Un'estate magica

Quell’anno il grano era alto. A fine primavera aveva piovuto tanto e a metà giugno le piante erano più rigogliose che mai. Crescevano fitte, cariche di spighe, pronte per essere raccolte*.

Giò correva tra i campi contento, era arrivata finalmente l’estate ed era giunto da poco a casa della nonna, in campagna e poteva così dare libero sfogo a tutte le sue emozioni. Emozioni che durante l’inverno doveva tenere a bada, a scuola, a casa, in chiesa, doveva essere un bravo bambino insomma. Mentre lì, in campagna, nessuno gli diceva cosa doveva fare o come doveva farlo, era finalmente libero di essere se stesso, di correre, di sporcarsi, di dare sfogo alla sua fantasia.

Tutto l’anno aspettava con ansia quel momento e quando arrivava la gioia era immensa, incontenibile. Mentre correva tre le spighe si rese conto di essere osservato da qualcuno, ma intorno a se non vide nessuno. Ogni tanto si fermava, si guardava intorno, ma niente. Ad un certo punto però sentì una voce che lo chiamava, che parlava. Molto incuriosito, ma non impaurito, guardò meglio. Nel campo c’era solo uno spaventapasseri e la voce proveniva proprio da lì.

Giò gli si avvicinò piano piano e ascoltò quello che aveva da dire.

- Per fortuna che sei arrivato ragazzo, mi stavo proprio annoiando, oggi di qua non è passato nessuno e se non fosse stato per la compagnia degli uccelli sarei stato sempre solo.

Giò non sapeva che gli spaventapasseri potessero parlare, ma la cosa gli piaceva, era una situazione nuova quella che stava vivendo.

- Da quanto tempo sei qui? – chiese Giò allo spaventapasseri.

- Dall’inizio della primavera e rimarrò qui ancora per poco, fino alla raccolta del grano.

- Come mai ti hanno messo qui?

- Per fare in modo che gli uccelli non mangino le spighe.

- E tu li mandi via?

- No, mi piace parlare con loro, mi raccontano tante storie, di viaggi, di luoghi, d’incontri ed io sto ore ad ascoltarli, loro possono riposarsi su di me ed in cambio mi raccontano le loro storie.

Giò rimase stupito di sapere che anche gli uccelli potessero parlare e ancor di più che li si poteva capire, come per lo spaventapasseri.

Proprio mentre stava facendo questo pensiero, arrivò un pettirosso e si posò sul braccio destro dello spaventapasseri.

- Ciao – disse il pettirosso.

- Ciao – rispose Giò - Ma anche tu parli e io posso capirti?”

- Certo – disse il pettirosso.

- Tutti quanti possiamo parlare e possiamo farci capire, basta volerlo, basta essere predisposti all’apertura e all’ascolto, pensa che io come amico del cuore ho un cane, lo vedo poco perché sto sempre in viaggio, ma quando mi fermo per l’inverno, passo tutto il mio tempo con lui e ci raccontiamo tutto ciò che è accaduto nel frattempo, le nostre emozioni, i nostri sogni, tutto insomma.

A quelle parole Giò pensò che non aveva mai avuto un animale e decise che per il prossimo compleanno, che sarebbe stato in agosto, se lo sarebbe fatto regalare dai suoi genitori.

Il sole era oramai tramontato da tempo, in lontananza Giò sentì la voce della nonna che lo chiamava per la cena. Gli dispiaceva lasciare i suoi nuovi amici lì e tornare a casa da solo, ma ormai aveva capito che poteva parlare con chiunque, se solo lo avesse voluto, salutò così lo spaventapasseri e il pettirosso e saltellando se ne tornò verso casa della nonna pensieroso.

- Nonna, nonna, ma tu lo sai che gli animali parlano? E anche lo spaventapasseri?

- Certo che lo so, come avrei potuto vivere qui da sola tutto questo tempo senza parlare con nessuno? Perché sola non sono, si è vero non ci sono altre persone qui con me, ma sono circondata di animali e di spaventapasseri qui nella fattoria e con loro posso passare del tempo piacevole a parlare ogni volta che ne ho voglia.

Allora Giò pensò che forse era solo lui che non sapeva queste cose o forse queste cose accadevano solo in campagna.

Dopo cena andò a letto stanco, tutte le emozioni della giornata lo avevano sfinito e mentre stava pian piano addormentandosi, vide, nella sua mente, un mondo nuovo.

Un mondo pieno di fiori, di colori, di animali, di persone e tutti insieme cantavano e ballavano.

C’era un’orchestrina di pinguini, due maialini ballerini, i gerani e i fiordalisi facevano il coro e lo spaventapasseri ballava… proprio con lui!

Poi giochi, palloni, dolci e piano piano sprofondò sorridente nel sonno più profondo.

La mattina seguente si svegliò tutto contento, aveva riposato profondamente e sicuramente la sua visione era continuata in un sogno, non se lo ricordava ma era certo di averla vissuta.

I giorni in campagna continuarono felici, ogni giorno tornava nei campi e parlava con gli animali che incontrava, con lo spaventapasseri e con le spighe. Tornava sempre soddisfatto la sera dalla nonna. Arrivò il momento di ripartire, alla fine delle vacanze, come ogni anno, ma quell’anno però fu diverso. Si, gli dispiaceva come sempre lasciare quel posto, che oramai era diventato anche magico, ma aveva imparato anche che la magia era dentro di lui e poteva portarla con sé in ogni luogo. Ritornò così alla vita di sempre in città, ma oramai non sentiva più quel dovere che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita. Finalmente era stato sostituito con il piacere di condividere ogni cosa con tutto ciò che lo circondava.

Per il suo compleanno ricevette in regalo un cane, così come aveva sperato, con cui crebbe negli anni a venire e con cui continuò l’avventura iniziata quell’estate in campagna.

 

Emma Ciceroni

*Incipit tratto da Io non ho paura di Niccolò Ammaniti