La metamorfosi

In treno aveva dormicchiato e così aveva per metà la sensazione di aver sognato. Quando sentì il nome della sua stazione scese precipitosamente, per quanto le due ingombranti valigie lo consentissero.

Era già buio, e si guardò intorno un po’ smarrita alla ricerca di un volto sincero cui chiedere informazioni. Il via vai dei passeggeri, malgrado l’ora tarda, era ancora frenetico e disordinato, con il suo vociare confuso e sommesso, coperto di tanto in tanto dal suono metallico e disarticolato diffuso dall’altoparlante. Tuttavia, quella figura dolce ed esile, circondata dalle due grandi valigie rosse, attirò l’attenzione di un giovane vetturino che, lungo il binario, spingeva un carrello carico dei bagagli di altri passeggeri. Si fermò all’istante e, premurosamente, si offrì di accompagnarla alla stazione di taxi più vicina. Chiara non avrebbe mai dimenticato quel sorriso, generoso e disinteressato, che l’introdusse nella nuova vita che l’aspettava al nord.

- Chiara, hai visto che bella giornata c’è oggi?

Affacciata alla finestra con il naso all’insù, Chiara sfoderò il consueto sorriso compassionevole che, dopo due anni di permanenza al nord, continuava a riservare a Mario e agli altri colleghi quando si entusiasmavano per quel raro pallido cielo grigio-celeste. Mai una volta che, da quella finestra, avesse potuto ammirare un azzurro intenso come quello di casa sua. Che bella casa sua! Gli alberi, i campi, il sole caldo e …

- Oh, ma cosa mi sta accadendo? Aiuto, qualcuno mi tiri giù. Fatemi scendere! Ma guarda se Mario e quegli altri mangianebbia fanno qualcosa. Chiamate i pompieriiiii! E tu non mi guardare così. Lo so che non hai mai visto un umano a questa altezza.

E la rondine frullò via spaventata.

Mentre continuava a gridare e inveire, non si rendeva conto di percorrere, sospesa tra le nuvole, i tanti chilometri che l’avevano a lungo tenuta lontana da casa.

- Oggi, non esci?

- Per andare dove?

- Con le amiche, a passeggiare!

- E poi?

- E poi, vi prendete un gelato, parlate di vestiti, cantanti, attori e … di ragazzi.

- Questo l’ho già fatto ieri, mamma, e anche domenica e domenica l’altra. Tutto questo passeggiare e chiacchierare a vuoto mi annoia. Preferisco restare qui in giardino, sull’amaca, a leggere Edgar Allan Poe.

- Edgar chi? Io non ci capisco niente. Magari potessi tornare ad avere i tuoi vent’anni – brontolò mamma Maria rientrando in casa.

- Ah, tua figlia.

- Mia figlia, cosa?

- Tua figlia, ti sembra normale che in estate preferisca restarsene in casa a leggere, anziché uscire a passeggio con le amiche?

- Eh Maria, lasciala stare, le passerà. Magari è innamorata e … non te lo vuole dire!

- Ah e da quando sei diventato psicologo? Così, tanto per saperlo. Perché pare che gli psicologi guadagnino più dei carrozzieri, così domani vado da Pino e gli faccio cambiare l’insegna del negozio!

- D’accordo. Non sono uno psicologo, ma a differenza di te e delle donne in genere, parlo poco e osservo molto. Ma tu, non ti sei accorta che tua figlia è serena, sicura di sé ed ha quell’espressione matura e adulta solo quando ci legge i racconti che invia con il computer a quelli lì, come si chiamano? Magic qualcosa…

- Ah si e questa è un’altra fantasia che le ha messo in testa tuo fratello Gino! A Milano, le ragazze si diletteranno pure così e poi hanno altre prospettive. Ma lei deve restare con i piedi per terra, perché vive qui e qui se lo deve far piacere: amiche, passeggiate e quant’altro.

- Beh, ecco, ora che hai aperto il discorso, credo sia giunto il momento di dirtelo.

E mamma Maria assunse l’espressione vigile di chi comincia ad avvertire odore di gas.

- E’ da un po’ che Gino me lo ha detto, anzi veramente me lo ha detto più volte, ma io non gli ho dato troppa corda.

- Franco, non girare intorno all’osso.

- Va bene, va bene, stai calma, ora ti dico tutto. Insomma, Gino mi ha chiesto di mandargli Chiara.

- Cosa?!?

- Aspetta, aspetta. Ascolta prima di esplodere. Lui può inserirla nella sua ditta. Col suo diploma andrebbe benissimo.

- Non se ne parla nemmeno. La vita di Chiara è vicino a noi, alla sua famiglia.

- Ma anche lo zio Gino è la sua famiglia. Lui dice che la ragazza ha molte potenzialità e interessi, che solo in un grande centro potrà coltivare. E poi, dice sempre Gino, fatta l’esperienza, deciderà da sola se restare a Milano o tornare a casa.

- Dice Gino, dice Gino … e quello che dico io non conta? E tu? Tu sei il padre! Non la vorresti vedere sistemata con una sua bella famigliola? – si commosse mamma Maria.

- Certo che la voglio vedere sistemata, ma la voglio vedere anche felice, entusiasta della vita. E invece a me sembra che anziché vivere, Chiara sopravvive.

- Eccolo là, che torna a fare lo psicologo. Oh, ma stasera ti è presa proprio brutta!

E brontolando, un po’ meno convinta, si diresse in cucina per preparare la cena.

Le nuvole calde e soffici avevano conciliato il sonno di Chiara, stremata dallo spavento e dal tanto gridare. Quando si tuffarono nell’azzurro del cielo, la ragazza percepì l’odore degli aranci in fiore, il fruscio sommesso del fiume, il profumo del pane fritto fatto in casa.

Aprì gli occhi, la testa le girò e provò la sensazione di cadere: il panico ebbe di nuovo il sopravvento su di lei nel momento in cui realizzò di trovarsi ancora sospesa a centinaia di metri da terra. Ma gli odori e i suoni familiari che l’avevano risvegliata la rasserenarono e così, dall’alto, si lasciò inebriare da tanta bellezza e da tutto quel sole caldo.

Capì che le nuvole la stavano avvicinando a casa. Se ne rallegrò e le incoraggiò.

- Su, su, non andate così piano. Ormai sono sveglia, o almeno credo. Guardate che ho capito dove mi state portando. Quelle sono le Colline Bianche, chissà perché poi si chiamano così, che qui non nevica mai. Quella laggiù è la vecchia torre di avvistamento normanna, dove con i cuginetti ci nascondevamo, facendo preoccupare i grandi. Su, su, correte un po’ di più, che voglio vedere il porto, i gozzi colorati e le reti da pesca, che zio Tonio mi aveva insegnato a riparare. Che forza, come mi divertivo! Dai. Ma allora è vero che viaggiate lentamente. Io credevo fosse un effetto ottico di noi umani, quando vi guardiamo affascinati dai vostri movimenti eleganti e sicuri. Però, se continuate così, non ci arriviamo mica a casa per l’ora di cena! E voi non sapete quanto si arrabbia la mamma se non si è puntuali. Vabbè che la mamma si arrabbia sempre per tutto, direte voi. Che volete, è fatta così! – sorrise Chiara – Ma è come il can che abbaia e non morde. Infatti, dopo tanto abbaiare, mi abbracciò forte, forte, che quasi mi fanno ancora male le costole e mi lasciò andare dallo zio Gino. 

Le nuvole, con il loro incedere tranquillo, si avvicinarono al paese. La bianca casa di Chiara si intravedeva in lontananza, seminascosta dalla pineta. Capì che era domenica mattina, dal suono delle campane della piccola chiesa che giungeva limpido fin lassù. Sorvolarono il corso principale, dove Chiara riconobbe i suoi amici di sempre che passeggiavano e chiacchieravano animatamente. Virarono verso la scuola elementare, che accoglieva anche la piccola biblioteca di cui era assidua frequentatrice. Poi deviarono in direzione del municipio, dietro la farmacia e il giardinetto pubblico, e poi … poi nulla, una nube grigia avvolse tutto e Chiara fu risvegliata dal trillo del cellulare.

- Ciao Chiara, sono lo zio Gino. Ascolta, ho avuto un contrattempo. Sai, dei fornitori mi hanno combinato un guaio con le consegne. Meno male che arrivi tu a darmi una mano. Allora, guarda, quando sei alla stazione, prendi un taxi e vai a casa che la zia ti aspetta. Non è difficile, basta chiedere a chiunque. L’indirizzo te lo ricordi?

- Si, si, zio, va bene – rispose Chiara, concludendo la conversazione un po’ in apprensione.

Subito un altro squillo.

- Ah, Chiara, dimenticavo, non dire a tua madre che non sono venuto a prenderti, altrimenti mi fa uno shampoo che non finisce più.

- D’accordo zio, promesso, non dico nulla.

E le sfuggì un sorriso che la rasserenò.

Assecondando il movimento del treno, chiuse di nuovo gli occhi per quell’ultima ora di viaggio.

La nube grigia si dissolse. La chiesa del paese era il Duomo, al posto della scuola elementare c’era la Bocconi, il corso principale si chiamava Via della Spiga. Il cielo era di nuovo celeste pallido.

Chiara, stordita dal repentino cambiamento, si arrabbiò con le nuvole che, giunte a un passo da casa, se ne erano bruscamente allontanate. Ma loro, per tutta risposta, si abbassarono e trasportarono Chiara ad incontrare Chiara che faceva jogging nel parco Sempione, ad ascoltare Chiara che recitava alla scuola sperimentale di teatro, ad acquistare con Chiara il biglietto aereo per la sua prima vacanza all’estero, ad accompagnare Chiara dai suoi nuovi amici nella pizzeria napoletana più famosa della città.

Mentre il taxi attraversava le vie illuminate e ancora brulicanti di persone e auto, si sentì inspiegabilmente felice e serena. Le paure che avevano anticipato la partenza erano di colpo svanite. Forse merito del sogno fatto in treno?

 

Cinzia Pacelli