In compagnia di un ricordo

Nei libri illustrati che si leggono da piccoli, le luci che si intravedono da lontano sono sempre un simbolo di calore. Lo sono le luci avvistate da qualcuno che si è perso lungo un sentiero di montagna, e quelle di una casa piena di rumori e di voci, che risvegliano un’improvvisa nostalgia in un uomo che vaga tutto solo. Naturalmente in molti racconti la storia prende poi una piega imprevista, ma la sensazione che si prova nel vedere una luce è universale. È una sensazione di calore eterno, comune a tutti i paesi del mondo. E una luce può risvegliare dei ricordi profondi, come accadde quella sera a Livia mentre stava camminando lentamente verso casa.

Guardando in alto vide la finestra della villa tutta illuminata e subito la sua fantasia volò lontano. Era sempre stata affascinata dalle luci accese dentro le case. Spesso si divertiva ad inventare la situazione che si svolgeva all’interno: un bambino intento a fare i compiti, una mamma in cucina che prepara i biscotti o semplicemente un nonno con un gatto acciambellato sulle ginocchia davanti al camino acceso. Erano immagini di calore familiare che la facevano stare meglio e le  riscaldavano il cuore. Si rammentò anche di quando da piccola con sua nonna andava a comprare i regali di Natale e rientrando a casa si divertivano a commentare le luminarie. E mentre il ricordo riaffiorava, si rese conto di quanto le mancava sua nonna, il suo affetto, le sue carezze e il suo interesse costante. Ad un tratto sentì una carezza gelida che le sfiorava il collo e si sciolse subito i lunghi capelli ricci e rossi. In ufficio la prendevano sempre in giro perché nei momenti più frenetici della giornata, quando tutto le dava fastidio, prendeva una penna e l’attorcigliava alla sua folta chioma creando pettinature bizzarre.

- Hai un futuro come stilista del capello – le dicevano canzonandola le sue colleghe.

Quella sera era uscita con la creazione del giorno ancora in testa, dimenticandosi di togliere la penna che le serviva da fermaglio. Si pentì anche dei vestiti che aveva indossato la mattina: un bel giaccone lungo, al posto del giubbotto striminzito che aveva scelto, l’avrebbe sicuramente riparata di più dal freddo pungente di quella serata. Negli ultimi tempi però si svegliava sempre in ritardo, aveva un sonno perenne e doveva vestirsi in fretta e furia per arrivare puntuale in ufficio.

Decise di fermarsi all’edicola per comprare una rivista, che le sarebbe servita per rilassarsi prima di andare a letto.

Quando entrò nel negozio pensò che non aveva voglia di letture impegnate e si mise a cercare una rivista di moda: era stata una giornata faticosa ed aveva esaurito le energie. Guardando le fotografie  provava un po’d’invidia per le modelle magrissime e con la pelle che sembrava di seta. Lei doveva fare dei sacrifici non indifferenti per mantenere la sua taglia 42/44 e la sua pelle era ben lungi dall’essere perfetta.

Si soffermò sulle riviste di arredamento che ultimamente la incuriosivano

- Chissà quando riuscirò ad avere una casa tutta mia? – pensava sfogliandole

Una bambina con un cappottino rosso che avrà avuto otto anni le si avvicinò.

- Scusi signora – le disse – mi puoi dare un consiglio? La mia mamma mi ha dato dieci euro perché sono stata brava ed e io volevo comprare un libro. Secondo te quale è il più interessante?

Le mostrò una edizione economica di “Piccole Donne” e una raccolta di fumetti.

Livia prese in mano i due volumi

- Io sceglierei “Piccolo Donne” – le rispose – racconta una storia molto bella, anche se forse è un po’ difficile per la tua età. Se mi mostri dove sono i libri per bambini ti aiuto a cercare qualcosa di più adatto.

La bambina, felice di aver trovato una nuova amica, l’accompagnò nell’angolo dedicato ai ragazzi.

C’era un’ampia scelta e Livia si divertiva a prendere in mano i vari volumi e li commentava con la piccola sconosciuta che sembrava molto interessata.

- Vedo che ti piacciono molto i libri, brava! – le disse – Anche a me da piccola piaceva molto leggere.

Mentre curiosava prese in mano un libro di fiabe e le venne subito in mente sua nonna, che prima di andare a dormire gliene leggeva sempre una. Dopo aver tergiversato ancora un po’, la bambina  decise di comprare “Piccole Donne” e Livia acquistò il libro di fiabe.

- Forse – penso tra sé – stasera ho voglia di stare un po’ in compagnia della mia infanzia

Salutò la piccola e s’avvio verso casa.

Arrivata, guardò che cosa c’era nel frigorifero: sapeva di dover mangiare leggero, altrimenti avrebbe passato la notte senza chiudere occhio e la mattina si sarebbe svegliata con la  nausea. Prese degli spinaci lessi, li feci saltare in padella e dopo aver apparecchiato si mise a tavola. Finita la cena decise di sdraiarsi sul divano con il suo nuovo acquisto. Quando aprì il libro, le sembrò di fare un tuffo nel passato: le illustrazioni le facevano rivivere la sua infanzia. Dalle pagine, le sorridevano bellissime principesse dai lunghi capelli biondi e paesaggi con una verdeggiante vegetazione facevano da sfondo alla scena. Il libro raccoglieva tutte le fiabe classiche: Cenerentola, Cappuccetto Rosso e anche la sua preferita, La piccola fiammiferaia. Tutte le volte che ascoltava quella storia, si commuoveva fino alle lacrime, stavolta invece un sorriso le affiorò sulle labbra e il ricordo della nonna divenne talmente nitido da farla tornare indietro nel tempo. Si rivide rannicchiata sulle ginocchia dell’anziana signora, che leggeva.

- Nonna – le chiedeva sempre interrompendola – come mai ti piacciono tanto le favole? Sognavi forse di diventare una scrittrice?

- No, piccolina – le rispondeva la nonna sorridendo – mi piace leggertele, perché sono un allenamento per le tue emozioni.

- Ma nonna! – ribadiva Livia – Come fa Cappuccetto Rosso ad insegnarmi a prendere l’autobus o a risolvere un problema di matematica?

- Ogni favola presenta una situazione da risolvere – le rispondeva con dolcezza – il protagonista con la sua intelligenza e con i suoi sentimenti trova sempre una soluzione e tutto finisce bene. Anche la tua vita sarà costellata di difficoltà e come l’eroe di una favola riuscirai a trovare il modo giusto per superarle, anche se io non sarò più con te per aiutarti.

La voce della nonna svanì e prese il sopravvento il ricordo di quella triste notte. Livia stava dormendo e fu svegliata dallo squillo del telefono.

- Pronto! – rispose il padre adirato.

Un attimo dopo lo sentì sussurrare qualcosa alla mamma che scoppiò in un pianto dirotto.

- Non è possibile, poche ore fa stava bene – ripeteva tra le lacrime – l’ho sentita per telefono e domani pomeriggio doveva prendere Livia a scuola e portarla a casa sua.

Dopo un po’ mio padre venne in camera, s’accorse che ero sveglia e mi abbracciò.

- Io e la mamma dobbiamo uscire – mi disse – Natalina, la nostra vicina di casa, ti farà compagnia per stanotte: tu stai tranquilla e rimettiti a dormire.

- Ma babbo – gli risposi – se devi uscire con la mamma chiamate la nonna

- Stasera nonna non può venire a trovarti – sussurrò piano. Mi diede un bacio e uscì dalla stanza.

Il  giorno successivo non andai a scuola e la vicina mi portò a casa sua. Fu molto gentile, a colazione mi preparò una cioccolata calda e per pranzo le lasagne al forno, il mio piatto preferito. Le uniche note stonate della situazione erano quella telefonata notturna e il non vedere la nonna, altrimenti avrei potuto dire di sentirmi felice. Nel pomeriggio ritornarono i miei genitori. Mia madre era diversa dal solito, non aveva le scarpe con i tacchi che portava in ufficio ed era pallidissima. Appena mi vide m’abbracciò.

- Stasera vado da nonna? – le chiesi subito – Me l’avevate promesso!

- Nonna stasera non può venire a prenderti – mi rispose come aveva fatto mio padre la notte precedente

Poi senza altre spiegazioni mi salutò e se ne andò con lui. Mi lasciarono da Natalina ancora un giorno e poi mi riportarono a casa. La sera durante la cena c’era un gran silenzio e mentre mia madre sparecchiava mio padre mi prese sulle ginocchia.

- Mi dispiace tanto topolino – mi disse – ma la tua nonna non è più con noi, è andata in cielo.

Io non capii subito cosa significava e pensai alla Piccola Fiammiferaia: anche la sua nonna era in cielo, ma accendendo un cerino lei riusciva a vederla ed a parlarci quando voleva.

Livia ricordò la sensazione di abbandono che l’aveva accompagnata nei giorni successivi e il vuoto che provava quando a prenderla a scuola c’era la tata. Le sembrava di aver subito una grave ingiustizia e non sapeva perché. La mattina non aveva voglia di alzarsi, per lei le giornate erano scialbe ed era completamente priva di stimoli.

- Lo so che sei triste per tua nonna – le disse durante una festa di compleanno la mamma di una sua amichetta – ma, devi reagire, perché ora lei è sempre con te, è diventata la tua guardiana.

Fu come se le avessero data una pozione magica: il pensiero di avere sempre la nonna vicino, la risvegliò dal suo torpore e lentamente il dolore divenne ricordo.

Quanto tempo era passato? Ora aveva 23 anni.

- Chissà se alla nonna piacerebbe la persona che sono diventata? – si chiedeva spesso

Fu attraversata da un brivido freddo: ripose il libro magico che l’aveva riportata indietro nel tempo e si avvolse completamente nella coperta di lana. La frenesia della vita che la travolgeva ogni giorno, il lavoro, le amiche, il fidanzato, non le lasciavano il tempo nemmeno di ricordare.

- Strano –  pensò tra sé – stasera non sono crollata in letargo come mi accade spesso ultimamente.

Inoltre uno strano malessere le faceva compagnia negli ultimi tempi: una nausea mattutina, una stanchezza costante ed il disgusto per l’aroma del caffè che aveva da sempre adorato.

Aveva parlato del suo problema con una collega, che era anche una grande amica e che le aveva consigliato di fare un test di gravidanza. Fino a quel momento aveva rimandato con la consapevolezza di sapere la risposta.

- Domani passerò in farmacia. – si disse – Chissà se il ricordo del passato mi aiuterà ad affrontare il futuro.

La mattina successiva si alzò presto e uscì ancora un po’ assonnata, ma l’aria fredda la risvegliò completamente. La città, avvolta in una nebbia sottile, le sembrava surreale e rispecchiava il suo stato d’animo un po’ confuso e precario. Girovagò a  lungo senza meta: camminare l’aiutava a rilassarsi e a pensare. Era in cerca di una farmacia, non poteva fermarsi a quella del suo quartiere, perché la farmacista, vecchia amica di famiglia, l’avrebbe tartassata di domande.

Si sorprese a guardare la vetrina di un negozio che vendeva abiti pre-maman e per neonati: quasi senza rendersene conto entrò ed acquistò un paio di pantaloni.

Rientrata a casa, dopo una lunga passeggiata nel parco, fece finalmente il test che risultò positivo: la sua sensazione era diventata una certezza.

Un leggero capogiro la costrinse a sedersi.

- Sarò in grado di fare la mamma? – era il pensiero che governava la sua mente

Ripeté più volte la domanda ad alta voce, con lo sguardo fisso verso il suo ventre: era la prima volta che parlava alla sua creatura.

- Sicuramente piccola – disse – sarò una mamma impicciona: non per niente la nostra storia è iniziata con una domanda. Ma ora dobbiamo farci coraggio ed informare il mondo del nostro piccolo segreto.

Mentre rifletteva su come affrontare il suo ragazzo e i suoi genitori, la sensazione di incertezza scomparve lasciando il posto alla consapevolezza che la sua vita sarebbe cambiata e si sentì improvvisamente pronta ad affrontare quella nuova bellissima esperienza.

Così prese il telefono e chiamò il suo fidanzato: si misero d’accordo per trovarsi nel pomeriggio a casa sua.

 

Stefania Bicci