Rouge et noir

Si chiamava Maura e aveva undici anni, ma da quando era nata, la bambina non si ricordava di essere stata chiamata una sola volta con il suo vero nome. Era sicuramente colpa di quello stramaledetto caschetto di capelli rossi se la gente aveva assunto l'abitudine di affibbiarle i nomignoli più strani. “Pel di carota” l'avevano soprannominata in un primo momento i compagni di scuola, ma da quando la nonna accarezzandole affettuosamente il capo l’aveva chiamata: “Il mio adorato cappuccetto rosso” non c'era stato più niente da fare. Maura era diventata per tutti, familiari, vicini di casa ed amici, Cappuccetto Rosso. La bambina non amava tanto questo soprannome anche perché doveva subire tutti i santi giorni il confronto con la sorella maggiore, una splendida ragazza con lunghissimi capelli biondi morbidi come la seta, su cui si riversava l'ammirazione generale. Cappuccetto Rosso si sentiva quindi il pulcino nero della famiglia, quella a cui venivano affidate le incombenze più ingrate. Una di queste era portare alla nonna delle particolari medicine che non si trovavano nella sua città. Quando quel mattino la mamma la chiamò dicendo: “Maura, sono arrivati i farmaci dalla Svizzera per la nonna, domani pomeriggio dovresti portarglieli”, la bambina sentì montare nel suo cuore una ventata di ribellione e di rabbia. Purtroppo però, quell'incombenza toccava a lei. Non bisogna fraintendere, vedeva sempre con piacere la nonna, ma abitava veramente troppo lontano! Dalla zona dell'aeroporto di Linate, dove la bambina viveva con la famiglia, doveva andare fino a Quarto Oggiaro, un quartiere dall’altra parte della città e per di più malfamato. Comunque, anche quel sabato, Cappuccetto Rosso, ormai rassegnata, prese con sé il pacchettino delle medicine ed uscì di casa accompagnata da una valanga di raccomandazioni da parte della mamma: “Non ti fermare a parlare con nessuno, in quella parte della città circola un sacco di droga!”

Il viaggio per andare dalla nonna non era certo divertente. Cappuccetto Rosso doveva prendere un bus per potersi avvicinare al centro, poi la metro per raggiungere l'altro capo della città. E una volta riemersa dal sotterraneo, non c'erano ad attenderla le eleganti strade del cuore della metropoli coi loro scintillanti addobbi natalizi, ma solo un vecchio tram che traballando la trasportava verso la destinazione finale. Una volta scesa dal mezzo la strada da fare era ancora molta e quel mattino la bambina si accingeva a percorrerla con il cuore colmo di tristezza. Come mai i suoi genitori permettevano che si addentrasse da sola in quella zona della città deserta e oltretutto malfamata? Non le volevano proprio bene e le preferivano sua sorella, pensava. L'ambiente che la circondava accresceva il suo senso di angoscia e solitudine. La nebbia sfumava i contorni delle case popolari e dal biancore uniforme emergeva ogni tanto la sagoma di qualche passante, che non la degnava di uno sguardo. Cappuccetto Rosso si sentiva tremendamente infelice ed abbandonata da tutti. Svoltò nella piazza principale, dove con grande meraviglia scorse alcune bancarelle. “E' la festa del patrono” spiegò un rivenditore ambulante a cui la bambina si era avvicinata. “Non fermarti, non parlare con nessuno!” ripeteva nella sua mente la voce della mamma. Ma interagire con una qualsiasi forma di vita in tanta desolazione era veramente una tentazione troppo forte. Mentre osservava gli oggetti esposti sul banco, Cappuccetto Rosso ebbe l'impressione che qualcuno alle sue spalle la stesse fissando. Si voltò di scatto, ma dietro di lei c'era solo la nebbia a farle compagnia. Dopo qualche minuto la sensazione di essere osservata divenne ancora più forte. Si girò lentamente, con un senso di ansietà nell'animo e vide che c’era un signore sui 50 anni, estremamente elegante, con baffi ed occhiali. Lo sconosciuto le fece un inchino e la salutò: “Buongiorno bella signorina, ci conosciamo vero? Chiunque noterebbe una ragazzina così graziosa!”

Cappuccetto Rosso arrossì, perché non era abituata a ricevere complimenti che in genere erano riservati a sua sorella.

“Ma veramente non abito qui.” rispose esitante “Vengo in questo quartiere solo per far visita alla nonna”

“Come? I tuoi genitori permettono che tu faccia un percorso così lungo tutta sola?”

Cappuccetto Rosso sentì che qualcosa si scioglieva dentro di lei e le lacrime le salirono agli occhi. Come poteva la sua famiglia non rendersi conto di quanto era così evidente anche ad un estraneo?

“Ma tu hai freddo, vuoi bere qualcosa di caldo? A proposito il mio nome è Umberto”

La bambina pensò immediatamente alle raccomandazioni della mamma, ma subito le rimosse. Si avviarono insieme verso l'unico bar della piazza.

“Non mi hai detto ancora il tuo nome”

“Mi chiamo Maura.” rispose la bambina “Ma per tutti sono Cappuccetto Rosso.”

“Che bel soprannome, ti calza a pennello. Hai dei capelli talmente belli!”

La bambina ordinò una cioccolata.

“Questo profumo mi ricorda tanto il Brasile!” esclamò Umberto mentre l’aroma si diffondeva nell'aria.

“Perché sei stato in Brasile?” chiese la bimba con gli occhi sgranati

“Si e non solo, ho viaggiato per tutto il Sud America.”

E così lo sconosciuto iniziò a parlare dei suoi viaggi, mentre Cappuccetto Rosso lo ascoltava rapita. L'orologio appeso alla parete la riportò alla realtà.

“Ho fatto tardi, devo andare immediatamente.”

“Posso accompagnarti?” chiese Umberto gentilmente

“Ma c’è ancora tanta strada da fare!”

“Non importa,” disse il signore “sono solo, nessuno mi aspetta.”

E così i due si incamminarono. La bambina era felice: com'era bello stare in compagnia! E poi Umberto faceva dei discorsi così interessanti! Senza accorgersene, raggiunsero la villetta dove abitava la nonna e Cappuccetto Rosso suonò il campanello del vecchio portone.

Driiin!!!

Nessuna risposta. Cappuccetto Rosso ci riprovò, ma il risultato fu lo stesso.

“Come mai la nonna non é in casa?” si chiese con disappunto.

“Sarà uscita a fare una commissione” la tranquillizzò Umberto

“ La nonna non esce quasi mai e sicuramente non quando mi aspetta!”.

Cappuccetto Rosso estrasse dalla tasca una chiave che la mamma, per prudenza, le consegnava sempre quando si recava a casa della nonna.

Sgrieeek!!!

La porta si aprì cigolando. L'ambiente era quello di sempre: il salotto ordinato, il sofà rosa antico con il lavoro a maglia abbandonato sul cuscino e un buon odore di minestra di verdura che proveniva dalla cucina.

“E' meglio avvertire la mamma” disse la ragazzina in preda all’agitazione.

“Ma no, non é il caso di preoccuparla, siediti tranquilla e vedrai che rientrerà presto.” sdrammatizzò Umberto.

Cappuccetto Rosso si sedette, ma le sue gambette non riuscivano a stare ferme: dentro di sé avvertiva un disagio crescente causato non solo dall'assenza della nonna, ma anche dal modo strano ed ambiguo in cui aveva iniziato a fissarla lo sconosciuto. Se ne reso conto anche Umberto che spezzò il silenzio.

“Vuoi dei dolci? Ne porto sempre con me.”

“No grazie!” rispose la ragazzina “Non ho fame.”

“Beh allora ti va di vedere un film, ho con me anche alcuni DVD”

La bambina acconsentì distrattamente. Le immagini iniziarono a scorrere sullo schermo, ma Cappuccetto Rosso le seguiva molto distrattamente. Ad un certo punto sobbalzò. C'era qualcosa di strano in quel film: i personaggi erano completamente senza vestiti! La bambina capì al volo e si precipitò verso la porta.

“Voglio tornare a casa!” urlò disperata.

“Tu non vai da nessuna parte” ringhiò l'uomo in tono brusco

“Dov’è nonna?”

“Smettila di urlare, sciocca bambina, se non vuoi fare la sua fine!”

“Perché cosa le hai fatto?”

E si scagliò con tutte le sue forze contro il malvagio. Per tutta risposta, Umberto tirò fuori dalla tasca uno spray e lo spruzzò verso di lei. La testa della ragazzina iniziò a girare, le immagini attorno si annebbiarono e alla fine Cappuccetto Rosso cadde a terra svenuta.

Ancora intontita, vide a poco a poco riemergere attorno a sé forme familiari: si trovava nel solaio con gambe e mani legate e un grande cerotto sulla bocca che le impediva di parlare. Qualcosa si mosse al suo lato: in quella strana sagoma, che alla prima occhiata poteva sembrare un ammasso di sacchi, riconobbe la nonna. Anche nel buio i suoi occhi dolci parevano dirle: “Tranquilla, bambina mia, tutto si aggiusterà.”

Ad un tratto udì una voce provenire dal piano sottostante: era Umberto che parlava con un complice. Cappuccetto Rosso captò a fatica il filo del discorso:

“Ti assicuro è un amore di bambina, fa proprio al caso nostro! Il problema è cosa fare della vecchia”.

Cappuccetto Rosso rabbrividì: non poteva permettere che succedesse qualcosa alla sua adorata nonna!

Iniziò a strofinare i polsi contro lo spigolo di un vecchio mobile, finché la corda cedette e si spezzò. In un istante si liberò del tutto e balzò in piedi. Si avviò decisa verso il lucernaio, accompagnata dallo sguardo ansioso della nonna. Si issò a fatica sul tetto, fece alcuni passi sulle tegole traballanti, cercando di non far rumore e, raggiunta la gronda, si calò verso il basso. Adesso veniva il peggio: spiccare un salto di alcuni metri! Chiuse gli occhi e si gettò nel vuoto. Si rialzò da terra tutta dolorante, ma non era il momento di badare a simili inezie! Cominciò a correre con tutto il fiato che aveva nei polmoni: gli alberi e i muri delle abitazioni sembravano, all'improvviso, essere diventati suoi complici, dei veri e propri fans che la sostenevano nella sua impresa.

“Dai, fai presto, corri più veloce!” sembravano dirle.

Finalmente arrivò ansimante nella piazza ed entrò come un fulmine nel Commissariato. Quello che successe dopo avrebbe potuto essere la trama di un film: le sirene delle volanti; l'Ispettore che la accarezzava e diceva “L'hai scampata bella ragazzina!”; Umberto che usciva dalla casa in manette e la nonna che veniva trasportata all'Ospedale per un controllo. Poi alla fine, ci fu l'abbraccio dei genitori e le lacrime della mamma che cadendo inumidivano lo splendido caschetto color fiamma.

Come risultato della sua drammatica avventura, Cappuccetto Rosso aveva perfino mutato il suo atteggiamento quando camminava: se prima, pensierosa, teneva spesso lo sguardo rivolto verso terra, ora avanzava a testa alta, guardando dritto negli occhi le altre persone. Si sentiva fiera di se stessa per essersi comportata in maniera così coraggiosa! Il suo nome era apparso sui giornali e ora tutti i vicini quando la incontravano la bombardavano di domande:

“Hai avuto paura? Ma come sei riuscita a scappare?”

Soprattutto era cambiata la situazione in famiglia: non più pulcino nero, ma vera eroina e orgoglio dei genitori. La bambina era al centro delle attenzioni di tutti e si era completamente trasformato il rapporto con la sorella, che la fissava incredula.

“Ma chi si sarebbe aspettato da te un tale coraggio” le ripeteva spesso.

In effetti anche Cappuccetto Rosso era sorpresa: la sua disavventura le aveva dato modo di conoscersi nel profondo, rendendola consapevole delle sue capacità.

“E' proprio vero che sono le difficoltà a rivelare la vera natura di una persona” ammise sospirando. Un pochino di senso di colpa ogni tanto riaffiorava in lei per non aver seguito le raccomandazioni della mamma e promise a se stessa che in futuro sarebbe stata più prudente. Ma c’era una cosa che la rendeva davvero felicissima: a seguito dell'accaduto, la famiglia all'unisono aveva deciso, che quando fossero arrivate le medicine per la nonna, suo padre la sarebbe andata a prendere, per poi farle passare l'intera giornata con loro.

Addio solitarie incursioni a Quarto Oggiaro!

“D'ora in poi tutto sarà diverso!” si disse Cappuccetto Rosso, rimirando soddisfatta la sua immagine nello specchio.

 

Cristina Manuli