Miss Pois

Quell’anno il grano era alto. A fine primavera aveva piovuto tanto e a metà giugno le piante erano più rigogliose che mai. Crescevano fitte, cariche di spighe, pronte per essere raccolte*.

Mary aveva indossato il suo vestitino preferito, quello rosso a pois bianchi e correva, come ogni pomeriggio, nell’immenso campo di grano di nonno Alberto. Le spighe erano talmente alte che Mary avrebbe potuto correre per ore senza essere vista dai grandi. Era, il campo di nonno Alberto, il posto segreto dove Mary poteva essere libera: libera di pensare, di correre, di immaginare e di fantasticare. Aveva addirittura dato un nome a quel mondo sommerso fatto di milioni di luoghi diversi, dove le fresche pareti di grano erano ora antiche mura di città incantate e più in là divenivano fiumi paglierini dove rinfrescarsi e tuffarsi, oppure giardini profumati primaverili dove raccogliere fiori dai mille colori. Il campo di grano di nonno Alberto era “Il regno di Miss Pois” e una volta entrata, la bambina Mary, come d’incanto, lasciava il posto a Miss Pois e tutto il mondo, là fuori, svaniva come la neve al sole.

Nel Regno di Miss Pois le ore volavano, libere come farfalle che si dirigono verso il tramonto. Mary stava per uscire dallo sconfinato campo di grano, pronta ad assaporare la torta di fragole preparata da nonno Alberto, quando la sua attenzione venne catturata da un luccichio.

Mary si fermò al confine del campo, sospesa tra due mondi come un ragno che tesse la sua tela e si ferma a mezz’aria tra cielo e terra. Ascoltò il suo cuore, si fece ancora più piccola nel suo vestitino rosso e osservò attentamente quello strano scintillio.

Il suo bagliore era ora tenue, ora vivo… ora lento, ora più rapido. Mary, silenziosa come un gatto selvatico, si avvicinò sempre più al luccichio che l’aveva ormai rapita e incuriosita. Più si avvicinava, più la luce diventava calda: dapprima gialla, aveva attraversato tutte le tonalità calde esistenti.

- Chi sei? – chiese Mary, quasi impaurita.

Il bagliore caldo, che pian piano aveva preso una forma sferica, come per incanto recitò la sua poesia.

- Sono lo spirito del grano, parlo a coloro che ascoltano il mio richiamo. Ti osservo da tempo in questo mondo sommerso: dammi la mano, il viaggio inizia adesso.

Mary allungò il suo braccio verso la sfera luccicante, che come una potente calamita l’aveva attirata verso di sé. La sua mano ora ne sentiva il calore, piacevole e confortante.

Calò il silenzio e il cielo si fece plumbeo. Il tempo si fermò.

Il contatto durò un secondo, che dilatato all’infinito Mary visse come eterno. Aveva i brividi, si sentiva carica ed elettrificata, come attraversata da una scossa di energia pulita e sconosciuta.

Un sibilo, un lampo, un forte bagliore. Odore di rose canine. Il cielo si riaprì d’incanto e Mary si ritrovò adagiata sul grano. La sfera scintillante era sparita.

Si risvegliò, pigramente, sopita come dopo un lungo sonno. Sentiva un fastidio, proprio dietro le sue scapole. Si voltò: impallidì quando scoprì di avere due grandi ali colorate, come quelle di una farfalla. Incredula, passò alcuni minuti a cercare di sentirle come una parte del suo corpo. Dopo un po’ di sforzi… Flap! Flap! Riuscì a sbattere le ali!

- Forse posso volare! – pensò Mary.

Si armò di coraggio e… Flap! Flap! Flap! Iniziò un dolce e sublime volo, proprio sopra il campo di nonno Alberto. Lì nel cielo blu Mary respirava l’aria tersa… e com’era bella la vita da lassù! Sembrava un sogno.

- Il mondo visto dall’alto è semplicemente magnifico! – pensò, mentre volteggiava nel suo nuovo involucro di farfalla.

L’aria era leggera e Mary si divertiva un mondo a volteggiare su e giù nel cielo, a toccare le nuvole con le dita, a disegnare traiettorie fantastiche e a salutare i pettirossi che volavano.

Mentre svolazzava sul campo di grano, si accorse che più in là c’erano tanti altri campi che non aveva mai visto prima.

- Wow!!! – esclamò Mary – E questi da dove sbucano fuori?

Erano campi immensi di girasoli, di papaveri o di erba. Giallo, rosso e verde che dipingevano quadri decisi e suadenti al contempo.

- E se provassi a scendere?

Detto, fatto! Flap! Flap! Mary planò dolcemente sul campo di girasoli.

- Questo sarà il secondo Regno di Miss Pois! – disse tra se e se.

E proprio sotto ad un grosso girasole si incoronò Regina del suo nuovo regno!

Iniziò ad esplorare il campo, in lungo e in largo, dando i nomi ai posti che, fantasticando, incontrava: castelli incantati e raggianti, mari e oceani blu e profondi, odori e sapori di oli essenziali.

Mary si fermò dopo aver corso a perdifiato.

- Chissà com’è il campo di papaveri!

E Flap! Flap! In un batter di ali era già nel nuovo terzo regno di Miss Pois.

La giornata era stata per Mary lunga e ricca di emozioni. Quell’anno il grano era alto e aveva portato con se un dono speciale. Era una sera di metà giugno e Mary non era più la stessa: ora poteva volare! Tornò stanca e felice da nonno Alberto. Aprì l’uscio di casa e accanto alla torta di fragole, sistemata in un piatto d’argento con vicino dei fiori di campo, c’era un biglietto.

Piccola mia, la giornata è stata piena di sorprese. La rivelazione è arrivata a chi mai si arrese. Questa torta è per te, saprai saziarti. Io sarò qui per sempre… a guardarti.

Dopo aver letto il biglietto Mary ebbe un tuffo al cuore… ne sentiva i battiti, che rimbombavano nella stanza silenziosa. Battiti di cuore e odore di fragole. Il suo cuore era un purè di fragole. Prese di corsa la rampa di scale che portava su, verso la camera del nonno. Tentennò un secondo, si fece forza… aprì la porta e fece appena in tempo a vedere una luce, calda, gialla.

Poi tutto ripiombò nel buio. Spento.

Il nonno non c’era più. Aveva finalmente smesso di soffrire. Per sempre.

Un bel giorno, nel bel mezzo dell’anno, come per magia, la vita ci  insegna che la fantasia è il più forte antidoto al dolore.

La possibilità di volare, di vedere le cose e il dolore dall’alto, può rendere la sofferenza più sopportabile.

Forse, in fondo, bastano un paio di ali…

… ed un vestito a pois.

 

Ilario Pisanu

*Incipit tratto da Io non ho paura di Niccolò Ammaniti