L'armonica

Sono seduta su una panchina all’ombra di un albero amico all’inizio di una giornata di luglio che si preannuncia torrida. Ma per il momento una brezza leggera accarezza tutto ciò che incontra dando un senso di pace che sembra nulla possa violare. Il mio cane, il mio punto fermo, passeggia tranquillo evitando accuratamente di sconfinare dall’ombra ventilata. Il sole troppo caldo dà fastidio anche a lui. Anche lui, come me, non è più tanto giovane: stiamo invecchiando insieme. Io e il mio cane. Un uccellino fa sentire il suo richiamo al di sopra dei rumori ovattati della mattina. Tra poco le cicale daranno voce all’estate piena. La situazione ideale perché riaffiorino i ricordi. Sei decine di volte ho attraversato il mese di luglio: in quanti modi diversi, in quante situazioni diverse, con quante persone diverse. E ora, con Boris che mi fa compagnia – ancora per quanto? - cerco di dare un senso ad una vita attraversata e non capìta ancora in attesa che accada …cosa? Un profondo senso di solitudine mi opprime. Trovo conforto in un piccolo quaderno a quadretti che porto sempre con me; insieme ad una matita accoglie i miei pensieri più reconditi. La parola scritta può aiutare più della parola espressa a voce.

 

Persa nei miei pensieri, vedo avvicinarsi una figura che sento, non so perché, amica. Grande cappello in testa, limpidi occhi chiari e una bella barba ben curata ormai quasi completamente bianca che incornicia un luminoso sorriso. Denti bianchissimi, perfetti e lunghi capelli, anch’essi candidi.

 

“Buongiorno” mi dice il signore misterioso. “Buongiorno” rispondo io un po’ intimidita e un po’ incuriosita.

 

Accanto a lui, maestoso, cammina un magnifico lupo alsaziano. Boris lo guarda con timore subito fugato dalla cordialità del cagnone che si rivela ben presto allegro e tranquillo. L’uomo misterioso mi tende la mano: “Piacere. Mi chiamo Wolfgang”. “Piacere” rispondo titubante pronunciando il mio nome. Si siede vicino a me sulla panchina , mentre i cani passeggiano tranquilli. “La mia mamma era appassionata di Mozart.” Poi, notando il mio sguardo interrogativo, aggiunge:”Ecco il perché del mio nome”. Non posso fare a meno di sentire la leggera fragranza del suo profumo. Aspiro profondamente pentendomene subito nel timore che possa accorgersene. Ma lui estrae dalla tasca della giacca un’armonica ed inizia a suonare portandola alla bocca con gesti lenti ed eleganti. Non so che musica sia, so solo che quelle note mi rapiscono e mi sembra di fluttuare nell’aria mattutina, cullata da quella musica e avvolta in quel profumo. Mi lascio andare al senso di beatitudine di questo momento magico.

 

                                                           o o o

 

La sera, a cena, con la musica dell’armonica ancora nelle orecchie e la sensazione avvolgente della fragranza sensuale, cerco di dare un senso alla mia vita.