Un caso per due

 

C’era quell’albergo, di una eleganza un po’ appannata. Probabilmente era stato in grado, in passato, di mantenere certe promesse di lusso e garbo. Aveva ad esempio una bella porta girevole in legno, un particolare che sempre inclina alle fantasticherie.

Pioveva a dirotto quando lo chauffeur fermò la Citroen d’epoca davanti all’entrata principale della nuova Casa Albergo Baies Des Anges. L’autista aprì la portiera posteriore, un anziano signore scese dalla macchina e nello stesso istante comparvero altre due figure: uno, con l’uniforme da facchino, ritirò i bagagli, l’altro, con solerzia, scortò il cliente fino all’ingresso.

La porta girevole rivelò l’interno della struttura, le finestre erano alte fino al soffitto e si respirava un’atmosfera di quiete ed eleganza. Al bancone della reception il capo ricevimento, affiancato da un maggiordomo dalla divisa impeccabile, accolse l’ospite con grande riguardo.

- Benvenuto a Nizza giudice Chapman, siamo onorati di averla come nostro ospite. A breve Pierre, il suo maggiordomo privato, l’accompagnerà all’appartamento prescelto, poi più tardi avrà modo di conoscere l’intero staff.

La nuova dimora del giudice era arredata in stile gotico, perfettamente in linea con l’architettura dell’albergo, tutte le stanze però erano dotate dei più moderni comfort. Il signor Chapman aveva deciso di ritirarsi nell’incantevole Costa Azzurra, dove il clima era sempre mite, non paragonabile a quello di Manhattan con inverni freddi e bui ed estati troppo calde e umide. Voleva assaporare tutto di Nizza, bella ed esotica, con le sue palme lussureggianti e le canne profumate di eucalipto.

- Tutta la vita in pieno relax – pensò.

Con queste immagini nella mente congedò con garbo il maggiordomo, poi ripose con cura gli oggetti cari e i vestiti nella cabina armadio.

Nel tardo pomeriggio Pierre gli recapitò un cartoncino d’invito.

- Il direttore è lieto di incontrarLa alle ore 18.30 – c’era scritto – per un aperitivo di benvenuto nel salotto bar al piano terra.

La firma rimaneva illeggibile, ma si capiva che il direttore era di origine italiana. Il giudice Chapman si cambiò optando per uno spezzato informale indicato per l’occasione.

Mancava ancora una mezz’oretta prima dell’appuntamento, giusto il tempo per dare una letta al quotidiano regionale Nice-Matin datato 13 marzo 1970. Il titolo in prima pagina riaccendeva la diatriba sulla demolizione della piramide di Saint-André resa indispensabile per la costruzione del nuovo raccordo autostradale.

Il pendolo a colonna scandì la mezz’ora, il giudice chiuse la porta del suo appartamento ed entrò in ascensore. Tutto profumava di belle époque e la lenta discesa al piano terra evocò in lui ricordi lontani, di quando era un giovane avvocato approdato da poco nell’intrigante Côte d’Azur.

Attraverso i vetri colorati riconobbe la sagoma di Pierre, pronto ad accompagnarlo in salotto. Il bancone del bar divideva la stanza e, seduto su un divanetto, un uomo attempato fumava una gauloises bruns. Appena vide il maggiordomo in compagnia del nuovo cliente, il proprietario della Baies des Anges si alzò. Dopo pochi passi, si bloccò leggendo negli occhi del sig. Chapman il suo stesso pensiero. In quel preciso momento tutto quello che li circondava smetteva di esistere, era come se avessero premuto il tasto rewind e fossero tornati, in un lampo, indietro negli anni per rivivere da capo la storia. Dopo qualche istante di gelo tutto sembrò tornare alla normalità e il direttore in maniera formale tese la mano al giudice.

- Mi è gradita l’occasione per porgerle il più sincero benvenuto, giudice Chapman – disse – spero che l’appartamento soddisfi le sue esigenze. La prego, per qualsiasi problema non esiti a contattarmi, sono a sua completa disposizione, il mio alloggio si trova all’ultimo piano.

Il giudice fece appena in tempo ad esprimere la sua completa soddisfazione, che il direttore con un sorriso forzato si allontanò. A Pierre non sfuggì quel comportamento anomalo e spinto dalla sua assoluta devozione, cercò una frase giustificativa.

- Monsieur Galliani è sempre pieno di impegni…

Il giudice Benjamin Chapman non sentì nemmeno le parole che seguirono, salì nel suo appartamento, trovò il dossier e osservò la copertina.

Vollmer-Wildermuth Conselors & Lawyers Chapman-Moore

188 Montague Street Manhattan N.Y.      

proceeding Messrs Miller, Gifford against Mr.Costantino Galliani.

March 15 1935.

Il ticchettio del morbier ritmava il silenzio, Benjamin si mise comodo sulla dormeuse e aprì il primo fascicolo.

Lo sguardo si posò, privo di profondità, sulle cose che lo circondavano, si accese una sigaretta con calma ed espirò un lungo filo di fumo.

- Era tutto talmente pazzesco – pensò.

Non vi era alcun dubbio, Costantino Galliani era stato il protagonista di quel caso dai contorni ambigui e controversi.

Quell’incontro lo aveva turbato, si alzò e si versò un armagnac. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi davanti “le danseur-gigoló de la Côte d’Azur.” La singolare coincidenza di circostanze lo portò inevitabilmente a ripercorrere l’intera vicenda, nonché il ricordo di un macabro episodio.

Nella sua memoria fotografica scorrevano le immagini dei titoli stampati a caratteri cubitali sulle prime pagine dei quotidiani più importanti dell’epoca.

- Long Island Daly Press Friday, 13 April 1935: “The strange will of a dead American rich in French Riviera.”

- Le Matin vendredi, 20 Avril 1935: “A qui les 10Millions di frs. De Mrs. Gifford Miller morte à Nice en march 1935? A son mari Ed. Gifford? A son danseur-gigoló italienne Tino Galliani?”

- Corriere della sera Milano mercoledì, 16 Maggio 1935: “ La macabra contesa della salma di Mrs. Emily Gifford Miller. Che fine hanno fatto le ceneri di Emily?”

Il giudice Chapman ricordava tutto, benché fossero passati trentacinque anni.

La battaglia legale verteva su due testamenti olografi scritti di proprio pugno da Mrs. Emily Gifford. In uno, datato 1925, Emily nominava l’ex marito Gifford erede universale di tutte le sue proprietà, nell’altro, redatto nel 1933, nominava il suo amico Costantino Galliani solo erede di tutti i suoi beni personali.

Il giudice rammentò con la stessa emozione di allora il momento in cui con un tocco magistrale era riuscito a riequilibrare una sentenza che oramai sembrava remare a favore “de le danseur italiano”. Aveva giocato la sua carta finale, spostando l’attenzione sulla traduzione e l’interpretazione di poche parole: solo (come solamente) ed erede dei beni personali (come erede di effetti personali).

Era stata una disputa clamorosa che aveva appassionato tutti i lettori americani, francesi e italiani.

A partire da quel momento la sua fama di giovane avvocato aveva raggiunto ogni angolo di quelle Nazioni. Gli avvocati delle due parti, su richiesta dei rispettivi clienti, si erano accordati sulla divisione dell’eredità e il gigoló Costantino Galliani aveva incassato 5Millions di frs.

L’ultimo ricordo provocò al giudice Benjamin una fitta al cuore, Emily era morta sola in una clinica di Nizza e il suo corpo era stato depositato in un camposanto, in attesa delle misure di conservazione.

Pochi giorni dopo il decesso l’ex marito aveva inviato una somma di denaro, in attesa della tumulazione e del trasferimento della salma negli Stati Uniti, ma alla vigilia della partenza, Galliani aveva presentato un ordine firmato dal giudice di pace di Nizza che gli concedeva il possesso dei resti di Emily. Galliani aveva ordinato di inviare le spoglie a Marsiglia per essere cremate e poi deposte a Milano nella tomba di famiglia. Il console degli Stati Uniti, incaricato da Mr. Gifford, aveva aperto un’inchiesta a Milano dalla quale era risultato che le ceneri non erano mai giunte in quella città. Che fine avessero fatto i resti di Emily era rimasto un mistero.

Fu allora che il giudice Chapman prese una decisione: giurò a se stesso di scoprire la verità per rendere giustizia al vilipendio di quel povero corpo che non aveva più alcun valore per nessuno.

Dal corridoio giunsero i rintocchi di un gong, poi il maggiordomo bussò alla porta.

- La cena sarà servita a piano terra, monsieur – annunciò.

La sala era rischiarata da lampade schermate e, dall’alto soffitto, tre piccoli chandelier baccart accentuavano l’illuminazione. Il tavolo a lui riservato era in fondo alla sala e gli permetteva una visuale completa. I camerieri si muovevano rapidi e silenziosi fra i tavoli e un uomo dal portamento impettito si alzò attraversando di buon passo la stanza.

- Didier Dubois, lieto di rivederla giudice Chapman – si presentò a bassa voce – Ci siamo conosciuti  anni addietro in circostanze se non proprio romanzesche, comunque curiose. Nel 1935, il caso Emily Gifford Miller, ricorda? Lei, a quei tempi era un brillante avvocato, io uno spiantato freelance de Le Matin con la morbosa ambizione di diventare scrittore.

- Si ricordo bene – sorrise il giudice – Lei era conosciuto con lo pseudonimo di Didì le petit assaut journaliste e scorrazzava per tutta la Costa in moto, una Terrot 145cc.

Didì rispose con un cenno di assenso e, con la coda dell’occhio, il giudice lo vide sfilare da una tasca un foglietto ripiegato.

- Bene monsieur Chapman – disse tendendogli la mano – le auguro una buona cena.

Si congedò con voluta nonchalance, rivolgendo l’attenzione al piatto da portata che il cameriere aveva posato sul tavolo.

Nei corridoi dei piani le luci rimanevano accese l’intera notte e non fu difficile per Chapman entrare di soppiatto nell’appartamento di Dubois.

- Mi spiace aver organizzato questo incontro da cospiratori, ma non vi erano alternative, la prego, si metta comodo. La mia curiosità di giornalista mi ha portato a pensare che abbiamo entrambi una ragione ben precisa di essere qui, quindi…

- … uniamo le forze per raggiungere l’obiettivo! – sussurrò Benjamin.

- Esattamente – confermò Dubois – Da un documento in mio possesso si evince che il sig. Pierre Morel dal 1934 al 1936 è stato caposala nella Clinica Saint George di Nizza. La sera del 12 marzo 1935, prestava servizio notturno e durante uno dei giri di ispezione trovò la signora Gifford priva di vita nel suo letto. Detto ciò, senza altri preamboli, arrivo al punto, è mia intenzione pubblicare un libro che racconti la vera storia di Emily Gifford. Cerco una traccia che confermi l’ipotesi di una complicità premeditata tra il nostro maggiordomo Pierre Morel e il signor Galliani nel causare il decesso di Emily. All’ultimo piano si trovano due mega appartamenti uno abitato da Galliani, l’altro da Morel e in fondo al corridoio c’è una porta di metallo con serratura a combinazione.

- La verità è dietro a quella porta – disse con voce ferma il giudice, rigirandosi tra le dita l’ultima sigaretta.

- Galliani si assenterà per un paio di giorni – replicò Didier – e agiremo mercoledì. Possono sospettare solo di lei, non è mai stato pubblicato nessun articolo a mio nome, firmavo sempre con D. D., le mie iniziali. Lei dovrà tenere occupato Pierre il più a lungo possibile.

- Non dovrebbero esserci problemi – disse Chapman – dopotutto io e Pierre abbiamo lo stesso compito, cambia solo il committente.

La porta si richiuse e Benjamin raggiunse indisturbato il suo appartamento.

Era primo mattino quando Benjamin venne svegliato dal rumore del motore di un’auto che percorse lentamente il vialetto di ghiaia e imboccò la strada principale.

Quel mercoledì Didier si alzò di buonora, guardò l’orologio da polso e raggiunse la sala colazione. All’ingresso un sommesso chiacchiericcio catturò la sua attenzione, ma riuscì a captare solo mezze frasi.

- Stava facendo colazione, poi all’improvviso…

- Si è accasciato al tavolo – proseguì un ospite dell’albergo.

- Di chi si tratta? – domandò allarmato Dubois.

- Il giudice Chapman signore! – rispose il cameriere mentre raccoglieva gli ultimi cocci da terra.

In quel preciso momento apparve l’elegante figura di Pierre e un lieve sorriso increspò le sue labbra.

- Il signor Chapman si è ripreso, ma per precauzione resterà a riposo nel suo appartamento sotto la mia costante sorveglianza.

Era scoccata l’ora zero.

Quando Didier giunse dinanzi alla porta dell’ultimo piano, sobbalzò nel vederla semiaperta: guardò di sbieco, si rese conto che non c’era nessuno ed entrò, accostando la porta dietro di sé.

La finestra illuminava sufficientemente l’ambiente e l’unico arredo era un mobile a scaffalatura murato alla parete. Mentre stava per uscire dalla stanza sentì dei passi avvicinarsi e quando si appiattì al mobile, la scaffalatura ruotò sul proprio asse e si richiuse alle sue spalle. Nello stesso istante in cui sentì sbattere la porta di metallo, si ritrovò dentro un bugigattolo buio. Salì una scaletta di ferro sino in cima e giunse in prossimità del soffitto dove c’era una botola che aprì con un certo sforzo.

Si ritrovò in una grande camera e, quando a tentoni riuscì ad accendere l’interruttore della luce, vide che al centro, sopra un tavolo di legno, erano impilate delle casse numerate da 1 a 15. Quattro di esse si distinguevano dalle altre per delle scritte sbiadite ma ancora leggibili. Ogni cassa aveva un numero seguito da una lettera: 9M, 3I, 5L, 1E. Didier, che aveva sempre avuto un fiuto eccezionale per gli scoop, ebbe una folgorazione: 1935 EMIL. L’indizio che completò il quadro finale fu la scoperta di una cassettina zincata con incisa la lettera Y.

Con grande sforzo Didì scassinò le casse e scoprì che una conteneva gli ultimi oggetti appartenuti ad Emily durante la sua degenza nella clinica di Nizza. Tra le pagine di uno dei libri, trovò una busta affrancata e mai spedita intestata a Edward Gifford, era aperta e con estrema cura sfilò la lettera e la lesse con attenzione.

Il pendolo batté le due e mentre Chapman cercava nuovi argomenti per intrattenere il maggiordomo, Didier era concentrato sul modo di uscire da quella stanza segreta. Vide che la finestra si affacciava sul cornicione, pochi passi lo separavano dalla scala antincendio e poi con ostentata indifferenza avrebbe potuto varcare l’ingresso principale della nuova Casa Albergo Bais de Anges.

L’addetto alla reception lo osservò perplesso, il vestito impolverato e sgualcito lasciava spazio a molti interrogativi. Didier raggiunse l’appartamento in preda a una crescente agitazione, si vestì di tutto punto e andò nel salotto bar in attesa del giudice, che lo trovò seduto su una poltrona immerso nella lettura di un quotidiano. Il suono del gong coprì l’ultima frase che si scambiarono.

Era mezzanotte quando Didier in religioso silenzio vide Chapman indossare un paio di guanti e sfilare la lettera dalla busta. La carta intestata riportava il logo della Clinica Saint George, Benjamin mise gli occhiali e cominciò a leggere.

Caro Eddy,

vivo nell’angoscia che ogni giorno per me sia l’ultimo, sono convinta che il pericolo sia imminente e di conseguenza ti prego di partire subito per Nizza. Nel caso dovessi morire prima del tuo arrivo, consegna questo mio scritto alle autorità. Domani mattina affiderò la lettera a una persona di mia fiducia che sarà a New York per affari entro il fine settimana e con l’occasione ti recapiterà la lettera in tempi brevi. Ti aspetto con ansia.

Nizza, 12 Marzo 1935

Io Emily Miller nel pieno possesso delle mie facoltà mentali dichiaro di voler annullare ogni testamento che precede questa data e nomino il signor Edward Gifford mio esecutore testamentario, nonché erede universale di tutti i miei beni.

Inoltre denuncio che la mia morte non avverrà per causa naturale ma sarà un omicidio premeditato per mano del signor Costantino Galliani e del signor Pierre Morel, caposala della Clinica Saint George di Nizza. Il movente è la riscossione della mia eredità in merito a un testamento da me redatto nell’anno 1933, nel quale nominavo il signor Costantino Galliani unico erede di tutti i miei beni personali.

In fede

Emily Miller

Chapman ripiegò con cura il foglio.

- Troppo tardi povera ragazza! – disse con un filo di voce – Quella sera stessa venne uccisa e questa lettera non è mai arrivata a New York. Sono passati 35 anni dalla contesa eredità e a nessuno verrebbe in mente di associarla a un omicidio sfuggito alla giustizia.

- Arriveremo mai alla resa dei conti? – chiese Didier in tono rabbioso.

- Esiste un’oscura giustizia che forgia il destino e non consente mai di evitare le conseguenze delle azioni compiute – rispose Benjamin – Io e te siamo la parte oscura e dobbiamo far sì che ciò avvenga. Sarà una strada difficile e impervia, non potremo cambiare il destino di Emily, ma forse possiamo modificare la sorte di due uomini senza coscienza.

Non erano ancora le otto del mattino quando Chapman salì su un taxi e l’autista prese la sua borsa da viaggio.

- Andiamo alla stazione monsieur? – chiese.

- Sì, s’il vous plait, alla stazione di polizia più vicina – replicò Benjamin.

 

Epilogo

Nel mese di novembre si aprì un procedimento penale che vide imputati il signor Costantino Galliani e il signor Pierre Morel con l’accusa di omicidio premeditato di primo grado, vilipendio di cadavere e appropriazione indebita. La Casa Albergo Baies Des Anges, rimase sotto sequestro. Le ceneri della signora Emily Miller dopo trentacinque anni riposarono in pace nella cappella privata di Edward Gifford a New York.

Lorella Miorali