La battaglia di Klaus

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano le 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l'alba della sua città sapeva creare.

Aveva il pelo ancora arruffato e pieno di odore di terra e vento dovuto alla passeggiata della sera prima sotto la pioggia. Amava camminare a fianco a Manuel, con il passo scattante quasi quanto il suo, annusando il territorio accanto alla tana, perlustrando ogni angolo per proteggere il suo padrone e scovare qualche preda. La pioggia non lo infastidiva, anzi dava un tono di lucido al suo pelo che attirava le cagnette dei dintorni. 

Sapeva che a quell'ora del mattino Manuel non gradiva la presenza di ossi o giocattoli nel suo letto e non aveva alcuna intenzione di condividere il materasso, quindi, rassegnato, fece un sospiro e iniziò ad acciambellarsi più comodamente nella sua cuccia. 

Ma nello stesso istante in cui aveva sistemato il bozzetto perfetto del cuscino sotto la sua zampa sinistra, un rumore improvviso gli fece drizzare le belle orecchie da lupo. Un clic familiare e poi lo sbattere della porta. Immediatamente si mise in posizione di allerta, a casa loro  non erano ammessi intrusi e con passo felpato e un ringhio leggero tra i denti si avvicinò alla porta della stanza che gli rimbalzò sul muso.

- Cai, cai, cai! – guaì e se il suo urlo di dolore fosse stato tradotto in linguaggio umano avrebbe prodotto una serie di bip.

In quello stesso istante un paio di tacchi a spillo si fecero largo sopra il suo onore di segugio.

- Buono Klaus, sono arrivata per prendermi cura di voi!

La  voce acuta e tutt’altro che amorevole di Diana echeggiò per la stanza.

- Forza Manuel alzati! Non puoi stare un giorno di più in questo porcile! Sono venuta, come promesso, per sistemare  il caos in cui vivete!

Ma come si permetteva quella donna di definire caos la loro bellissima tana, coi suoi odorini pungenti e gli angoletti polverosi in cui nascondeva tutte le sue cose più care?

Che la guerra avesse inizio.

Con l’agitazione nel cuore e la lingua affannata, iniziò a seguire Diana, tendendosi sempre a debita distanza per non attirare troppo l’attenzione. Per difendere il suo territorio avrebbe utilizzato tattiche da guerriglia!

Ogni volta che lei ammucchiava qualcosa nel cesto dei rifiuti, Klaus era veloce e invisibile nel riprenderlo e nasconderlo in un posto nuovo e più sicuro.

- Ma cosa ci fai con tutti questi rotoli vuoti di carta igienica? Mi sembra che si riproducano da soli!

Iniziava ad esasperarsi.

- Ah, merda!!! Il sacco dell'immondizia si è bucato di nuovo!

I toni si alzavano, mentre lui se la rideva masticando la plastica nera del sacchetto.

- Ma non è possibile hai buttato le bucce di patate sotto il letto?!?

Proprio quando ormai sentiva che la vittoria era vicina, il tradimento giunse inaspettato.

- Amore, sarà stato Klaus. Ora lo chiudo in terrazzo, così possiamo sistemare con calma.

Traditore! Cosa non si fa per una femmina! Con le orecchie basse e la coda tra le gambe si lasciò trascinare in terrazza, non senza dimenarsi e ringhiare parole irripetibili. Ma non era da Klaus arrendersi e appena fuori si diede da fare con l'urina in segno di disprezzo e iniziò a pianificare il contrattacco. Furtivo, fece il giro del terrazzo fino alla porta finestra difettosa del bagno.

Doveva giocarsi il tutto per tutto e decise di colpire duro. Con la zampa fece scattare la maniglia della porta finestra e poi infilò lentamente il muso nella fessura, annusando l'aria per appurare che Diana non fosse nel perimetro. Gli unici odori provenivano dallo scarico, quindi si fece avanti con passo felpato e mise in atto il suo piano.

Punto uno: sigillare la vasca, il lavandino e il bidet con quei tappi ferrosi che ogni tanto aveva leccato.

Punto due: alzare le leve dei rubinetti.

Punto tre: tornare sul terrazzo fingendosi l'innocenza personificata, sempre nel massimo silenzio.

Per i primi due punti se la cavò egregiamente, i sanitari non avevano segreti per lui (anche se continuava a non capire perché Manuel lo picchiasse quando beveva l'acqua del water). La parte più impegnativa era riuscire a tornare in terrazzo richiudendosi la porta dietro la coda. Anche il commissario Rex sarebbe stato fiero di lui per l'agilità con cui, una volta uscito, si alzò in equilibrio sulle zampe posteriori e, afferrata coi denti la maniglia, iniziò a indietreggiare fino a che la porta non tornò chiusa. Aveva fatto tutto ciò che poteva, ora non gli restava che sperare che il suo colpo fosse scoperto il più tardi possibile. Nell'attesa di nuovi sviluppi si acciambellò al sole per schiacciare un meritato pisolino.

Doveva essere passata circa un'oretta e stava piacevolmente sognando di mordere Mino, il siamese del dirimpettaio, quando una sensazione di umido lo colpì.

L'acqua aveva raggiunto il suo lato del terrazzo e stava scrosciando a fiumi verso i piani inferiori. Ma quei due là dentro cosa combinavano? Doveva sempre pensare a tutto lui?

Iniziò a picchiare contro il vetro abbaiando fino a che Manuel, mezzo svestito e palesemente infastidito, si affacciò a vedere cosa avesse.

- Insomma Klaus, ora bas... cazzo!!! Diana corri, si sta allagando tutto!!!   

I piccioncini mollarono il nido ed ebbe inizio una rincorsa a folle velocità per evitare che l'acqua invadesse tutta la casa e tutto il palazzo.

Un paio d'ore dopo, arginata la crisi, Klaus vide i frutti del suo duro lavoro. Diana tornò a casa, troppo stanca per proseguire nelle pulizie e Manuel lo premiò con un osso speciale per averli avvertiti dell'allagamento appena in tempo. Aveva vinto una battaglia, ma la guerra era ancora lunga. Sapeva però che non avrebbe potuto combattere contro Diana per sempre, doveva imparare ad accettare che le cose cambiano. Anche gli equilibri migliori possono venir meno e alla fin fine nulla dura in eterno. Presto o tardi avrebbe dovuto fare spazio nella sua vita per Diana, che lo grattava sempre sotto il mento e gli portava i suoi bocconcini preferiti. Avrebbe accettato la sua dieta a base di croccantini e le sue rimostranze verso le leccatine prolungate. Smettere di mangiarle le scarpe sarebbe stato un problema e si domandava se ci fosse un'associazione anonima per aiutarlo a perdere il vizio. Insomma, nonostante la lotta fosse onorevole, sapeva di doversi presto rassegnare. Ma non ora. Quel giorno prese i resti del suo meraviglioso osso, si avviò scodinzolando verso il divano, pronto alla nuova impresa di scavare un bel buco per riporlo al sicuro.

 

Maria Cristina Buffa