Scusa, ma chi sei?

Era una cosa che la faceva soffrire, sentirsi così unica, così diversa da tutti. Ma un tempo ne era stata fiera, le piaceva essere al centro dell'attenzione.*

Per la prima volta l'avevo conosciuta in un bel pomeriggio di ottobre, uno come tanti. Il sole era ancora caldo come quello di un'afosa giornata di agosto e le nuvole sembravano giocare tra loro disperse nell'azzurro del cielo. Ad un tratto ho sentito bussare alla porta. Tre colpi e poi il silenzio. Altri tre colpi e ancora silenzio. Mia madre mi ha insegnato che non bisogna mai aprire agli sconosciuti, ma la curiosità era talmente travolgente che non ho saputo resistere a quella tentazione. Sentivo nella testa una vocina che non smetteva di ripetere "Apri, apri" e così le parole di mia madre hanno preso il volo e chissà in quale pianeta disabitato sono andate a finire. Ho provato a tenerle strette a me, ho alzato il volume dello stereo al massimo in modo tale che quelle note così forti potessero coprire quella vocina assordante. Nonostante il grande sforzo, neppure la musica era riuscita ad ostacolare il percorso di quel suon che sembrava martellarmi il cervello. Ormai le parole avevano trovato la loro posizione ideale, e quale terreno è più fertile di una mente curiosa? E così ho aperto la porta. Era così affascinante, così disponibile, così speciale che l'ho fatta accomodare senza esitare. Era tutto in ordine come se fosse stato previsto l'arrivo di un ospite. Si guardava intorno mentre io le mostravo ogni parte della casa con entusiasmo,ma lei non era interessava alle mie parole e si è accomodata sul mio divano in pelle sommerso da cuscini di ogni genere e ha iniziato a fissarmi. Non era attenta a ciò che le dicevo,sembrava esser naufraga nel suo mare di pensieri. Poco dopo ha preso le sue cose ed è andata via.

Veniva spesso a trovarmi, sempre agli stessi orari, era puntualissima non saltava mai un appuntamento. Anche se pensandoci bene, ma quale appuntamento? Si presentava senza chiedere o avvertire! Era davvero strana. A me questo suo modo di fare non dispiaceva, è sempre piacevole stare in compagnia. A volte passava per un saluto, altre volte invece occupava gran parte del mio tempo. Mi sentivo al sicuro quando c'era la sua presenza in giro per casa,anche se non lasciava né odori né parole. Io però sapevo che era con me. Me ne accorgevo guardandomi allo specchio, da quell'immagine riflessa riuscivo a percepire quanto sarebbe rimasta, com'era il suo stato d'animo e soprattutto se la sua compagnia mi stava rendendo felice oppure no. Mi accorgevo che c'era dal modo in cui era stato sistemato il lenzuolo del mio letto,da come erano stati piegati gli asciugamani in bagno, dai piatti posizionati con il fiore blu a sinistra della credenza rivolto verso l'esterno e me ne accorgevo dalla scia di perfezione che lasciava in giro. Ormai avevamo legato tantissimo, due migliori amiche inseparabili. Più passava il tempo e più si faceva conoscere, mi rapiva con le sue parole e i suoi consigli, mi trascinava in un altro mondo. Spesso trovarmi in un altro luogo era il mio desiderio più grande e per questo le ero davvero grata. Mi portava sempre nei posti più belli, aveva imparato tutto di me e mi faceva viaggiare lontano nei luoghi sconosciuti che conoscevamo solo noi.

Eravamo diventate un' unica essenza.

Con il passare del tempo questa situazione ha iniziato a pesarmi, poiché si sentiva superiore a me e i suoi consigli presto si erano trasformati in obblighi. Mi sentivo protetta, ma allo stesso tempo mi faceva mancare l'aria,mi soffocava con le sue ossessioni e le sue manie, con la sua perfezione nel mio disordine. Il mio caos era il posto in cui le piaceva trascorrere più tempo possibile, si divertiva a mettere a posto i miei dubbi e le sue incertezze,sistemava tutto a suo piacimento. Era soddisfatta quando tutto era in ordine secondo il suo schema,anche se a volte preferivo non farle nulla di mio ma riusciva a convincermi ogni volta e la lasciavo fare. Ben presto tutto ciò che era mio era diventato suo,si ostinava a volermi togliere tutto. Giorno dopo giorno si impossessava sempre più di me,fino a strapparmi di dosso anche l'anima. Mi sentivo impotente,non sapevo come fermarla e soprattutto non sapevo se fermarla oppure no perché in fondo le volevo bene. Tenevo davvero tanto a lei, anche se in tutto questo tempo non si era degnata di dirmi neppure il suo nome.

Lei sentiva invincibile,più forte di qualsiasi cosa. Mi teneva da ostaggio per sentirsi superiore a tutti. Mi aveva incatenato e mostrava agli altri il suo premio tanto sudato, me. Ero il suo trofeo da esibire al mondo intero e mi sventolava come una bandiera mentre tutti rimanevano a guardare. Era il suo modo per apparire, usando me. Lei era talmente vile che non ci metteva mai la faccia, mandava me avanti ed io ingenua continuavo ad ascoltarla. Mi aveva tolto tutto. Io non esistevo più ero solamente l'abitante del mio corpo. Ha aspettato che arrivassi al limite dell'esasperazione per presentarsi ed un giorno è venuta davanti a me, mi ha fissato in quel modo che solo lei sa fare e mi ha detto: "Piacere, io sono la tua malattia e di me ora non potrai liberarti". 

Il mio cuore per un attimo ha smesso di battere e subito dopo ho iniziato tramare una strategia per farla andare via da me. Mi stava portando via ed era arrivata l'ora di reagire. Era difficile, perché nonostante tutto lei era pur sempre la mia migliore amica. Sarebbe stato troppo doloroso allontanarla, così ho deciso di tenerla con me. Avevo scelto di chiamarla in causa solo per definire il buio, il nero, un mostro, il male. E ogni volta che pronunciavo il suo nome davanti al mondo intero tutti la fissavano con disprezzo come lei guardava me senza che io me ne accorgessi, ora avrà l'attenzione che merita.

Francesca Motta

*incipit tratto da Tutti i colori del mondo di Giovanni Montanaro