Un mare senza tempo

Era una calda giornata di primavera e lì sulla spiaggia soffiava una fresca brezza mattutina. Il silenzio era interrotto solo dal rumore delle onde e dal verso lontano di qualche gabbiano.

Come ogni giorno, Chiara stava correndo lungo la riva. Lei amava quel luogo, amava sentire l’odore di salsedine e, con la scusa di riprendere fiato, le piaceva fermarsi ad ammirare la linea dell’orizzonte. I suoi lunghi capelli castani, raccolti in alto da un fermaglio decorato con una conchiglia, avevano bellissimi riflessi rossastri e i suoi grandi occhi scuri si perdevano nello scintillio del mare colpito dai raggi del sole.

Finito il solito allenamento, Chiara, che aveva un fisico longilineo e ben tornito, si sedette stanca sulla spiaggia. Si asciugò il sudore e si guardò intorno, poi si mise a giocare con le mani nella sabbia e mentre i minuscoli granelli le scorrevano tra le dita, ripensava alla sua infanzia e a quando trascorreva in quel luogo le vacanze estive con la sua famiglia. Erano momenti spensierati di cui aveva spesso nostalgia.

Sorrideva Chiara, era felice perché in cuor suo sentiva che quello era il giorno giusto in cui sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe cambiato finalmente la sua vita. Diede un’ultima occhiata in giro e notando che la spiaggia iniziava già a brulicare di persone, si alzò in piedi e riprese la sua corsa imboccando la via del ritorno verso casa.

Appena rientrata, Chiara si diresse in bagno, aprì il rubinetto della vasca, sciolse i capelli appoggiando il fermaglio sulla mensola degli asciugamani, si tolse le scarpe da ginnastica e andò in camera da letto a scegliere nell’armadio ciò che avrebbe indossato quel giorno. Tornò in bagno, si spogliò e si immerse lentamente nell’acqua calda quasi scomparendo tra la vaporosa schiuma. Mentre si rilassava, pensava che da tanto non faceva un giro al mercatino rionale, dove spesso le sue amiche avevano trovato cose interessanti e carine da comprare. Chissà, magari avrebbe trovato anche lei qualcosa di speciale!

Finito di lavarsi, Chiara uscì come una Venere dall’acqua, si avvolse in un morbido asciugamano bianco, pettinò con cura i suoi capelli e andò a vestirsi in camera da letto. Appena pronta, senza perdere altro tempo, afferrò le chiavi di casa, tornò in bagno a prendere il fermaglio, si legò frettolosamente i capelli e uscì dandosi un’ultima occhiata allo specchio prima di chiudere la porta.

Giunse in pochi minuti a piedi tra le bancarelle colorate del mercatino che distava poche centinaia di metri da casa sua. Il sole, ormai alto, batteva sugli enormi tendoni e il vento faceva ondeggiare le stoffe e i merletti messi in bella mostra. C’era nell’aria un brusio di voci e la folla incuriosita si aggirava tra i banconi alla ricerca dell’ottimo affare.

Chiara non cercava qualcosa in particolare, ma osservava attentamente tutto ciò che le passava davanti agli occhi. D’un tratto ebbe una sensazione strana, si sentì quasi costretta a voltarsi per guardare meglio qualcosa che le era sfuggito. Fu allora che udì, tra la confusione, una vocina che la chiamava.

- Signorina, venga! – diceva – Venga a vedere quante cose ho per lei.

Era un’anziana signora, con un piccolo banco quasi nascosto tra gli altri e vendeva le più belle, le più originali e, forse, le più antiche tazze da tè e teiere che Chiara avesse mai visto. Ce n’erano delle più svariate forme e colori, dipinte a mano, con fiori delicati o decori astratti, contornate da un filo d’oro o raffiguranti frutti di ogni stagione.

- Che meraviglia! – esclamò incantata.

E mentre la ragazza ammirava entusiasta ogni singolo pezzo esposto, la vecchia notò il suo fermaglio con la conchiglia. Il volto dell’anziana donna per un istante sembrò di pietra, ma subito i suoi occhi contornati da profonde rughe, si illuminarono di gioia e le sue mani, raggrinzite dal tempo e segnate dal duro lavoro, aprirono una scatola di legno finemente intagliata.

- Guardi questa… – disse tirando fuori una tazza da tè col suo piattino.

A Chiara si spalancarono gli occhi e il cuore, anche se non capiva perché, sentiva che quella tazza era speciale. La prese delicatamente tra le mani, osservando attentamente ogni centimetro del suo decoro: il mare e le conchiglie erano così perfette che le sembrava quasi di percepire il rumore delle onde.

Concluso il suo buon affare, Chiara tornò a casa eccitata come una bambina che ha appena trovato i regali sotto l’albero di Natale. Si sedette al tavolo della cucina davanti alla scatola, la aprì con fare smanioso e ammirò ancora una volta quel decoro straordinario, lasciando scivolare le sue dita lungo tutto il bordo della tazza.

Ad un certo punto si accorse che, proprio all’impugnatura del manico, mancava una parte di disegno raffigurante una conchiglia, sembrava di una forma già vista e le balenò in mente il suo fermaglio. Istintivamente se lo tolse dai capelli e lo avvicinò alla tazza per verificare che le due forme combaciassero. Fu allora che avvenne qualcosa di inimmaginabile. Una luce abbagliante avvolse i due oggetti, che si fusero in un’unica cosa sotto lo sguardo sbigottito di Chiara: la conchiglia sparì dal fermaglio e come per magia riapparve disegnata sulla tazza. Chiara, spaventata, si alzò di scatto, lasciando tutto sul tavolo e fece un passo indietro, non poteva credere a ciò che aveva visto. Si avvicinò di nuovo, incredula, sperando che fosse tutto frutto della sua immaginazione, ma purtroppo non era così. Col cuore che le batteva all’impazzata, si guardò intorno e vide che la stanza, il pavimento e i mobili, non erano più quelli di casa sua. In preda al panico, guardò dalla finestra e non riconobbe nemmeno il suo quartiere: era tutto così strano, le persone erano diverse, lei stessa si sentiva diversa. Persino gli abiti che indossava non erano i suoi e le sembravano quelli di un’altra epoca. Chiara realizzò che la tazza era davvero magica e l’aveva portata indietro nel tempo. Ma ora chi era? Dove si trovava? E in che anno?

La sua mente era preda di mille pensieri, si fece coraggio e iniziò ad esplorare quel luogo sconosciuto che aveva però qualcosa di familiare. Alle sue spalle c’era un enorme camino di pietra, il fuoco era acceso e le alte fiamme riscaldavano quell’ambiente che sembrava tanto freddo e spento. Chiara si avviò verso una grande e pesante porta di legno massiccio, la spinse con forza e si ritrovò in un immenso salone con lampadari giganti, tappeti preziosi e arazzi colorati che decoravano le pareti di mattoni grigi. Improvvisamente udì dei passi, restò immobile e quando ebbe dinnanzi il volto della persona che era appena entrata rimase davvero meravigliata.

- Nonna! – le venne da esclamare.

- Bea, sei tornata! – rispose commossa l’anziana.

Chiara si domandò come mai l’avesse chiamata così e mentre la nonna l’abbracciava forte, riconobbe finalmente il suo viso e quella vocina stridula: era lei la venditrice di tazze del mercato.

- Dove sei stata?!? Ti abbiamo cercato dappertutto! – chiese preoccupata la vecchia signora.

E in quel preciso istante, lentamente, si fecero largo nella mente di Chiara dei vaghi ricordi, delle immagini sbiadite di momenti vissuti, che divennero sempre più nitide finché si rese conto dell’accaduto.

- Cosa ti è successo? – le domandò la nonna sedendosi accanto a lei.

E Chiara, con lo sguardo fisso nel vuoto, iniziò a raccontare.

Un giorno in cui era uscita per una passeggiata a cavallo, prendendo il sentiero del bosco, si imbatté in una signora ferita. Era giovane, bella, vestita d’azzurro e da lei si irradiava una luce accecante. Chiara la riportò a casa col suo cavallo, abitava fuori dal bosco, in fondo alla scogliera, tra le rocce e l’acqua bassa, lì dove il mare sembrava bussare alla sua porta. La donna le offrì da bere e la fece accomodare attorno a un vecchio gozzo in disuso che fungeva da tavolo. Una rete da pesca malandata serviva da tovaglia e alle pareti erano appese stelle marine di tutte le dimensioni. Le preparò un tè di alghe con l’acqua di mare che versò in una tazza ricoperta da conchiglie stupende.

- Era la fata del mare! – esclamò la nonna interrompendo il racconto di Chiara – Erano centinaia di anni che nessuno l’aveva più incontrata.

La ragazza, esterrefatta, proseguì il racconto.

Nel salutarla, la fata, per ringraziarla di averla aiutata, staccò una conchiglia dalla tazza in cui aveva bevuto e gliela regalò. Le disse che in vita sua aveva concesso quel privilegio solo ad una persona che amava, che si era persa nel tempo e non era più riuscita a trovare. Chiara andò via, passando per la spiaggia e quando sciacquò la conchiglia in mare, fu catapultata in un’altra dimensione. Mentre raccontava si ricordò che dopo qualche tempo aveva portato la conchiglia da un gioielliere per farla incastonare su un fermaglio.

- Una volta possedevo anch’io una meraviglia del genere – disse il gioielliere – ma purtroppo l’ho persa ed ora non posso più tornare indietro.

Il ricordo di quelle parole fece sussultare il cuore di Chiara.

- E se fosse lui?!? – gridò – Io credo fosse lui, nonna!

- Lui chi? – domandò l’anziana, confusa.

- L’amore perduto della fata! – rispose Chiara fissandola negli occhi – Dobbiamo trovarlo, io so come tornare! 

Ma la nonna non era d’accordo con quell’idea che definiva folle e da incoscienti e temeva di non rivedere più sua nipote. Chiara, invece, sentiva che quello che stava per fare era giusto, così senza pensarci un attimo prese la scatola con la tazza magica, baciò la nonna sulla fronte e scappò via. Giunse sulla spiaggia prima del tramonto, staccò di nuovo la conchiglia dalla tazza e la bagnò in mare. Un istante dopo si ritrovò a casa sua, guardò l’orologio sulla porta della cucina e vide che erano trascorsi solo pochi minuti dall’ultima volta che era stata lì. Con la scatola magica sottobraccio si recò al negozio del gioielliere. Entrò e con aria vaga finse di dare un’occhiata in giro, ma in realtà aspettava che andassero via i due clienti che la precedevano.

- Prego, posso aiutarla? - domandò l’uomo.

Chiara si avvicinò al banco, vi poggiò sopra la scatola e raccolse tutto il suo coraggio.

- Sa dirmi qualcosa di questo gioiello? – chiese balbettando – Quanto vale? Da dove viene?

L’uomo aprì la scatola e fissò strabiliato l’oggetto che reggeva tra le sue mani tremanti.

- Dove ha trovato una rarità simile? – disse con un filo di voce.

- L’ho avuta dalla stessa persona che le diede la conchiglia che ha perso. Si ricorda?

L’uomo sbiancò nell’udire quelle parole e nei suoi occhi si riaccese improvvisamente una speranza. - Venga con me – gli bisbigliò Chiara – Io posso aiutarla a ritrovare ciò che credeva perduto per sempre!

Il gioielliere si fidò, seguì la ragazza fino alla spiaggia, insieme riattaccarono la conchiglia sulla tazza magica e chiusero gli occhi.

Quando li riaprirono, l’uomo riconobbe subito il colore rosa di quella sabbia, le forme bizzarre di quegli scogli e il canto fatato di quel mare. Sorrise e ringraziò Chiara con le lacrime agli occhi, poi corse verso la casa della sua amata e bussò alla porta. Quando la fata aprì e si ritrovò di fronte quegli occhi verdi che non aveva mai dimenticato, un brivido le corse lungo la schiena e la sua bocca pronunciò di nuovo quel nome rimasto così a lungo proibito.

- Aran!

I due si strinsero in un abbraccio travolgente e in un attimo la magia del loro amore ridiede vita a tutte le cose. I capelli ormai grigi della fata ritornarono color corallo, il mare, con le sue onde in festa, si riempì di pesci e al villaggio si respirava finalmente aria di felicità.

Era ormai scesa la sera e Chiara tornò dalla nonna e le raccontò l’accaduto.

- Solo tu potevi riunire la fata del mare e il principe del bosco – disse l’anziana donna commossa – Tu che sei il frutto del loro amore.

Emma Carrozzieri