Un'aria fresca e leggera

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano le 5.30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l'alba della sua città sapeva creare.*

Gli piaceva alzarsi presto la mattina, anche se guardandosi allo specchio vedeva riflessa un'espressione ebete, ma in pochi minuti l'acqua ghiacciata che fuoriusciva dal rubinetto lo riconciliava con il mondo reale. Una fetta di pane tostato con burro e marmellata, caffè e latte, maglione slabbrato, jeans strappati sulle ginocchia a furia di pedalare e saliva in groppa alla sua bianchi anni '60 rosso fiammante, regalatagli da un suo vecchio amore. Respirava a pieni polmoni l'aria pulita della mattina, prima che diventasse irrespirabile. I negozianti sistemavano le loro mercanzie, riempiendogli le orecchie con il loro vociare e al suo passaggio lo salutavano strizzandogli l'occhio. La luce dei lampioni intanto cedeva il passo ai primi timidi raggi del sole.

Prese la pila di quotidiani da vendere e si precipitò sulla ripida discesa del Cavone che da Salvator Rosa portava direttamente a piazza Dante. Giunto al semaforo dove sostava ogni mattina, Ahmed si accorse che da una finestra aperta sulla piazza penzolava una donna, i piccoli piedi nudi scalciavano insistentemente nell'aria, smuovendole la lunga camicia da notte bianca. Sembrava che urlasse, ma Ahmed non sentiva nessun suono uscire da quella bocca spalancata in un grido disperato. Si guardò attorno, nessuno dei passanti volgeva lo sguardo verso di lei, allora iniziò a correre, pochi metri lo separavano da quella finestra.

- Aspetta! – gridava mentre correva – Resisti ancora un attimo, sto arrivando!!!

Quei secondi sembravano eterni, come una scena a rallentatore. Arrivato sotto la finestra chiese aiuto ad Antonio il calzolaio.

- Aiutami, dobbiamo acchiapparla se cade è finita!

- Guagliò, ma tu te siente bbuon? – disse Antonio guardandolo incuriosito.

Ahmed capì inmediatamente che quella donna la vedeva solo lui.

- No Antonio, non è niente, lascia stare.

Tornò al suo semaforo, ma gli occhi non potevano fare a meno di guardarla. Quel giorno di lavorare non se ne parlava, entrò da Vincenzo che faceva la pizza più buona del quartire, se la sarebbe poi scaldata a casa. Si sentiva irrequieto, come si era sentito poche volte in vita sua, come quando sua madre gli raccontava del suo primo viaggio in quella barca stracarica di persone, con lui ancora in fasce e di come se lo stringeva al seno per paura di perderlo nel mare che sembrava infinito. Tutti questi pensieri riaffioravano improvvisi, mentre di corsa, la musica nelle orecchie, se ne tornava verso casa con gli occhi ancora pieni di quel mistero. Mangiò la pizza svogliatamente e si stese sul letto, rigirandosi più volte, riapriva gli occhi per paura di rivederla e guardando la luna sprofondò in un sonno agitato. Sognava di cadere ripetutamente dalla stessa finestra senza che nessuno se ne accorgesse e l'asfalto di lastre di porfido diventava morbido fino a farlo rimbalzare di nuovo sul davanzale. L'indomani si risvegliò con la sensazione di aver cominciato un viaggio senza ritorno. Ahmed era caparbio, aveva lasciato l'università, che si pagava da solo, perchè era troppo piena di poteri e gerarchie e si era gettato a capofitto in tanti lavori che gli avrebbero permesso di realizzare la sua passione sfrenata per il cinema: fare il suo primo film. Sua madre era morta da un anno e sempre gli restava il ricordo delle sue parole.

- Se sei sopravvissuto a quel primo viaggio troverai una tua strada qui.

Senza di lei che lo aveva accompagnato con la stessa forza del primo abbraccio, non sarebbe arrivato fino a quel punto. E adesso? Quella donna entrata così prepotentemente nella sua vita gli impediva di tenere i piedi per terra e gli occhi ben saldi sulla realtà, aveva aperto uno squarcio su una dimensione che lui non conosceva, o meglio Vincenzo e Antonio spesso gli parlavano della città misteriosa, magica, diabolica, ma con una risata spazzavano via il timore che si palesava sul suo viso. Quella mattina invece di fare colazione a casa prese un cornetto e un cappuccino al bar proprio di fronte alla statua di Dante. Fece di tutto per non guardare la finestra e poi la vide. Era seduta sul braccio della statua di Dante, lo guardava e gli sorrideva e con l'indice piegato ripetutamente verso l'alto gli faceva segno di avvicinarsi. Le gambe gli tremavano, ma per uno strano conflitto, lo portavano verso di lei. Appena Ahmed fu sotto la statua si sentì minuscolo, non aveva mai visto Dante da quella prospettiva, tutto intorno gli sembrò enorme. La donna scendendo dal braccio della statua si mise a giocare a nascondino dietro le sue spalle, poi con un salto leggera come una piuma, si incamminò verso Port'Alba. Ahmed la seguì, doveva sapere, la paura lasciò il posto a una curiosità irrefrenabile. Di corsa lungo la ripida discesa di S. Sebastiano svoltò a sinistra, camminò ancora, l'aveva persa, ma poi si bloccò nel quadrivio tra via Nilo e Spaccanapoli. Lei era al centro, in mezzo al fiume ininterrotto di gente che la attraversava senza vederla e rideva a crepapelle, senza che le uscisse alcun suono.

- Che vuoi da me? – gridò Ahmed.

Poi le si avvicinò, mentre lei continuava a ridere, provò ad afferrarle un braccio per portarla via dalla folla e una scossa, un calore improvviso gli si insinuarono nel corpo. Chiuse gli occhi e lo vide per intero, si dipanava come un film muto, un susseguirsi di immagini in cui tornava sempre lei: corpo indifeso, conquistato mille volte e mille volte gettato, ripudiato, violato, bruciato, corpo sinuoso e irriverente che ti scaccia e ti accoglie, dai mille anfratti e nascondigli e vicoli bui e agguati, corpo sciatto, sporcato, dimenticato. Quelle immagini Ahmed le aveva pensate e viste già tante volte per il suo film e in quel momento si erano materializzate davanti a lui. Riaprì gli occhi e si vide correre sulla sua bicicletta rossa fiammante, non ricordava affatto come era arrivato a prenderla. Dietro di lui in piedi, poggiando le mani sulle sue spalle, c'era lei. Ahmed prese il controllo della bici, era lui a decidere il percorso, anche se non conosceva la meta. Quando si fermò, si trovarono sul punto più alto di un promontorio che precipitava a strapiombo nel mare più azzurro che avesse mai visto.

- Ahmed, tu mi devi aiutare.

Per la prima volta sentì la sua voce, era ferma dietro di lui e lo guardava con una profondità che gli scavava dentro l'anima.

- Tu devi dire la verità su di me, ormai ne sei a conoscenza.

Ahmed non capiva.

- La devi dire a tutti, a tutti quelli che non l'hanno capito che io muoio e rinasco mille volte, che per quanto mi vogliono calpestare io rialzo la testa, sempre... Tu lo devi dire a tutti di chi è la colpa, perchè io non voglio più morire.

Poi si gettò dalla rupe come faceva da secoli. Ahmed tornò a casa confuso, ma, come in preda a un furore mai provato prima, le sue mani scorrevano su quei fogli rimasti immobili sulla sua scrivania da un anno. Non si fermarono più. Per una settimana Ahmed si alzò solo per andare in bagno e mangiare qualcosa, poi chiuse la sceneggiatura, preparò in fretta il suo zaino e partì. Per due anni non si seppe nulla di lui, fino a che...

- Uè! E saputo di Ahmed? – disse un giorno Antonio il calzolaio a Vincenzo – L'aggio visto 'ncopp o ggiurnale, steva a 'Merica o Sundance Festival, chillo teneva a capa tosta! Steva na foto cu isse ca strigneva a mano a Robert Redfòrd, a vinciuto cu un film indipendente, steva scritto accussi, 'ncoppa a na guagliona, se chiammava... aspetta ca nun m'o ricordo... ah, si! Partenope!

- Ma tu l'hai visto?

- Ma chi, che cosa?

- O film!

- E non ancora, o ssaie ca io nun vaco mai o cinematografo a vedè sti film pesanti! Ma quello di Ahmed nun o voglio perdere!

- Iammoce assieme.

Dopo qualche settimana Antonio e Vincenzo, eleganti e impomatati, erano proprio davanti al cinema dove si proiettava la prima di Partenope, in quella occasione ci sarebbe stato anche il regista e qualche attore. Dopo la proiezione Vincenzo e Antonio si alzarono ad applaudire con gli occhi pieni di lacrime e di felicità. Ahmed si voltò e si alzò per salutarli, ma mentre stava per girarsi e tornare a sedersi la vide, seduta su una poltrona in fondo al cinema. Rideva e lo guardava con gratitudine, poi lentamente cominciò a sparire, lasciando il posto vuoto. Ahmed uscì in mezzo alla folla che gli stringeva la mano, cominciò a passeggiare, voleva vedere l'alba. Quella notte per la città si respirava un'aria fresca e leggera.


Ilaria Migliaccio

*Incipit tratto da Se solo fosse vero di Marc Levy