La forza dei sogni

Nei libri illustrati che si leggono da piccoli, le luci che si intravedono da lontano sono sempre un simbolo di calore. Lo sono le luci avvistate da qualcuno che si é perso lungo un sentiero di montagna, e quelle di una casa piena di rumori e di voci, che risvegliano un'improvvisa nostalgia in un uomo che vaga tutto solo. Naturalmente in molti racconti la storia prende poi una piega imprevista, ma la sensazione che si prova nel vedere una luce è universale. E' una sensazione di calore eterno, comune a tutti i paesi del mondo. E una luce può risvegliare dei ricordi profondi, come accadde quella sera a Livia mentre stava camminando lentamente verso casa.

Il chiarore improvviso del lampione, offuscato dalla pioggerellina di marzo, la indusse a fermarsi a riflettere. Livia, ventotto anni, capelli castani eternamente raccolti sulla nuca, lineamenti delicati, abbigliamento impeccabile estremamente classico, fissava quel bagliore imprevisto che come in un lampo fece affiorare nella sua mente le fiabe che era solita raccontarle nonna Ines.

La luce rievocava l'attesa del finale tanto sospirato in cui i buoni avevano la meglio e ogni elemento rientrava, come per incanto, nell'ordine prestabilito.

Alle sue domande cariche di ansia su come sarebbe andata a finire, la nonna rispondeva rassicurandola.

- Sono solo racconti di pura fantasia. Nella realtà, ai bambini obbedienti che seguono con diligenza le indicazioni dei genitori, non può succedere nulla di male.

E Livia si portava nel cuore da sempre questo senso di obbedienza, l'obbligo di essere fedele a dei modelli che forse non erano completamente suoi.

La sua vita era un esempio di buona condotta: prima a scuola, poi all'università dove aveva conseguito la laurea a pieni voti, anche se l'economia non era proprio la sua passione.

Ed ora un lavoro sicuro in un noto studio professionale, con ottime prospettive di crescita.

Anche la sua vita sentimentale era in linea con il suo curriculum da brava ragazza: fidanzata da sempre con il figlio di amici di famiglia, il classico buon partito con cui la mamma la spingeva a sistemarsi definitivamente.

- Dopo dieci anni che ci si frequenta, è l'ora di metter su famiglia - insinuava con voce petulante, proiettandosi già nella veste di suocera di un genero estremamente facoltoso.

E cosi una parola oggi e una domani, i due giovani avevano iniziato a cercar casa e a pensare alla data delle nozze.

- Maggio é il mese delle spose, il tempo è mite e potremmo fare una splendida festa all'aperto - aveva sentenziato la signora facendo intendere che non si trattava di una semplice proposta.

E anche questa volta Livia si era piegata ai desideri della genitrice.

- Dopo tutto la primavera è la stagione ideale per sposarsi.

Così , quasi senza rendersene conto, si era trovata coinvolta nei progetti mondani della madre.

- Ti invidieranno da morire! – le aveva detto – Il tuo abito sarà favoloso e non é da tutti trovare un marito così bello e importante!

Livia, abbandonando per un attimo questi pensieri, attraversò di fretta la strada ed entrò nei giardini pubblici di Porta Venezia. Il suo sguardo cadde su due strani alberelli.

- Che buffi – pensò tra sé e sé – sembrano andare a braccetto!

E facendo spallucce, tirò avanti.

Un rumore secco la costrinse a girarsi di scatto. Gli strani alberelli che aveva rimirato poco prima, si erano staccati da terra ed ora ondeggiavano a mezz'aria come fantasmi in balia del vento.

Livia vide, con suo grande stupore, che al posto delle lunghe radici nodose, erano spuntate delle scarpe di legno appuntite. Con queste nuove calzature, le due pianticelle atterrarono di nuovo sull'erba umida. Subito dopo allungarono in avanti i loro rami carichi di foglie, quasi fossero braccia umane. Si avvicinarono l'uno all'altro ed iniziarono a danzare compiendo ampie giravolte come se stessero ascoltando le romantiche note di un valzer viennese.

- Cos'ho mangiato questa mattina a colazione? – si chiese Livia interamente ricoperta da un sudore gelato – Ho le allucinazioni!

Improvvisamente una nebbia fitta avvolse i due alberi, quasi fosse stata una mattina di pieno inverno, celandoli completamente alla vista della ragazza.

Presto la nebbia iniziò a diradarsi e al posto dei due vegetali apparvero due esseri umani, anche se di umano avevano ben poco.

Livia constatò che erano gli individui più stravaganti che avesse mai incontrato: l'abbigliamento era coloratissimo e l'accostamento di tinte così violente avrebbe fatto inorridire qualunque persona dotata di un minimo senso estetico. Ma la cosa più inconsueta che colpì la ragazza, lasciandola pietrificata come una statua, erano i loro volti. Quei due visi scuri, da abitanti del Sud del Mondo, sprigionavano una luce potente a cui non era possibile sfuggire. La giovane si sentì invasa da uno strano calore, simile a quello che era solita percepire quando la nonna, con le sue fiabe magiche, la trasportava in un mondo incantato.

Era un po’ confusa per l'effetto del loro intenso magnetismo, ma si fece coraggio.

- Chi siete? – domandò con voce tremante, fissandoli negli occhi

I due bizzarri personaggi sorrisero.

- Siamo i tuoi sogni – risposero in coro.

- I miei sogni?! Ma sono sveglia da un pezzo! – rispose Livia indietreggiando di qualche passo

- Non ci interessi solo quando dormi. Noi ti accompagneremo nella tua vita di tutti i giorni, quando sarai ben sveglia. Saremo la musica di sottofondo che ispirerà ogni tua azione

- Uffa, non ho tempo di ascoltarvi, me ne vado in studio – farfugliò la ragazza abbassando lo sguardo

- E noi ti accompagneremo – cantilenarono assieme i due personaggi

- Non é possibile, non posso andare in giro con due tipi come voi! – urlò Livia spaventata

- Niente paura, noi siamo i TUOI sogni e solo tu ci potrai vedere.

Anche se perplessa, Livia s'incamminò diretta verso il centro di Milano, seguita dalla pittoresca comitiva.

A Livia non era mai piaciuto fare i bilanci, però mai, come quel mattino, le era risultato così insopportabile. Forse era lo sguardo fisso su di lei dei suoi nuovi amici, che la rendeva tanto irrequieta. Questo stato d'animo non sfuggì al principale.

- Cos'hai Livia, problemi amorosi? – le chiese con una punta d'ironia

- Com'é arrogante quest'uomo! - pensò la ragazza - Anche se mi fa sempre i complimenti per la mia efficienza, non perde occasione di rimarcare la sua superiorità.

La sua attenzione fu richiamata da un riquadro del giornale di economia che teneva accanto.

- Sabato 11 novembre – c’era scritto a grandi lettere – Palazzetto dello Sport, Festival Ambientalista, si cercano oggetti di vario tipo da destinare ad un'asta, a sostegno delle nostre finalità.

Il suo pensiero volò immediatamente al suo segreto. Anche Livia aveva un sogno nel cassetto, le piaceva dipingere. Quando in famiglia si erano resi conto di quest'inclinazione, era stata oggetto di critiche crudeli. Specialmente la madre, che aveva in mente per la ragazza un progetto di vita ben definito, si era accanita contro di lei.

- Che futuro pensi di avere, iscrivendoti all'Accademia delle Belle Arti? Gli artisti son tutti dei morti di fame!

E così i quadri di Livia erano finiti in soffitta, insieme ai suoi sogni.

La giovane fece rapidamente due conti.

- Con la scusa di dover studiare per l'esame di stato, sabato posso liberarmi.

E con una sicurezza ed una disinvoltura che non le erano consuete, si organizzò programmando ogni minimo dettaglio. Quel sabato, di buon'ora, con le tele sottobraccio, si avviò verso il luogo del raduno. Mentre camminava, avvertì dietro di sé una corrente calda, avvolgente che rendeva i suoi passi leggeri e sicuri. Si voltò e si rese conto che erano i suoi amici sogni a provocare quella particolare atmosfera. L'interno del padiglione era pieno di allegria ed animazione: Livia si sentì subito invasa da una sensazione di benessere. Si diresse verso un ragazzo alto con i capelli un po' lunghi, che impartiva direttive alle persone intorno a sé.

Gli si avvicinò con le guance infuocate per l'emozione.

- Ho portato dei quadri fatti da me per l'asta – farfugliò

- Benissimo, ne abbiamo proprio bisogno! - rispose il ragazzo, guardandoli con attenzione – Ma sai che sei brava? Ti va bene se li vendiamo a 50 euro l'uno?

La giovane esplose in un’allegra risata.

- Non avrei mai pensato di essere un'artista così quotata!

Sistemati i dipinti, iniziò a girare per gli stand. Uno di questi era particolarmente gremito di bambini, appartenenti sicuramente a qualche classe in visita. Scambiandola per una delle organizzatrici, i piccoli iniziarono a tempestarla di domande sull'ambiente. Livia soddisfò i loro interrogativi con garbo e competenza.

Il ragazzo di prima non aveva smesso d'osservarla.

- Ci sai proprio fare con i bambini! – esclamò – Avremmo giusto bisogno di qualcuno come te per sensibilizzare le scolaresche sulle tematiche ecologiche.

- Ma io lavoro... - obiettò Livia, con una voce che faceva trapelare tutto il suo disappunto

- E' sufficiente solo qualche ora alla settimana, pensaci – concluse il ragazzo e facendole l'occhiolino con aria complice, si allontanò.

La ragazza rimase immobile e pensierosa, in compagnia solo dei suoi sogni colorati.

Dopo qualche tempo, Livia uscì di corsa dalla scuola in cui, una volta alla settimana, andava a spiegare ai bimbi delle elementari come comportarsi per preservare l'ambiente in cui viviamo.

Camminando allegra e a testa alta, ripensò, per un attimo, a quante peripezie aveva dovuto affrontare per ritagliarsi quello spazio.

Il titolare dello studio aveva accolto la sua richiesta con grande irritazione.

- Non so proprio cosa ti frulli per la testa in questo periodo, cara ragazza! Ma ricordati che le esigenze dei clienti vengono prima di tutto e, che soprattutto, non aspettano!

Così Livia era costretta a fermarsi in studio fino a tarda ora per recuperare il lavoro arretrato. Ma non le importava nulla. Da quando nella sua vita erano entrati i suoi nuovi amici, il suo modo di vedere le cose era completamente mutato.

Si sentiva posseduta da un'immensa positività, una forza speciale che non la faceva indietreggiare di fronte alle inevitabili contrarietà.

Quel giorno, poi, più che camminare, quasi saltellava per l'eccitazione. Gianni, il responsabile dell'Associazione, le aveva telefonato poco prima.

- Ciao Livia. Quando hai un momento puoi passare in sede perché ti devo parlare?

L'appuntamento era per quella sera alle 20.

Cosi, sbrigata l'ultima pratica, Livia si precipitò verso l'ufficio dell'Ente.

Non appena Gianni la vide, un grande sorriso gli illuminò il volto.

- Siediti, vuoi qualcosa da bere? – disse scrutandola attentamente – Mi sembri in forma!

- In effetti era tanto tempo che non mi sentivo così bene!

- Sai Livia – proseguì il giovane facendosi improvvisamente serio – abbiamo avuto modo di apprezzare come lavori. Sembri nata per interagire con i bambini. Sai dar loro dei messaggi profondi in maniera semplice e chiara, ragion per cui... – e si schiarì la gola – riteniamo che tu possa essere la persona giusta per gestire i rapporti con il settore scolastico. Come ben sai, di soldi ce ne sono pochi: lavorare da noi sicuramente non arricchisce e non ci sono particolari prospettive di crescita professionale. Quello che ti possiamo offrire è solo la possibilità di avere tante soddisfazioni con la consapevolezza di fare qualcosa di socialmente utile.

E si zittì, osservandola.

La ragazza era frastornata, non si sarebbe mai attesa una proposta lavorativa.

La sua mente corse immediatamente ai diversi impegni professionali intrapresi. Come avrebbe potuto venirne fuori?

Gianni si rese conto del suo stato d'animo.

- Non ti preoccupare, non ti volevo agitare. Hai un mese per decidere.

E la congedò affettuosamente.

Livia era effettivamente in preda ad una grande ansia. Quello che le avevano prospettato era meraviglioso: avrebbe potuto svolgere un'attività molto più consona al suo temperamento in un contesto in cui finalmente si sentiva apprezzata. Ma come smontare improvvisamente tutta la sua vita? Si sedette prostrata su una panchina e si guardò in giro. I suoi strani compari le si misero a fianco e tirarono fuori dalle tasche un pezzo di carta.

- Che cos'è? – chiese Livia stupita

- E' il biglietto per continuare il tuo viaggio con noi. Ed é di sola andata!

La ragazza sorrise, improvvisamente sollevata. Niente le incuteva più timore…

Abbandonare lo studio si era rivelato un piccolo ciclone.

- Sei una vera ingrata! Con tutto il tempo che ho dedicato alla tua formazione! - aveva tuonato il titolare.

Ma comunicarlo alla famiglia aveva fatto scoppiare un vero e proprio tsunami.

- Che cos'hai nel cervello? Solo stupide fantasticherie come i tuoi amici ambientalisti! Vuoi metterti a fare la salvatrice del mondo? - aveva urlato la genitrice, che vedeva infrangersi in un solo attimo tutte le sue ambizioni - Chissà cosa dirà il tuo fidanzato? Sprofonderà nella vergogna di avere una simile futura moglie!

Contrariamente alle aspettative, il promesso sposo si era mantenuto calmo e compassato, come sua consuetudine.

- Dopo tutto ho sempre pensato che fare la commercialista era un lavoro troppo impegnativo per una moglie. Così avrai più tempo da dedicare a me e ai nostri bambini – disse abbracciandola teneramente.

- Ho detto che cambio lavoro, ma non che smetterò di lavorare – replicò Livia un po' smarrita – Ho intenzione di continuare a collaborare con l'Associazione. Mi dà troppe soddisfazioni!

- Sei cambiata, Livia, non sei più la ragazza che ho conosciuto! – concluse il fidanzato e si allontanò in silenzio.

La giovane uscì. Aveva bisogno di un po' di aria fresca: si sentiva così infelice!

Non era abituata a mettersi in conflitto con gli altri e deludere le aspettative di tutti la faceva sentire terribilmente a disagio.

Si fermò a respirare profondamente. Vide che i suoi amici si erano arrampicati sul muro e stavano armeggiando intorno al cartello che indicava il nome della via.

Quando scesero, si accorse, con sua grande meraviglia, che il pannello era stato sostituito: “LA STRADA di LIVIA” c’era scritto a grandi lettere luminose.

La giovane aveva il cuore più leggero. Continuò a camminare con a lato i suoi bizzarri compagni, finché giunsero nel giardino dove li aveva incontrati.

Livia si sedette e si rilassò un momento: quante emozioni e cambiamenti avevano travolto la sua vita!

I suoi amici si misero in piedi di fronte a lei.

- Livia, è giunto il momento di salutarci – esclamarono con la loro strana cantilena

- Ma come? Proprio sul più bello! – urlò allarmata la ragazza

- Noi non ti abbandoneremo mai, vivremo sempre dentro di te. Solamente ritorneremo ad essere invisibili. Abbiamo voluto assumere sembianze umane per ricordarti la nostra esistenza, ci avevi trascurato troppo!

Livia commossa si alzò.

- Non vi dimenticherò mai, grazie per avermi comunicato la vostra forza.

Un grande fumo si alzò e i suoi amici furono inghiottiti da una specie di tromba d'aria che li trasportò sul prato. Quando la nube si dissolse, gli strani amici di Livia si erano ritrasformati nei due piccoli alberi, che avevano dato inizio a quella formidabile avventura.

Ogni mattina, quando apriva gli occhi, Livia contemplava con sguardo perplesso l'ambiente che la circondava.

- Ma come ho fatto ad arrivare a questo? - si domandava incredula - Dove ho trovato il coraggio per cambiare strada in maniera così radicale?

E la sua strada non era mutata solo in senso figurato, ma anche da un punto di vista pratico.

Infatti, da quando aveva comunicato le sue decisioni, in famiglia la convivenza era divenuta insostenibile.

Inizialmente la madre non perdeva occasione per rinfacciare alla figlia le disastrose conseguenze sul   piano sociale delle sue recenti scelte, ma poi dopo un periodo di litigi ed accuse, nel loro rapporto era subentrata un'indifferenza ancora più difficile da sopportare. Questa situazione era molto dolorosa per Livia, che alla fine aveva deciso di andare via di casa.

Ma ancora adesso, dopo più di un mese che aveva traslocato, ad ogni risveglio, si guardava attorno piena di stupore per essere stata proprio lei l'artefice di un tale cambiamento.

Sicuramente i suoi amici sogni l'avevano aiutata moltissimo, ma, come le avevano spiegato il giorno in cui erano scomparsi, non erano altro che una parte della sua anima che lei si era sempre rifiutata di considerare per paura delle conseguenze. Stiracchiandosi, andò verso la finestra. Aveva di fronte un panorama molto diverso dalle strade eleganti del centro in cui era abituata a vivere. Ma anche quell'appartamentino in una casa di ringhiera nei pressi dei Navigli, aveva il suo fascino.

Che fortuna! Oggi era sabato e avrebbe potuto prendersela con calma.

La sua vita non era delle più facili. Con lo stipendio dell'associazione riusciva a malapena a soddisfare le sue necessità di base e per questo, a malincuore, aveva iniziato a dare ripetizioni ad adolescenti in difficoltà fino a tarda sera.

Guardò l'orologio. Doveva affrettarsi, quello era un giorno speciale: sarebbe andata a visitare il mercatino dell'antiquariato con Gianni.

Pensò sorridendo a come era arrossito nell'invitarla.

- Cosa fai questo fine settimana? – le aveva chiesto schiarendosi la voce, come faceva sempre quando stava per dire qualcosa d'importante.

Il citofono squillò e Livia si precipitò giù per le scale: sapere che il giovane era lì ad aspettarla la rendeva elettrica

- Ciao bella signorina! – Gianni la salutò scrutandola con quegli occhi che la lasciavano senza difese - Da dove iniziamo?

Si avviarono, senza parlare, in direzione del mercato.

- Mi vuoi dire come hai fatto a dare una tale svolta alla tua vita? Non é da tutti! - disse Gianni rompendo il silenzio

- Lo devo soprattutto a due miei carissimi amici – rispose Livia con aria misteriosa

- Beh, allora presentameli, potrebbero risultare utili anche a me.

- Impossibile! – esclamò in tono malizioso la ragazza – E’ un'amicizia segreta ed esclusiva, hanno deciso di aiutare me e soltanto me

- Spero proprio di non doverne esserne geloso! - disse Gianni ridendo. E l'abbracciò.

 

 

Cristina Manuli