sempre più forte, finché ad un certo punto le sembrò di essere sul punto di svenire. Quell’oggetto misterioso aveva un grande potere, era come se stesse tentando di leggere all’interno della sua anima.

La luce riflessa dal cristallo divenne sempre più intensa, accecante. Sofia aveva l’impressione che una lama d’acciaio le stesse attraversando il cervello provocandole un dolore insopportabile. Lanciò un urlo fortissimo e cadde a terra svenuta.

Riaprendo gli occhi, si ritrovò immersa nel rosso intenso di un campo di papaveri: respirò profondamente e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì libera e leggera come una piuma.

Si alzò di scatto con un’energia che non pensava di poter avere.

Si guardò le mani, i piedi, si toccò il volto, i capelli e rimase senza fiato per lo stupore. Non riusciva a credere a quello che le stava accadendo: era tornata bambina!

- Sofia, Sofia, dai vieni, vieni a giocare con me!

Si voltò e vide la cuginetta Vittoria, sua coetanea, che le correva incontro. La guardò bene: in quel momento sicuramente non aveva più di otto, nove anni. Ma come era possibile tutto ciò?

Sofia si fermò a riflettere solo per un attimo e poi, con la spensieratezza tipica dei bambini, prese per mano la cuginetta e corse via insieme a lei ridendo.

Attraversarono un campo di grano maturo e un chicco scivolò sul naso di Sofia che alzò gli occhi al cielo e vide delle grosse nuvole nere molto minacciose. Infatti dopo un po’ iniziò a piovere.

Sofia si abbandonò completamente alla meravigliosa emozione che l’abbraccio dell’acqua suscitava in lei da sempre. Si tolse le scarpe e a piedi nudi cominciò a saltellare nelle pozzanghere: quel ciaf ciaf era una musica dolcissima per le sue orecchie.

Vittoria invece era infastidita, quasi spaventata da quella pioggia e dopo un po’ sentendosi perduta iniziò a piangere disperatamente.

- Ma dove eravate? Vi stavo cercando! – la mamma di Sofia sembrò materializzarsi dal nulla e premurosamente avvolse Vittoria con il suo scialle.

- Vieni via con me piccolina e non andare sempre appresso a tua cugina, quella è una povera pazza!

Sofia come paralizzato rimase sotto l’acqua a guardare sua madre che si allontanava abbracciando Vittoria.

Sentiva un peso sul cuore, quel peso che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita.

La pioggia aumentò d’intensità e ad un certo punto Sofia ebbe l’impressione che gli eventi fondamentali della sua vita passata, presente e futura scorressero davanti ai suoi occhi come in un film.

Rivisse la grande gioia provata il giorno in cui sua madre le fece trovare nella cesta Paco, il cagnolino che da sempre aveva desiderato. E quella gigantesca torta di compleanno: quanto si era commossa spegnendo le candeline e abbracciando la mamma!

Momenti belli si alternarono a momenti brutti, sempre più velocemente finché divennero un vortice che trascinò Sofia nel buio.

Il campo, Vittoria, la mamma, tutto era scomparso, era rimasta solo la pioggia che continuava a martellare incessante.

Sofia si risvegliò nel corridoio della scuola. Attorno a lei alcuni ragazzi la guardavano premurosi.

- Ti senti meglio? – le chiese uno di loro un po’ ansioso.

Ma in realtà Sofia non si era mai sentita così bene in vita sua. Qualcosa di indescrivibile le scaldava il cuore e le regalava una forza immensa.

La sua era una storia come tante, ma come tutte unica.

Sofia si guardò le mani e per un attimo le sembrò di stringere dei fogli su cui c’erano scritte le domande e le risposte che aveva cercato per tutta la vita.

Guardò fuori dalla finestra: la pioggia era finalmente cessata e tra le nuvole si stava facendo strada un sole radioso.

Quel peso che l’aveva accompagnata fino ad allora rimase chiuso per sempre nel magazzino dei computer.

 

(Dario Amadei - Rossana Bonadonna - Noris Cancellieri - Lucia Izzo)

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