Lo specchio del tempo

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano la 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata, come solo l'alba della sua città sapeva creare.

Un raggio di sole le fece stringere gli occhi, ma si sentiva felice. La scuola era finita e quell’alzataccia era giustificata dal fatto che si partiva per andare a trovare la nonna in montagna.

L’eccitazione era grande!

Michela aspettava quel momento da settembre, quando aveva fatto il viaggio al contrario.

Mancavano pochissime ore e poi avrebbe rivisto la casetta vicino al ruscello che tanto amava. Al sentire il rumore della macchina, la nonna avrebbe aperto l’uscio e lei le sarebbe corsa incontro. Michela immaginava la sua faccia piena di rughe e il suo vestito morbido che odorava di cucina.

Mentre stava così fantasticando, fra gli alberi s’intravide la casa. Erano finalmente arrivati!

Nel pomeriggio i suoi genitori l’avrebbero salutata e sarebbero tornati in città.

Una nuova avventura stava per iniziare.

La bambina s’immaginava già le sue prossime giornate: gite in bici con gli amici del paese e risalite lungo il ruscello fino a quella che chiamavano “la pozza”, una specie di piscina naturale. Lì si poteva abbozzare qualche bracciata e i più coraggiosi si tuffavano da una roccia sporgente che stava almeno cinque metri più in alto. E poi i racconti della nonna vicino al fuoco nelle serate più fredde. Niente più sveglia mattutina, niente più scuola, compiti ed interrogazioni. Niente più doveri, ma solo svaghi e la nonna con quel suo perenne sorriso rassicurante.

La mattina successiva si svegliò che erano le otto passate, la luce calda del sole inondava la stanza e si sentiva l’odore del pane appena sfornato. Si alzò, andando verso l’armadio, inciampò e quando stava per urtare lo specchio, si sentì cadere. Fu una caduta di qualche metro attutita dalla paglia che abbondava in una stalla. Ma dove era finita? Non aveva sbattuto contro lo specchio, ma era come se ci fosse passata attraverso, precipitando in quella stalla che non aveva mai visto. Era molto confusa. C’erano tre cavalli, ognuno nel suo box. Ma la nonna non aveva cavalli e neppure la stalla. Adiacente alla casa c’era solo la taverna. Cosa stava accadendo?

Andò verso l’uscita e sentì due voci che parlavano tra loro. Guardò fuori e vide una ragazzina della sua età ed un ragazzo di qualche anno più grande che, ridendo e saltellando, conducevano verso un grande recinto una quindicina di pecore. Ma perché erano vestiti in quella maniera bizzarra?

La nonna viveva da sola e non le aveva detto che c’erano degli ospiti.

Improvvisamente Michela si trovò faccia a faccia con la bimba dagli strani vestiti: restarono entrambe senza parole per lo stupore.

- Chi sei? – le chiese il ragazzo

- Mi chiamo Michela e voi?

- Iolanda e Guerrino.

- Ma che ci fate a casa di mia nonna?

- Casa di tua nonna? Noi ci viviamo da sempre, con i nostri genitori ed i nostri fratelli. Tu, piuttosto cosa ci fai qui?

- Ci vengo in vacanza da anni e non vi ho mai visto.

- Neppure noi se è per questo.

Michela si sentiva un po’ turbata.

- Venite che vi faccio conoscere mia nonna Adele – disse.

Uscirono dalla stalla e in effetti c’era una casa, ma era molto diversa da quella della nonna

Com’era possibile?

- Mi state facendo uno scherzo? – disse in tono nervoso

- Non riusciamo a capire chi sei e cosa vuoi. Qui ci conosciamo tutti e non ti abbiamo mai vista. Parli in modo strano e sei vestita in una maniera assurda.

- Posso telefonare?

- Telefonare? Ho sentito parlare del telefono – disse il ragazzo che stava cominciando ad irritarsi - Ma non l’ho mai visto, neppure in paese.

- Mi sembra d’essere finita in un libro di storia! Nel capitolo sui primi del ‘900!

- Beh, non lo sai che siamo nel 1920?

Michela si lasciò cadere a terra seduta. Sentiva uno strano giramento di testa e le forze che le venivano meno. I due ragazzi allora si avvicinarono e tentarono di rassicurarla.

- Nel 1920 – diceva – se non mi sbaglio, era da poco finita la Prima Guerra Mondiale ed iniziava l’era del fascismo. Doveva ancora scoppiare la Seconda Guerra Mondiale e non c’era ancora stata la shoa, né le bombe atomiche...

Anche Iolanda e Guerrino cominciarono a sentirsi smarriti: quella ragazzina piombata nella loro stalla, vestita in maniera così stravagante, ora usava parole che non conoscevano e che sembravano indicare oscuri presagi.

Si sedettero accanto a lei e a Iolanda venne spontaneo abbracciarla: fu una stretta forte, ma tenera ed affettuosa.

- La guerra è finita e nostro padre non è tornato – le confidò – ora siamo rimasti in casa soli con la mamma. Qualche mese fa nostro fratello maggiore è partito per andare in Russia: ha detto che lì sta nascendo un nuovo tipo di società, dove tutti sono liberi e non esistono padroni. Ci aspetta un futuro di pace e prosperità. Finora sono successe molte atrocità e gli uomini, sicuramente, non permetteranno che si ripetano.

- Ma ora io cosa ci faccio qui, come posso tornare a casa?

- Questo noi non lo sappiamo, però finché rimarrai con noi ti ospiteremo. Non ti faremo mancare nulla.

- Siete gentili. Ma la mia vita non è qui: i miei parenti, se non tornassi, soffrirebbero troppo.

Michela cominciava a temere di aver perso quella che era stata fino ad allora la sua vita. Sentiva crescere in sé un’enorme nostalgia dei genitori, della sua cameretta arredata recentemente con i mobili nuovi che a lei piacevano tanto. Le mancavano i libri, i giochi e il sole che entrava e rendeva tutto dorato, quasi come in una fiaba. E poi i suoi compagni di classe con i quali aveva condiviso tante avventure invernali. Come avrebbe potuto rinunciare a tutto ciò che aveva e crescere in quel posto?

Iolanda invitò la ragazzina ad entrare e le offrì un bicchiere di latte fresco e dei biscotti. L’interno della casa le ricordava quello della nonna, anche se mancavano tutti gli elettrodomestici: sembrava di vedere una vecchia fotografia di 90 anni prima.

La sua nuova amica parlò a Michela dei suoi due fratelli. Il più grande, Alberto, era partito per la Russia, inseguendo il sogno del “socialismo”, che faceva sperare in un mondo più equo, libero e giusto, dopo i disastri della prima guerra mondiale. Guerrino frequentava ancora la scuola, ma sognava di coltivare la piccola vigna del loro defunto papà, che secondo lui aveva enormi potenzialità in quanto il terreno, la posizione e l’esposizione al sole erano adatte a produrre un vino di ottima qualità. Già progettava di acquistare un ampio terreno collinare vicino per ampliare la proprietà. Anche Iolanda andava ancora a scuola e sognava di diventare veterinario, in quanto adorava gli animali. La loro mamma faceva la sarta ed era partita con il carro per acquistare delle stoffe. Non sarebbe ritornata prima di due giorni. Nel frattempo i due ragazzi dovevano badare alla casa, agli animali e all’orto.

Michela le confidò che anche lei sognava di diventare veterinario e così cominciarono a parlare di animali e Iolanda decise di mostrarle quelli che avevano. Le presentò Doc, un grosso pastore maremmano, le fece vedere i cavalli nella stalla e poi la condusse in un enorme prato, non lontano dalla casa, dove pascolavano tranquille le mucche, mentre le pecore stavano chiuse in un recinto.

Michela pian piano si tranquillizzò e l’angoscia iniziale cominciò a lasciare spazio alla curiosità e alla simpatia che provava verso quella ragazza. Viveva in un’altra epoca ed aveva abitudini di vita completamente diverse dalle sue, ma la sentiva vicina per gli interessi e per l’entusiasmo che dimostrava di avere nelle cose che faceva.

Poi Michela cominciò a raccontare della sua vita, le cose che amava e come passava le giornate. Le abitudini erano molto diverse, non era facile spiegare a Iolanda che finita la scuola doveva andare al corso d’inglese, al corso di teatro o all’allenamento di pallavolo; che per incontrarsi con gli amici usava il computer o mandava messaggi al cellulare e che gli unici animali abituata a vedere erano i cani, i gatti ed i piccioni. Però pensava anche al fatto che, nonostante avessero la stessa età, lei non era mai stata la notte senza un adulto, non aveva mai cucinato e nemmeno badato alla casa. I suoi unici compiti erano riordinare la stanza, comprare il pane e dar da mangiare al gatto. Da un lato Iolanda le sembrava più matura e indipendente, dall’altro più ingenua e semplice.

La giornata stava volgendo al termine: avevano pulito le stalle e dopo aver fatto rientrare gli animali, avevano dato loro da bere ed avevano munto le mucche. Guerrino aveva raccolto della verdura fresca per la cena ed aveva programmato di fare una gita a cavallo, insieme, l’indomani. Nonostante la temperatura mite, dopo cena accesero il fuoco e fecero alcuni giochi. Poi stanchi andarono a letto. Michela avrebbe dormito nella camera di Iolanda, sopra un materasso che avevano messo a terra, ma, nonostante la stanchezza, non riusciva a prendere sonno dopo una simile giornata. Le ritornò la nostalgia dei genitori e di quella che era stata la sua vita fino ad allora. Mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia, si addormentò profondamente.

Si svegliò all’improvviso, urlando: aveva sognato di precipitare in un pozzo profondissimo, senza fine e più cadeva più aumentava la sua velocità e la sua paura. Aprì gli occhi tutta affannata e si mise seduta. Si guardò attorno ma non si trovava più nella stanza di Iolanda: sgranò gli occhi accorgendosi che era nella stanzetta mansardata della casa della nonna.

L’orologio sul comodino segnava le 5,30 del mattino. Sentiva una gran voglia di abbracciare la nonna, che però, probabilmente, a quell’ora ancora dormiva. Era frastornata, non si capacitava di aver fatto un simile sogno: ciò che aveva vissuto era così reale che non poteva esser successo solo nella sua mente. Si alzò dal letto. Di lì a poco avrebbe sentito il canto del gallo e avrebbe potuto correre dalla nonna ormai sveglia.

Chicchirichì, chicchirichì… era il segnale che aspettava!

Si precipitò giù per le scale, bussò e, senza aspettare risposta entrò balzando sul letto della nonna per abbracciarla.

La donna fu sorpresa di quel comportamento, ma si limitò a sorridere e a stringere a sua volta la nipotina.

Dopo un lungo e forte abbraccio la ragazzina sollevò leggermente il capo e scorse, sul mobile a fianco del letto, una foto che non aveva mai notato. La prese in mano e vide che ritraeva una neonata in fasce, tenuta in braccio da una giovane e al loro fianco c’erano due uomini. Incuriosita chiese chi fossero quelle persone.

- Vedi cara, la bambina sono io a circa un mese. Colei che mi tiene in braccio è mia mamma Iolanda e gli altri due i miei zii Alberto e Guerrino. Pensa io sono nata in questa casa ed ho sempre abitato qui!

Michela si alzò dal letto per guardare meglio la foto e si sentì raggelare quando si accorse che quelli ritratti erano proprio i due fratelli con cui aveva trascorso una giornata meravigliosa in sogno. Abbassò lo sguardo ed un filo di paglia le cadde dai capelli.

 

Cristina Lugnani