Un gioco da grandi

 

Il cavalletto era ancorato con corde sottili a quattro sassi nella sabbia. Oscillava impercettibilmente al vento che sempre soffiava da Nord. L'uomo portava alti stivali e una grande giacca da pescatore. Stava in piedi di fronte al mare rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto una tela.

Pareva osservare la grande distesa d'acqua con un certo disappunto: era raro che in quella stagione,  il mare presentasse delle sfumature di un verde così intenso e con i colori che aveva a disposizione non sarebbe sicuramente riuscito a riprodurre in maniera efficace quel paesaggio tanto suggestivo.

- Nel pomeriggio mi dovrò recare al grande emporio in città per rifornirmi del materiale necessario.  – si disse mentre riponeva il pennello, infastidito da quel contrattempo

Una vocina squillante dietro di lui lo distolse dai suoi pensieri.

- Almeno oggi Ernesto, me lo fai il ritratto?

Il pittore si voltò e sorrise. Quella bambina era veramente deliziosa. Dei capelli lisci e neri le incorniciavano il volto bianchissimo, in cui spiccavano gli occhioni scuri e il suo dolcissimo sorriso sembrava fatto di piccole perle che riflettevano la luce del giorno.

- No Pece, mi dispiace, devo andare via. Magari domani.

La bimba gli rivolse uno sguardo colmo di delusione.

- Che peccato – sussurrò – lo vorrei tanto appendere nella mia stanzetta. E’ così disadorna!

La piccola in realtà, si chiamava Sara, ma tutti la chiamavano Pece per via dei suoi colori  mediterranei. Nonostante avesse solo undici anni, la bambina possedeva già un carattere libero ed indipendente e la sua occupazione preferita era brontolare e contestare il mondo dei grandi.

Per questa ragione, con una decina di ragazzini che la pensavano esattamente come lei, aveva creato il circolo dei “Signornò”

La tristezza sparì improvvisamente dal volto della bimba quando udì gli amichetti che la chiamavano a gran voce.

- Pece, dove ti sei nascosta? Non ti ricordi che a mezzogiorno abbiamo la riunione del nostro gruppo?

- Ciao Ernesto, ci vediamo più tardi.

La bambina si congedò dal pittore e raggiunse di corsa i suoi compagni, cominciando subito la sua tenzone, con una voce vibrante di passione

- Ragazzi, è ora di finirla! Non ne possiamo più di ricevere solo ordini e rimproveri: anche noi bambini abbiamo il diritto di fare le nostre scelte e i genitori non le rispettano! Gli adulti hanno solo diritti e privilegi, possono sempre fare quello che vogliono e si divertono a soffocare la nostra personalità. Tutti noi dobbiamo avere la possibilità, anche se siamo più giovani, di agire come meglio crediamo.

Ci fu un sussurrio di approvazione generale e un ragazzino, pieno di lentiggini, intervenne a sostegno delle sue affermazioni.

- Hai proprio ragione Pece! Pensa che i miei vogliono dire la loro anche su come devo impiegare il mio tempo libero! Ma una volta che ho finito i compiti, potrò pur fare quello che mi pare e piace?

Come a conferma di queste parole si sentì in lontananza una voce di donna.

- Pece – urlava – sei veramente insopportabile! Neppure adesso che sei in vacanza sei puntuale! Eppure lo sai che abbiamo a pranzo la nonna e che devi aiutarmi a fare la spesa!

- Ecco! – dichiarò la ragazzina alzando le braccia per convalidare la sua tesi – Cosa vi dicevo? Neppure durante le vacanze di Natale ci lasciano in pace, esercitano su di noi continui soprusi e prepotenze.

E si allontanò fra gli applausi dei suoi amici che la incitavano a resistere.

Dopo aver terminato le sue incombenze, la bimba si rifugiò nella sua cameretta ed aprì il computer. - Pece! – tuonò la mamma dalla cucina – Almeno oggi, che é la vigilia di San Silvestro, potresti stare un po' con noi e fare quattro chiacchiere invece di incollarti a quell'aggeggio infernale!

La bambina non rispose neppure e, senza farsi accorgere, sgattaiolò fuori dirigendosi verso il mare. Giunse nel luogo dove Ernesto era solito dipingere: il pittore non era ancora arrivato e i suoi pennelli giacevano sparsi sulla sabbia accanto al cavalletto.

Pece si sedette a gambe incrociate e si mise ad osservare la grande distesa d'acqua davanti a lei.

Il vento si era calmato, le onde non c’erano più e, come per incanto, il paesaggio trasmetteva un grande senso di pace.

Improvvisamente la bambina trasalì udendo alle spalle un forte fruscio.

- Strano – pensò – il vento era calato del tutto.

Quando si voltò verso la postazione del pittore, con sua grande meraviglia i pennelli si alzarono in volo: davanti ai suoi occhi increduli disegnarono un cerchio, si disposero ordinatamente in fila ed iniziarono a girare su sé stessi per poi ricadere al suolo. Ma, le magie non erano terminate perché i pennelli, dopo essere rimasti immobili per qualche istante, incominciarono ad assemblarsi come se fossero telecomandati da una mano invisibile.

Pece si accorse che il risultato di quello strano trambusto era un burattino, ma un burattino molto particolare: era alto pressappoco come lei e sul suo capo non era attaccato alcun tipo di filo.

La salutò con un gesto meccanico.

- Ciao piccola, sono venuto a tenerti un po' di compagnia!

- Perché? Chi sei? Da dove vieni? – lo incalzò la bambina

- Ehi calma! Quante domande in una volta sola! D'altronde lo so che la pazienza non é il tuo forte…

- Perché mi conosci? – chiese Pece davvero stupita.

- Beh, tra contestatori c'é sempre una certa simpatia e io sono un burattino ribelle. Come vedi non sono attaccato ad un  filo, così posso muovermi nella maniera che desidero e non devo ubbidire agli ordini del burattinaio!

E fece una serie di saltelli dimenando le braccia.

- Beato te! Io invece mi sento come imbrigliata in una ragnatela: i miei sanno darmi solo ordini e non cercano mai di capirmi veramente. Per avere un po' di comprensione mi devo rifugiare nel mio circolo!

- Adesso son qui io per aiutarti – le annunciò il burattino facendo una piccola riverenza – dimmi i tuoi desideri e li esaudirò.

- Nessuno può aiutarmi – replicò la bimba

E sospirando scrutò il mare con sguardo triste.

Pece sbadigliò stiracchiandosi: quel mattino si sentiva particolarmente assonnata. Distese il braccio destro nel tentativo di riappisolarsi, ma subito sobbalzò per lo stupore: la mano, invece di penzolare nel vuoto, era mollemente adagiata su un soffice materasso. Si sollevò a sedere stropicciandosi gli occhi: stava accadendo decisamente qualcosa di strano! Si guardò i piedi che fuoriuscivano dalla trapunta un po' sgualcita: tutto in lei era cresciuto a dismisura, evidentemente il burattino ribelle aveva esaudito il suo desiderio ed era diventata grande!

Mentre era ancora frastornata per la scoperta di una tale novità, due marmocchi urlanti si catapultarono sul suo letto.

- Mamma, mamma! – la supplicò il più piccolo che le assomigliava in maniera impressionante – Alice ha terminato di nascosto i miei biscotti preferiti. Adesso cosa mangio per colazione?

E iniziò a frignare.

Mentre Pece faceva del suo meglio per calmare il bambino, un giovane uomo allampanato e con una bella zazzera di capelli rossi, fece irruzione nella stanza. La donna lo scrutò con attenzione e capì subito che si trattava del suo amichetto lentigginoso, che, evidentemente, era diventato suo marito.

- Cara, ma sei ancora a letto?!? E' terribilmente tardi!

Pece si alzò a fatica. Si sentiva confusa perché non era abituata, appena sveglia, ad avere intorno così tante persone che nutrivano nei suoi confronti una serie di aspettative.

Si trascinò in cucina e preparò in fretta la colazione per tutti.

Fu interrotta dallo squillo del telefono: era la donna delle pulizie

- Signora, mi dispiace – le annunciò – ma a causa dello sciopero dei mezzi non posso venire, ci vediamo domani.

E riattaccò.

Il marito, che aveva udito la conversazione, intuì le intenzioni della moglie

- Pece non puoi non venire in studio oggi – si affrettò a precisare – c’è una pila di fatture da riordinare! Anzi accompagna tu Alice in auto, perché io ho il primo appuntamento prestissimo.

E si precipitò fuori con il piccolo per mano.

La ragazza salì in macchina, ma l’emozione di saper guidare e di trovarsi al volante di una bella auto sportiva, svanì subito, soffocata dal caos del traffico imperante: Roma, come al solito, sembrava impazzita e non si udiva nell'aria un concerto di uccellini, ma la sinfonia assordante dei clacson.

Arrivò in ufficio che era già sfinita, nonostante fossero solo le nove e trenta.

Terminato il lavoro si sedette a Villa Borghese: osservò affascinata le chiome degli alberi che si stavano ingiallendo e assaporò il silenzio del parco. Solo alcuni bambini correvano nei viali con le loro piccole biciclette e le sembrava impossibile di aver abbandonato da così poco quella vita: tutto era accaduto troppo velocemente!

La sera si replicò la stessa situazione del mattino: aveva mille cose da fare e la fretta le impedì di  dialogare con la famiglia come avrebbe desiderato.

Ben presto, terminata la cena, tutti si impadronirono della loro postazione preferita: il marito in poltrona con in mano il telecomando e i bambini di fronte ad un videogioco. Avrebbe voluto protestare, ma in fondo le faceva comodo che nessuno desiderasse intrecciare una conversazione con lei: era talmente stanca!

Non appena poté, si buttò sul letto e cadde in un sonno profondo.

Le giornate scorrevano veloci senza che Pece se ne rendesse conto e l’oscurità giungeva inaspettata ad inghiottire la luce autunnale.

Pece era però preoccupata del rapporto con la sua famiglia. In casa si parlava troppo poco: il marito s’incollava allo schermo della televisione come se fosse attratto da una calamita e i bambini erano difficili da gestire. Avevano ereditato il suo carattere ribelle e solo il tempo e la pazienza avrebbero potuto migliorare il suo rapporto con loro. Ma lei aveva sempre mille cose da fare!

Un mattino si svegliò particolarmente combattiva: aveva deciso che l’indomani sarebbe stato il giorno della sua riscossa, il suo “R Day”

- Avrò anch’io diritto ad un po’ di evasione! – si disse sorridendo

Raccontò al marito che veniva a farle visita la sua migliore amica da Firenze e sistemò i figli presso la mamma di un loro compagno. Non avrebbe sicuramente fatto tardi!

Il giorno dopo, di buon ora,  montò sulla sua auto sportiva e si diresse verso il mare.

Che ebbrezza guidare fuori dalla città! I campi cedettero via via spazio al paesaggio del litorale laziale. Certo non era lo stesso mare dell’isola dove trascorreva le vacanze, ma fuori stagione la lunga spiaggia deserta, le piccole dune circondate dalla vegetazione mediterranea e gli stabilimenti abbandonati, possedevano il loro fascino.

Un giovane pescatore che stava prendendo il largo con la sua barca si accorse che Pece lo osservava.

- Vuole fare un giro con me? – le disse – Vado in cerca dei pochi pesci rimasti

La ragazza non aspettava altro: saltò sul gozzo con un viso così raggiante da indurre lo sconosciuto a sorridere.

- Vedo che è di buon umore oggi, signora!

E staccò la corda dell’ormeggio.

A Pece sembrava di sognare: quella era vita! L’uomo aveva gettato in mare non solo le corde che tenevano legata la barca, ma anche quelle che imbrigliavano la sua quotidianità!

La giovane si guardò attorno: nonostante fosse autunno inoltrato, il clima era tiepido e la luce aveva una particolare tonalità calda e dorata. Arrivati al largo il pescatore si arrestò

- E' meglio non infastidire i pesci con il rumore del motore – le spiegò

Pece si godette a lungo il silenzio, interrotto solo dallo sciacquio delle onde, perdendo la cognizione del tempo, ma ad un certo momento guardando l’orologio trasalì.

- Oh Dio! Come si é fatto tardi! Dovrei già essere sulla strada di casa!

Si diressero verso la riva, ma il vento contrario rese molto più lungo e difficoltoso il ritorno.

Appena a terra ringraziò l’uomo per la compagnia e balzò sull’auto. La sera iniziava a calare e tutto quello che aveva visto con allegria all’andata, ora aveva un non so che di minaccioso che sembrava rimproverarla: “Cosa fai qui Pece, perché non sei rimasta con la tua famiglia?”

Quando aprì la porta di casa era già l’ora di cena, e si accorse dall’espressione del marito, che era successo qualcosa di grave.

- Ma dove sei sparita? – urlò – É tutto il giorno che ti cerchiamo, il piccolo ha la febbre. La scuola ha chiamato e, siccome tu non c’eri, ho dovuto lasciare lo studio, abbandonando un cliente molto importante!

- Ho solo fatto una gita al mare – rispose Pece sinceramente dispiaciuta e sentendosi terribilmente in colpa

- E perché sei andata al mare ? – chiese il bimbo con voce raffreddata

- Volevo solo un po’ di libertà

- Perché con noi non sei libera? – chiese stupita la bambina – Beh, allora io da grande non mi sposerò e non farò figli perché fanno perdere la libertà.

Pece li abbracciò tutti e due sorridendo.

- Ma no, io ho scelto liberamente di sposarmi e di avere due bambini splendidi come voi!

Il piccolo la guardò rassicurato con gli occhi lucidi e febbricitanti, appoggiò il capo sulla sua spalla e si addormentò di colpo.

Pece uscì dall’ufficio e si diresse verso Villa Borghese. Aveva preso la consuetudine, quando disponeva di un po’ di tempo libero, di fare lunghe passeggiate nel parco. Adesso poi che i colori autunnali avevano preso il sopravvento sul verde, guardarsi in giro era un vero piacere.

La natura le offriva l’opportunità di dare libero corso ai suoi pensieri e in quel periodo, ne aveva veramente tanti che le frullavano per la testa.

La sua avventura al mare l’aveva fatta riflettere. Quando aveva chiesto al burattino ribelle di diventare grande, aveva pensato ad un mondo fatto solo di diritti e privilegi, ma aveva completamente sottovalutato i condizionamenti che derivano dalle proprie responsabilità.

- La vita può essere molto impegnativa per una donna – pensò – specialmente se si ripromette di conciliare famiglia e lavoro.

Un gruppo di ragazzini le andò incontro strillando.

- Signora gioca con noi anche oggi?

Una volta Pece, per passare il tempo, aveva iniziato a partecipare ai divertimenti di quei bambini, che erano rimasti stupiti dalla sua fantasia e creatività. D’altronde non potevano sapere di avere a che fare con una loro coetanea!

Mentre si accingeva a rispondere, la sua attenzione fu catturata da una strana buca da cui uscivano delle piccole zolle di terra, come se sotto ci fosse qualcosa che si muovesse.

Poco dopo spuntò dalla cavità un esserino di legno tutto imbrattato di polvere e Pece riconobbe subito il burattino ribelle.

- Cosa fai lì? – chiese sorpresa

- Volevo solo sperimentare, mentre ti aspettavo, come se la passa una talpa – esclamò scrollandosi  la terra di dosso – ma é troppo faticoso!

- Meno male che sei arrivato burattino! Sai, la vita dei genitori non é come pensavo: ci sono tanti doveri e sacrifici e non tutta quella libertà che avrei desiderato!

- E allora cosa vuoi fare?

- Ritornare ad essere la piccola Pece: non era poi così male, nonostante i limiti e i divieti che mi facevano tanto soffrire!

- Va bene, allora fai un salto in aria coprendoti gli occhi con le mani

- Obbedisco! – disse la giovane con un tono per niente polemico, che da quel momento le sarebbe stato molto più abituale.

Si alzò in aria ad occhi chiusi e si sentì ricadere su qualcosa di estremamente soffice: il suo lettino era pronto a riaccoglierla!

Pece passò in rassegna con sguardo goloso i manicaretti disposti con ordine sul tavolo da pranzo.

Quel giorno era il compleanno di suo padre e la mamma aveva deciso di organizzare una cena a sorpresa.

- Pece, mi raccomando, non toccare niente – le urlò la madre dalla cucina spiandola con la coda degli occhi

- Ma figurati, non mi sarei mai permessa – replicò la bambina in tono conciliante – stavo solo ammirando lo splendido lavoro che hai fatto!

La donna rimase immobile per un attimo con un’espressione pensierosa: quella bambina non finiva mai di stupirla e da un po’ di tempo era particolarmente giudiziosa ed obbediente.

- Chissà cosa le sarà mai successo? – si disse sospirando

- Certo che sei stata proprio brava a passare l’intera giornata a preparare da mangiare per tutti – continuò Pece ricordando la sua avventura – chissà, magari avevi voglia di fare altro.

La mamma interruppe d’improvviso qualunque attività e guardò a lungo la figlia con un’espressione un po’ commossa.

- In effetti mi sarebbe piaciuto andare dal parrucchiere per fare un po’ di restauro. – disse guardandosi allo specchio con aria critica – Sono così trascurata! Però poi finisco sempre per lavarmi i capelli in casa.

Pece le si avvicinò

- Ma no mamma sei ancora bellissima! – sussurrò con una vocina dolce e l’abbracciò.

La donna la fissò dritto negli occhi

- Sai bambina – soggiunse – a mio parere tuo padre ed io ti abbiamo dato il soprannome sbagliato: non dovevamo chiamarti Pece, ma l’imprevedibile!

E scoppiarono a ridere insieme: mai tra loro c’era stata una tale complicità!

 

Cristina Manuli