Un giorno qualunque

Ecco vedi, il momento buono potrebbe essere anche ora, in questo noiosissimo ingorgo estivo, fa anche due gocce di pioggia da qualche minuto, il cielo è diventato improvvisamente plumbeo, basta che guardi intorno a te, lì alla tua sinistra per esempio, vedi quella ragazza?, seduta al tavolino di quel piccolo caffè che fa angolo fra i due marciapiedi, mi pare abbia due o tre libri sovrapposti sul banchetto, affianco al cappuccino che sorseggia, capelli castani chiari legati e occhiali da sole sulla fronte, sta ripassando per un esame imminente, psicologia o pedagogia, sicuramente è una futura maestra elementare, c’è la facoltà qui dietro l’angolo, quanti anni avrà, venti o ventidue al massimo, vedila proiettata nel futuro, tra cinque o dieci anni, a gestire una classe di venti ragazzetti, la faranno impazzire ma anche divertire molto, notala immersa nel suo presente, tra l’espressione seria dello studio, lo sbuffare per il caldo e la paura per l’esame, i sorrisi appena accennati al pensiero dell’estate che verrà, la sessione estiva che sta finendo, le vacanze al mare.

Anzi, sai che ti dico, questa ragazza non è di Roma, viene sicuramente da una cittadina del Sud, uno di quei paesini di mare, deserti d’inverno e affollati a partire da questo periodo, anche se un inizio di luglio così strano non l’avevo mai visto, guarda che cielo nero, tutto uniforme e compatto, si vede dai capelli e dalla carnagione molto scura, forse anche dai modi delicati, vedi com’è gentile e sorridente con il cameriere, oramai solo le ragazze di provincia sono così, adesso sorride perchè starà pensando al ritorno a casa, la famiglia l’aspetta, in Calabria o magari in Sicilia, uno di quei posti inimmaginabili per chi è vissuto sempre a Roma come te, paesaggi da mozzare il fiato, specie al tramonto d’estate, quando rimane poca gente e il rumore del vento lieve, delle piccole onde e del silenzio, la famiglia la starà aspettando con ansia, numerosa e accogliente, piena di sorelle e zie e cugini, al paese ha lasciato anche un ragazzo ad aspettarla, sicuramente lui ha un mestiere umile, operaio o meccanico o addirittura bracciante, ma ogni volta che ritorna è come fosse la prima, lui le dice che è stato tre mesi o quasi un anno ad aspettarla, si abbracciano forte davanti al mare, forse presto si sposeranno, chissà.

 

Adesso cambia la visuale, spostati un po’ più avanti con lo sguardo, dopo l’incrocio, si fa fatica a guardare per via delle macchine, della pioggia battente, lo so, ma tu concentrati su quel palazzo azzurrino, tutto dipinto a festa, con gli affreschetti di fiori e foglie, i graffiti e le bandiere della pace piantate ad ogni finestra, ecco, quello è un palazzo occupato, non è un condominio normale, ci sono degli sfrattati dentro, studenti e immigrati soprattutto, se arrivi a vedere cosa c’è scritto là in basso, sul portone d’entrata, c’è scritto “sala da the” e gli orari d’apertura, ci hanno fatto una specie di centro culturale lì dentro, due volte a settimana si fa musica dal vivo, si può prendere un caffè o un gelato, te lo regalano quasi, sono belli questi centri di aggregazione improvvisati, specie se popolati da gente che proviene da tutto il mondo, io li frequentavo qualche annetto fa, ora sono troppo vecchio, di solito funziona così, gli africani portano cibo delle loro parti, cus-cus e carne cucinata in vari modi, quelli dell’Est insegnano le loro danze popolari, noi italiani in cambio insegniamo a fare la pasta o la pizza, a volte escono fuori contaminazioni culinarie stranissime, sempre buone e divertenti da assaggiare, poi dopo cena si suona musica di tutto il mondo, si canta, ognuno insegna le canzoni popolari del suo paese, a volte si fanno quelle riunioni, come le chiamano i giovani d’oggi, ah sì, “jam session”, significa riunione musicale improvvisata, ognuno suona ciò che vuole, però cercando di andare d’accordo con gli altri, io ti consiglio di andarci almeno una volta, così, tanto per provare, c’è un clima molto diverso rispetto a quello a cui siete abituati tu e i tuoi coetanei, avvezzi come siete a fare tutto da soli, al computer o al telefonino, là è tutto condiviso, dalla a alla z, non puoi fare da solo, devi rapportarti agli altri per forza, e se non lo sai fare devi trovare un modo, imparare, provaci, poi se non ti piace te ne vai, ti si può aprire un nuovo orizzonte, una nuova dimensione, la vita è così, oggi una cosa nemmeno la immagini e domani chissà.

  

Oppure prova a vederla così, stiamo camminando nella storia, non in questo noiosissimo ingorgo, ogni quartiere che percorri ha una storia, ogni strada, ogni singolo pezzo di asfalto, qua per esempio siamo dietro al Gazometro, mi dirai che lo avevi riconosciuto, ci siamo fermi da venti minuti, non è così piacevole, e questo ingorgo non accenna a sbrogliarsi, con questa pioggia battente poi, senti che frastuono fanno i clacson, ma prova a far volare la fantasia, a fare almeno un piccolo salto nel  tempo, prova a pensare a solo cinquant’anni fa, quando i tuoi genitori erano appena nati, magari proprio in questo quartiere, beati loro che sono ancora giovani, mica come me, che vi porto fino in quinta e poi me ne vado in pensione, immagina i ragazzi poveri, quelli del popolo, pensa, si tuffavano nel fiume da sotto al Ponte di Ferro, in quest’acqua limpida e pulita, sì proprio questa che oggi vedi tanto scura e putrida, guardali mentre si divertivano giocando a tirarsi le secchiate, a rincorrersi tra alberelli e prati brulli, erano poverelli sì, non erano nemmeno mai andati a scuola, vero, forse per alcuni aspetti erano più liberi e felici di te, lo diceva anche un certo intellettuale di quegli anni, era un tipo molto originale, sai, veniva da Monteverde vecchio, ci passava spesso da queste parti, trascorreva interi pomeriggi con quei ragazzi, pensa, preferiva la loro compagnia a quella dei colleghi colti e dal linguaggio forbito, ci giocava a pallone, parlava, insegnava loro a leggere e scrivere, li portava a mangiare una pizza, diceva che imparava dalla vita di strada, molto più che da quella dei salotti buoni, poi tornava a chiudersi nel suo studio, di sera tardi, inforcava dei grossi occhiali dalle lenti scure, si metteva a scrivere su di loro, sulle loro condizioni di vita, riportava gli episodi che aveva visto nei pomeriggi qui sul Tevere o in borgata, risse e battibecchi e dialoghi in dialetto, poi andava a dormire, il giorno dopo si risvegliava sempre così, a vivere e scrivere, scrivere e vivere.

 

Adesso prova solo per un attimo a volare, ad andartene un po’ di qua, a conoscere il mondo, almeno con la mente, dico, lo sai che nel mondo esistono un’infinità di mondi diversi?, le culture, le genti, ognuna con la sua storia, il suo pensiero, le sue tradizioni, immagina di allargare il tuo orizzonte, prova a pensarci, questo mondo in cui vivi non è che un puntino, uno scricciolo in mezzo all’universo, non basterebbe neanche un volo di un giorno intero per conoscerlo tutto, ma lo so, tu non hai viaggiato ancora, hai appena finito la terza, sei troppo giovane, però mi hai detto che ti piace scrivere, sogni spesso di fare lo scrittore, e allora perché non provi?, forse t’ho scoraggiato, quel tipo di cui ti parlavo prima non sai nemmeno chi è, quei ragazzi del popolo oggi poi non sono più così, non si può più scrivere di loro, il meccanismo però è lo stesso, basta che guardi intorno a te, catturi le impressioni e le espressioni, rubi le storie che sono nell’aria, non c’è bisogno di inventarle, ci lavori un po’ su con la fantasia, costruisci, smonti e rimonti, e poi ti dico, anche quello conta, non perdere la fiducia nell’ispirazione, prima o poi arriva, è quando meno te l’aspetti, in un giorno qualunque, anche adesso ad esempio, lo vedi, il cielo sta schiarendo all’orizzonte, spunterà fuori pure un bell'arcobaleno, l’ingorgo sta finalmente sbrogliando, ora tocca anche a noi di rimettere in moto, fra pochi minuti saremo sotto casa tua, potresti scendere dalla macchina, fare le scale di corsa, entrare in casa, spingere la porta della tua stanza, aprire il  computer che hai lasciato come sempre acceso e cominciare a scrivere il tuo primo racconto, senza pensarci troppo sopra, come ti viene, poi lasciarlo riposare un po’, hai una vita per lavorarci su, ecco vedi, il momento buono potrebbe essere anche ora.

 

Alfredo Tagliavia