Sono Cappuccetto Rosso

- Mamma mi racconti una favola?

-  C’era una volta…  

- Ora non c’è più?

- C’è ancora, ma le favole iniziano così.

C’era una volta una bambina tanto birichina, ma anche altruista e buona. Aveva sempre un sorriso e una parola per gli altri e girava per il quartiere con la sicurezza di una persona già adulta contagiando tutti con la sua allegria. Da un po’ di tempo però era diventata triste perché non poteva, non sapeva riprendersi dal dolore per la scomparsa del nonno e così quando la sera si ritirava nella sua stanzetta ripensava ai suoi racconti.

Il nonno l’andava a trovare una volta a settimana e si sedevano nei giardinetti di p.za S. Maria Ausiliatrice vicino alla fontanella da dove poi avrebbero riempito due bottiglie di acqua fresca da portare alla nonna.

Il nonno aveva fatto parte della Resistenza Italiana, partigiano nelle montagne del Piemonte che fanno da confine tra l’Italia e la Francia. Era comunista, rosso.

Alla fine dei suoi racconti di storia vera, il nonno giocava con la fantasia e la portava nel bosco magico dove gli alberi si inchinavano al loro passaggio e gli animali facevano a gara per informarli sul nome delle piante. I funghi velenosi si ritiravano nella terra per non farsi prendere, mentre gli altri sprigionavano il  profumo più forte che potevano. Era bello affidarsi alla memoria e alla magia, un duplice incanto ed ogni volta era come aprire una porta e aspettare il regalo sulla soglia.

Un giorno mentre la nostalgia la teneva lontano dal resto del mondo ebbe una grande idea e il sorriso le tornò spontaneo sulla labbra, negli occhi e nel cuore. Andò quasi correndo ad acquistare una cuffia per ascoltare la musica, rossa, in onore del nonno e poi informò i suoi amici che avrebbero dovuto chiamarla Cappuccetto Rosso.

Ora che le era tornata la serenità e la voglia di vivere pensò che poteva senz’altro andare a trovare la nonna che abitava nella stessa città, ma in un altro quartiere. La casa della nonna era grande e molto bella: in verità era un villino con tanta terra intorno, un giardino, una piscina e un piccolo orto. Negli ultimi tempi però la casa e la terra intorno erano stati trascurati, perché l’età e gli acciacchi dei nonni non avevano permesso più loro di curare né la casa né tanto meno tutto il resto. Ora poi che la nonna era rimasta sola, era diventato quasi impossibile continuare ad occuparsene.

Pensò di festeggiare quella giornata perché le rimanesse nella memoria: indossò una camicetta bianca bellissima nella sua semplicità, una gonna di un colore sfumato tra il lilla e il viola e sopra un gilet che le scendeva morbido sui fianchi. Il tutto era abbellito da uno sguardo libero dal dolore perché ora il nonno era più che vicino, era dentro di lei. Con in testa le cuffiette e il suo gatto nel trasportino andò a trovare la nonna. Le avrebbe lasciato il suo Oscar, perché era un gatto speciale, che sapeva fare buona compagnia senza essere invadente e mangiava di tutto: la frittata era il suo piatto preferito, poi gli piaceva il riso e lenticchie e via via tutto il resto. Per raggiungere la casa della nonna doveva percorrere la Portuense in piena città, poi arrivava un tratto circondato ai lati dalla campagna della tenuta dei Massimi. Questo era un luogo isolato e frequentato da ragazze che spesso si avventuravano in mezzo alla strada per richiamare i clienti. Per questo motivo non spingeva mai troppo sull’acceleratore, non voleva essere costretta a frenate brusche. Quella volta invece frenò bruscamente perché la scena che le scorreva davanti glielo impose: un uomo rincorreva una ragazza. Quasi senza rendersene conto fermò la macchina e scese: dovette fare una gran forza sulle gambe che sembravano di burro. La voce non usciva, aveva coscienza di muovere le labbra, ma non emetteva alcun suono. Sentiva invece chiaramente quello che la ragazza implorava.

- Per carità non mi togliere i soldi, questa sera devo consegnarli e se non li ho quell’uomo mi picchia, mi fa cose tremende, ti prego, ti prego.

Roberta aveva la testa confusa, si accorse che stava piangendo quando una lacrima si posò sulle sue labbra.

- Se non mi dai i soldi sdraiati, facciamo l’amore!

- Nonno aiutami, aiutami, non mi avevi detto di questo amore. Ricordo ancora le tue parole: Roberta piccola mia, verrà per te una stagione splendida ed io guardandoti saprò che sei innamorata di un amore che toglie il respiro e il piacere sarà così forte da rasentare il dolore.

- E tu chi sei? Che hai da guardare? Fa attenzione a non provocarmi…

- Sono Cappuccetto Rosso…

- Ah ah ah ah ah!!! Cappuccetto Rosso? Guarda che questa non è una favola… e magari vai anche dalla nonna?

- Sì, per l’appunto vado dalla nonna

- Cappuccetto Rosso o come cavolo ti chiami stai attenta: non ti accorgi che ho gli occhi fuori dalle orbite e le mani da assassino pronte ad uccidere? Perciò è meglio che non mi prendi in giro

- Nonno aiutami!

- Di sempre la verità Roberta, non temere!

- Signore vado dalla nonna, lo giuro! Ho con me Oscar: la nonna è sola e Oscar è davvero un buon gatto

- Un buon gatto? I cani fanno compagnia, cara Cappuccetto Rosso, non i gatti: te lo ripeto fai attenzione e non chiamarmi signore, sono il lupo cattivo

Intanto le ragazze avevano ripreso fiato, ma non si azzardavano più a parlare.

L’atmosfera era cambiata e il silenzio irreale era interrotto ogni tanto dai grugniti e dalle imprecazioni del lupo cattivo che camminava avanti e indietro senza sapere più che cosa fare.

- Posso andare? – domandò timidamente Cappuccetto

Aspettò inutilmente per alcuni istanti la risposta e allora piano, piano, si avviò verso la macchina facendo cenno alla ragazza di seguirla con una mano sul cuore, come per attutire il rumore dei battiti.

Improvvisamente percepì un respiro sfiorarle l’orecchio sinistro, un respiro alterato e per un attimo credette di svenire.

- Metti in moto e andate prima che cambi idea

La macchina però non voleva saperne di partire. Oscar miagolò sommessamente e le ragazze si guardarono impaurite. A Roberta venne in mente una frase: “L’uomo cresce a seconda della grandezza del compito”. E così con fare disinvolto chiese aiuto al lupo cattivo promettendogli di portarlo dalla nonna dove avrebbe ammirato la foresta incantata. 

Il lupo cattivo era seduto dietro e con gli occhi che mandavano lampi a intermittenza guardava le due ragazze e deglutiva la saliva, pregustando i tre bocconcini.

- Per me siete tutte donne – disse ad un tratto – tutte appetibili dai 15 ai 90 anni.

Pensare all’incontro con la nonna era per lui come sentire un dolce prelibato sciogliersi in bocca.

Cappuccetto Rosso e la nuova amica fingevano di non sentire, anche se quelle parole ballavano davanti ai loro occhi. La disperazione era svanita, erano inspiegabilmente fredde e lucide: dovevano salvare non solo se stesse ma anche la nonna.

Arrivarono che non era ancora buio. Al suono del clacson la nonna si affacciò e aprì con il telecomando il cancello del villino. Era sempre molto sola e perciò rimase piacevolmente stupita alla vista di tre persone.

- Ecco un giorno fortunato! – disse quasi gridando

- Eh, eh, eh nonnina, aspetta e vedrai – mormorò fra i denti il lupo cattivo, che si sentiva tendere tutti i muscoli, mentre i pensieri srotolavano i suoi desideri

- Che bella nonnina hai, Cappuccetto Rosso! E che occhi belli e grandi ha!

- Li spalanca per la felicità di vedermi!

- Che bocca grande e ben disegnata! È giovane la tua nonna…

- Sì la mia nonna è giovane e ama portare il rossetto che fa la sua bocca più grande.

- E che mani forti!

- Lavoro la terra da tempi lontani – rispose la nonna – e le mie mani si sono adattate alla necessità

Il lupo cattivo non si accorgeva che parlando, parlando si stavano inoltrando nel boschetto.

Le due ragazze e la nonna si scambiarono uno sguardo d’intesa ed imboccarono un sentierino disseminato di trappole per i lupi: appena furono in vista della botola la nonna strizzò l’occhio a Cappuccetto Rosso e quando si fermarono come per riposare, il lupo cattivo le oltrepassò finendo nella trappola.

Cominciò a lamentarsi e a giurare e a spergiurare che non avrebbe fatto male a nessuna di loro, anzi non avrebbe fatto più male a nessuno, ma la nonna mise due dita in bocca e fischiò come un pecoraio, così forte che bisognò tapparsi le orecchie. Giunsero di corsa due guardie che si fermarono sul perimetro della buca.

Conoscevano l’intelligenza e l’abilità della nonna, ma questa volta videro nei suoi occhi quell’intensità che appare solo quando si scampa un pericolo serio, che per di più ha minacciato qualcuno che si ama.

Si allontanarono e abbracciarono le donne in silenzio.

- Ma che mi lasciate qui? Aiuto fatemi uscire!

Senza volerlo stavano già infliggendo una punizione al lupo cattivo e così colsero l’occasione al volo e non risposero.

- Non mi lasciate solo, ho paura! Fra un po’ sarà buio, ho pauraaaaaaaaaaaaaaaaa!

La situazione era diventata quasi comica: un lupo che piagnucolava era un avvenimento esilarante, lo avrebbero raccontato in caserma.

- Ora ti portiamo in superficie e poi dovrai pagare per quello che hai fatto. Qualche anno di galera ti metterà sulla buona strada.

- Non posso stare rinchiuso, sarebbe la mia fine. Devo correre, cacciare è il mio destino di lupo cattivo, è la favola, devo onorare il nome che mi avete confezionato: rincorro gli agnellini e me li mangio. Del resto voi umani allevate gli animali, fate finta di amarli, li accudite, li fate ingrassare e poi li cucinate. Qual è la differenza? E poi i modi di dire: “In bocca al lupo” “Crepi”. Perché non dite “Lunga vita al lupo”? Magari noi, liberati dalla paura costante di morire, potremmo vivere con meno ansia.

L’atmosfera a quel punto era irreale, si era insinuata una confusione di ruoli e ci volle qualche minuto prima che ai gendarmi tornasse la lucidità necessaria per prendere una decisione.

- Senti Lupo, ora ti tiriamo fuori, ma non provare a fare il furbo. Comportati bene e noi faremo altrettanto con te. Ci siamo convinti che hai una parte di ragione, ma devi provarla con i fatti, per questo è necessario che la giustizia sia giusta. Noi pensiamo che solo il lettore di questa storia potrà ridare serenità alle vittime e una giusta punizione al malfattore.

 

Carla De Angelis