Una luce all'improvviso

Ester osservò a lungo la cima della Grigna. Era sempre affascinante ammirare la punta della montagna emergere dalle nubi che la circondavano, dando così l'impressione di galleggiare in un mare di bambagia.

Sospirando, rivolse gli occhi verso la mandria che stava pascolando pacificamente. La natura, in quel luogo in cui era nata, era meravigliosa e milioni di turisti accorrevano tutti gli anni, in ogni stagione, per godere delle bellezze del lago di Como e per visitare i monti e i caratteristici paesini che si specchiavano nelle sue acque.

Ma Ester, un'adolescente di sedici anni, nata e cresciuta in un borgo a oltre mille metri d'altitudine, non riusciva più ad apprezzarne il richiamo.

La ragazza si alzò, si aggiustò i riccioli neri che fuoriuscivano dal fazzoletto legato sul capo ed esaminò, per l'ennesima volta, il suo volto in un piccolo specchio che nascondeva nelle tasche. Indispettita lo ripose immediatamente, l'immagine riflessa non le piaceva per nulla. Anche se i capelli erano lucidi e folti e i lineamenti perfetti, le guance eternamente arrossate per il tempo trascorso all'aria aperta, tradivano, inevitabilmente, la sua origine montanara. Perché quello era il suo problema, detestava ormai la vita nei campi e non ne poteva più di quella quotidiana immersione nella natura.

La giovane, infatti, non vedeva l'ora di terminare le sue incombenze per rifugiarsi nella sua stanzetta e navigare con il tablet che aveva acquistato con i suoi pochi risparmi all'insaputa dei genitori. Con le dita che correvano veloci sullo schermo, evocava con avidità le immagini della vita cittadina: negozi, eventi, fotografie di locali alla moda affollati da giovani della sua stessa età che la entusiasmavano e, nello stesso tempo, rendevano ancora più insopportabile la sua realtà.

- Appena avrò messo da parte qualche soldo, me ne andrò via per sempre da questi posti! E a quel punto potrò iniziare finalmente a vivere!

Alzandosi, spinse con un bastone le mucche incitandole al rientro. Avrebbe tanto voluto possedere la loro natura placida e paziente, ma purtroppo il suo carattere era diverso, pieno di fuoco e di passione.

Percorse il più veloce possibile il sentiero che la conduceva alla sua abitazione e, non appena scorse oltre la curva i balconi colmi di gerani in fiore, si mise addirittura a correre.

- Fabio, pensa tu a rinchiudere gli animali nel recinto, io ho da fare – urlò affannata in direzione del fratello che bighellonava davanti all'ingresso.

Giunta nella sua camera si sdraiò e accese il computer pregustando l'imminente viaggio nel mondo virtuale, ma la voce della mamma la distolse dai suoi progetti.

- Ester dove ti sei cacciata? Vieni ad aiutarmi a preparare il “toc”, lo sai che stasera a cena abbiamo tantissime prenotazioni.

La ragazza scese lentamente le scale e, giunta nell'ampia cucina, si mise a girare la polenta mista al formaggio con un'espressione contrariata.

- Che bella maniera di trascorrere il sabato sera, non ne posso veramente più di questa vita e di queste attività! – disse tra sé lanciando intorno uno sguardo di sfida.

Poi, con gesto nervoso, gettò a terra il cucchiaio di legno e corse via con il viso rigato di lacrime.

Il giorno dopo, Ester scivolò fuori dalla porta di servizio, anche se la domenica era il suo turno libero, non voleva correre il rischio che sua madre la coinvolgesse in qualche lavoretto supplementare.

Imboccò di corsa il sentiero verso Bellaggio, saltellando sulle pietre lucide del selciato, facendo attenzione a non scivolare.

- Almeno oggi avrò modo di fare quattro chiacchiere con la mia amica Giulia – pensò con sollievo – anche se, purtroppo, in questo periodo dell'anno, il villaggio non offre granché.

- Dopo il ponte dei morti qui diventa un vero cimitero! – esclamò andando con la mente ai tanti negozi con la saracinesca abbassata – Ma almeno mi potrò consolare bevendo una cioccolata calda in uno dei pochi bar aperti nella bassa stagione.

Improvvisamente, le venne voglia di sedersi su un masso per contemplare il panorama e certamente, così dall'alto, la visione del triangolo Lariano era sempre tanto emozionante. Soffermò lo sguardo sul sole che brillava in un cielo incredibilmente terso, ma d'improvviso sobbalzò: la sfera dell’astro aveva preso, tutto ad un tratto, ad ingrandirsi a dismisura, inghiottendo con il suo bagliore tutto il paesaggio circostante. La ragazza chiuse gli occhi e si coprì il volto con le mani.

- Oh Dio – pensò terrorizzata – non sarà mica la fine del mondo?

Ma, quando un attimo dopo li riaprì, vide con suo grande sollievo che tutto era ritornato come prima, ad eccezione di una piccola striscia luminosa che si trovava proprio davanti a lei. Ester la guardò, tra il sorpreso e il divertito, mentre volteggiava nell'aria disegnando bizzarre figure, finché venne a posarsi davanti ai suoi piedi.

- Ma chi sei? – chiese la ragazza piena di curiosità.

- Io sono la luce che nutre la natura e permette al mondo di vivere – rispose la strana sagoma che, nel frattempo, le si era seduta accanto.

- Ma scusa, non basta il sole? Io non capisco proprio a cosa servi – ribatté la fanciulla un po’ perplessa.

- Io sono la luce che vivifica lo spirito, quella che permette di illuminare il cuore e la mente e che rende il mondo migliore.

- Oh bella! Perché sei qui e cosa vuoi da me?

- Ma non capisci che hai bisogno del mio aiuto!

- Non vedo proprio come potresti rischiarare la mia anima! – rispose Ester con un tono di voce velato di tristezza – Io voglio solo vivere finalmente la mia vita e tu non mi puoi essere utile. Per risolvere i miei problemi non ho certo bisogno di uno stupido fantasmino!

- Cambierai, cambierai idea – sussurrò la scia luminosa.

La striscia di luce si avvicinò alla fanciulla e, con una rapida giravolta, le cinse la vita come una cintura, dileguandosi subito dopo.

La ragazza scosse la testa, si stropicciò gli occhi convinta di avere avuto un'allucinazione e subito dopo, proseguì rapida per la sua strada.

Ester si rigirò nervosamente nel letto, infastidita da quel rumore sordo che l'aveva tormentata tutta la notte. Diede uno sguardo all'orologio e immediatamente balzò sul letto.

- Le otto e trenta! Come mai la mamma non mi ha svegliato? - si chiese in preda all'inquietudine.

Si avvicinò ciondolante alla finestra e spalancò le persiane. Lo spettacolo che le si parò davanti la lasciò sbigottita: sotto la sua abitazione scorreva una grande arteria a due carreggiate, dove le auto avanzavano a rilento, mentre alcuni motociclisti e qualche ciclista imprudente eludevano la coda.

- Dove mi trovo? - si domandò sgomenta cercando invano con gli occhi il bucolico paesaggio a cui era abituata.

Ancora imbambolata per la sorpresa, udì alle sue spalle una voce conosciuta.

- Ehi pigrona, sei ancora in pigiama! Sbrigati o arriveremo tardi al lavoro!

Si voltò di scatto e vide la sua amica Giulia vestita elegantemente che si aggirava nell'appartamento.

- Ma quale lavoro? Che storia è questa? - borbottò Ester sempre più confusa.

- Cosa ti è successo, hai per caso battuto la testa? - la incalzò l'amica guardandola fissa negli occhi – Non ti ricordi che siamo state scelte da Eataly per un impiego nei prossimi sei mesi? Eppure c'erano centinaia di giovani come noi alla selezione!

Ester si arrese, anche se non capiva ancora in quale tipo di avventura si fosse cacciata. Si vestì in tutta fretta e si precipitò di corsa giù dalle scale.

- Certo che abbiamo avuto una fortuna sfacciata a trovare un'occupazione di questi tempi. – sottolineò Giulia – Ehi vuoi stare attenta?

E tirò per il cappotto l'amica che era stata sfiorata da un'auto in corsa.

In effetti Ester era come trasognata. Osservava estasiata, a destra e a sinistra, il caos che la circondava e lo strombettio continuo dei clacson era una dolce musica per le sue orecchie.

- Eccoci arrivate – esclamò Giulia di fronte a un palazzo imponente, davanti al quale si snodava già una fila di gente in attesa dell'apertura.

Ester prese posto dietro il banco del pane e si guardò intorno attonita. Non aveva mai visto, fino ad allora, una tale quantità di prodotti alimentari allestiti con un simile gusto. Si soffermò con gli occhi su una cascata di cioccolato che scendeva dietro la vetrina di una nota industria dolciaria.

Si scosse udendo la voce colma di rimprovero del suo capo che la richiamava alla realtà.

- Ragazzina, non sei venuta qui per fantasticare, è meglio che ritorni tra noi se vuoi tenerti stretto il tuo contratto.

Ester, con le guance rosse per la vergogna, si gettò a capofitto nel lavoro, affrettandosi a servire la massa di clienti che si stava accalcando davanti alla panetteria.

A fine giornata, uscita dal palazzo, si rivolse con tono supplichevole all'amica.

- Giulia ti prego torniamo subito a casa, sono stravolta.

- Sei matta? - rispose lei cinguettando senza dare segni di cedimento – è il momento di andare da Abercrombie, non vorrai perderti un simile spettacolo!

- Hai ragione – gridò eccitata Ester, riemergendo dal suo sfinimento – non possiamo mancare, quel negozio è un mito per noi giovani!

Si sobbarcò la fatica della lunga coda dei suoi coetanei che premevano all'ingresso severamente custodito da due buttafuori e, quando finalmente riuscì ad entrare, la vista degli splendidi commessi che si aggiravano tra i banchi in abiti succinti, la ripagò in pieno dall'attesa.

- E adesso andiamo a vivere! - annunciò Giulia carica d'energia quando uscirono ed Ester non oppose resistenza, ormai travolta dall'entusiasmo contagioso dell'amica.

Giunte nel piazzale attiguo alle Colonne di S. Lorenzo, Ester scorse centinaia di giovani che prendevano l'aperitivo chiacchierando.

- Questo è il cuore della movida a Milano! - esclamò Giulia sottolineando la frase con un gesto esplicito delle mani e mentre si lanciavano raggianti nella mischia, il cuore di Ester batteva all'impazzata.

- Finalmente è arrivato il momento che da tanto attendevo – si disse ridendo con l'anima colma di gioia.

Come in un flash, riaffiorarono per un attimo nella sua mente la solitudine e il silenzio dei suoi verdi pascoli.

- Forse devo ringraziare qualcuno per questo cambiamento – sussurrò – mentre una scia sottile di luce circondava i suoi fianchi.

- Ehi, ma può stare un po' più attenta! - esclamò Ester all'uscita del vagone della metropolitana alla donna che l'aveva praticamente travolta entrando – Eppure c'è tanto di cartello che invita chi deve salire ad attendere che i viaggiatori scendano.

Per la giovane, in quel periodo, la vita scorreva con la velocità di un uragano, coinvolgendola senza lasciarle nemmeno il tempo di pensare, proprio come aveva fatto la signora che l'aveva appena investita.

Nonostante ciò, Ester aveva preso ad osservare con maggiore attenzione l'ambiente che la circondava. Quello che la lasciava maggiormente stupita, per strada, era l'espressione della gente distratta e rinchiusa in se stessa, come se, un invisibile bozzolo, la separasse dal resto del mondo. Era veramente raro scorgere tra la folla un volto sereno e sorridente.

Con l'avvicinarsi dell'inverno, la ragazza iniziò anche a notare una moltitudine di senza tetto, perlopiù stranieri, che si ammassavano sotto i portici o al bordo delle strade.

Aveva sempre sentito parlare in famiglia dei temi dell'immigrazione e della povertà, ma non avrebbe mai immaginato che queste problematiche riguardassero un tale numero di persone. Una volta che si attardò ad osservarle da vicino, intervenne Giulia a tirarla per la manica.

- Non capisco cosa ci trovi di tanto interessante in tutti questi barboni – le disse – smettila di fermarti altrimenti finirai rapinata. Sarebbe proprio meglio che se ne andassero a casa loro, perché la verità è che non hanno nessuna voglia di lavorare. Guarda là, per esempio – dichiarò indicando una donna anziana che chiedeva l'elemosina zoppicando – Quella cammina meglio di me e te messe insieme, l'ho vista io con i miei occhi correre quando nessuna la notava. E poi guadagna anche un sacco di soldi, altro che poveretti, sono tutti dei lazzaroni!

- Sarà, ma forse a casa loro non stanno proprio bene se scelgono di vivere in queste condizioni – ribatté Ester non molto convinta dalle argomentazioni dell'amica, mentre la sua mente metteva a fuoco, con un pizzico di tenerezza, le casette dei suoi compaesani semplici, ma tutte ordinate e dignitose.

Ma, quel pomeriggio, la ragazza non aveva altro tempo da dedicare a queste riflessioni. Da quando si era alzata, il suo essere era in preda ad una folle eccitazione: quella sera si sarebbe svolto un cocktail presso il negozio di Swarovski con la partecipazione di un notissimo attore in concomitanza al lancio di una nuova linea di gioielli.

Giulia si era già vestita elegantissima e continuava ad ammirarsi allo specchio cercando di curare ogni minimo dettaglio del suo abbigliamento.

- Chissà se mi noterà, se mi rivolgerà anche solo uno sguardo, sverrò sicuramente per l'emozione – esclamò lasciandosi cadere sul divano con un grande sospiro.

Anche Ester si preparò con attenzione, ma al contrario dell'amica, si sentiva estremamente sicura del suo aspetto: un leggero pallore, dovuto forse alla mancanza di aria aperta, si era diffuso sul suo volto ora più affilato, conferendole un'espressione intensa e affascinante. Era veramente difficile riconoscere in quella raffinata fanciulla, la contadinella di un tempo e anche Giulia se ne accorse.

- Lo sai che sei uno schianto – osservò – mi sa che lo fulminerai con un'occhiata!

Le due amiche, dopo il lavoro, si incamminarono velocemente verso la metropolitana per raggiungere il centro.

Appena obliterato il biglietto, mentre si dirigevano raggianti verso il treno, una donna davanti a loro cadde a terra ed iniziò a rotolare lamentandosi. Ester si fermò di scatto chiedendosi cosa fare, ma Giulia intervenne immediatamente per distoglierla dai suoi intenti.

- Lasciala perdere, è solo una povera drogata, non puoi fare niente! - sentenziò contrariata, lanciando una rapida occhiata al grande orologio istallato davanti alle scale d'accesso ai binari.

- Ma sta male, non mi sento di abbandonarla così. Adesso chiamo l'ambulanza – mormorò Ester con lo sguardo sempre fisso sulla poveretta.

- A mio parere dovresti andare a lavorare per Emergency – urlò Giulia sempre più nervosa battendo in continuazione il piede destro come per rimarcare la sua esasperazione.

Senza dar retta all'amica, Ester estrasse il cellulare e digitò il numero del pronto intervento. L'operatore rispose subito, ma dopo circa un quarto d'ora non c'era traccia del mezzo di soccorso.

- É normale che tardi con il traffico che c'è, pazienta ancora un po' – implorò Ester sempre meno interessata ai commenti della compagna.

- Sai cosa ti dico? - esplose a questo punto Giulia – Me ne vado e ti lascio qui a fare la buona samaritana, mi hai proprio stancata.

E, mentre si allontanava, salutò con una punta di sarcasmo l'amica.

- Buona fortuna crocerossina!

Ester si accucciò accanto alla donna tra l'indifferenza generale della gente che, presa dai propri impegni, non le degnava di uno sguardo.

Mentre la sirena dell'autoveicolo si faceva sempre più vicina, Ester intravide una piccola luce roteare di fronte ai suoi occhi. La ragazza sorrise, quel punto luminoso era proprio ciò di cui aveva bisogno in un momento così particolare per rischiarare la solitudine e la tristezza del suo cuore.

Qualche settimana dopo, Ester uscì frettolosamente dallo studio medico dirigendosi a passi rapidi verso il parco. La visita l'aveva rassicurata.

- Signorina non ha proprio niente – aveva detto l'oculista – L'infiammazione dei suoi occhi è dovuta all'inquinamento, sa quante persone ogni giorno vedo nelle sue condizioni!

Proprio a causa di questa diagnosi, la fanciulla aveva deciso di trascorrere ogni giorno un po' del suo tempo ai giardini pubblici per poter respirare, finalmente, un po' di aria pura. Si sedette sulla panchina, si guardò attorno e vide dei gruppetti di bambini che si rincorrevano sui prati, felici per la ritrovata libertà. Le venne spontaneo pensare, che, ciò che per quei piccoli era un'eccezione limitata al massimo a un paio di ore al giorno, era sempre stato, per lei, la normalità. In tutta la sua vita aveva sempre corso qua e là senza limiti, senza averne mai apprezzato, veramente, il valore.

Sospirò e, per un attimo, immaginò con un pizzico di tristezza le sue montagne: come le mancavano sotto quel cielo basso ed eternamente senza colori!

Osservando le foglie marce sulla terra del viale, si accorse, con sorpresa, che una di esse si era alzata in volo, anche se non c'era il minimo alito di vento. Mentre accompagnava con lo sguardo le giravolte che compiva nell'aria, si rese conto che la foglia si era spogliata delle tinte spente dell'inverno, per assumere un vivida luce dorata.

L'oggetto luminoso si posò sulle sue ginocchia.

- Ciao Ester – la salutò – sbaglio o oggi siamo un po' in crisi?

- Proprio cosi, cara luce magica. Anche se in questo lasso di tempo ho avuto modo di fare esperienze meravigliose, sento il desiderio di tornare alla mia vita. Non so cosa mi stia succedendo, desideravo tanto trasferirmi in città...

- Sei solo cresciuta, amica mia e stai capendo che non esiste una realtà perfetta. Ogni situazione ha i suoi lati positivi e negativi ed è una regola di vita che ti accompagnerà sempre nel corso della tua esistenza. Ma, ora che hai abbandonato le tue inquietudini, non posso che appagare il tuo desiderio.

La foglia si allungò a dismisura assumendo le dimensioni di una fusciacca e avvolse, delicatamente, il giro vita della fanciulla. Ester rimase per un attimo accecata da un disco di luce abbagliante e, poco dopo, si ritrovò adagiata nel suo letto di legno.

- Svegliati, è l'ora di alzarsi – annunciava con dolcezza la voce della mamma – Oggi c'è molto lavoro da fare!

Ester appese con cura la fila di fotografie che aveva scattato nei giorni precedenti, un insieme di paesaggi con colori e sfumature degradanti, sembravano salutarla con allegria.

- Farò sicuramente un figurone alla mostra di sabato in città – si disse decisamente soddisfatta per i risultati del suo lavoro.

Al termine della sua magica avventura, la ragazza aveva trovato un compromesso tra la tranquilla vita di montagna e la caotica città. Pur aiutando la mamma con rinnovato entusiasmo, approfittava del fine settimana per fare una scappata a Milano dove esibiva, con orgoglio, i prodotti della sua terra. E quella volta avrebbe partecipato a un concorso fotografico indetto da un’associazione no profit.

- Mamma, devo andare è tardi – urlò Ester a squarciagola.

La donna sorrise e osservò con tenerezza e ammirazione quella figlia che in passato le aveva procurato così tanti problemi.

La ragazza montò sul primo treno delle ferrovie Nord diretto in città e, per tutto il tempo, contemplò felice i suoi capolavori.

L’evento era già strapieno di folla, nonostante l’ora mattutina. Ester guardò le centinaia di foto appese e, piena di sgomento, si diresse alla sua postazione.

- Con tutti questi professionisti, nessuno noterà i miei scatti – si disse quasi pentita per l’entusiasmo iniziale che l’aveva spinta a partecipare a quell’iniziativa.

Improvvisamente la calca si divise in due parti lasciando passare un’elegante signora accompagnata da due bambini, mentre gli scatti dei paparazzi andavano a mille.

- Si tratta della famosa stilista che è sulla copertina di tutte le riviste – pensò Ester osservandola affascinata.

La signora girò tra le bancarelle senza mai soffermarsi, quando all’improvviso, uno dei bambini la tirò per la giacca.

- Mamma, mamma, voglio quelle foto con le cime innevate – piagnucolò la piccola impedendo alla madre di andare avanti.

La donna si fermò e le esaminò con attenzione.

- Dove hai immortalato questi splendidi paesaggi? - chiese ad Ester sorridendo.

- È la mia terra, sono foto del triangolo Lariano – rispose Ester rossa di vergogna.

La signora continuò a scrutarle, mentre la figlia la tirava per la gonna.

- Mamma voglio anch’io trascorrere le vacanze in questi posti meravigliosi – urlava – io mi annoio da morire nei paesi esotici che ti piacciono tanto.

- La mia bambina ha proprio ragione – disse ad Ester con dolcezza – continuiamo ad inseguire mete lontane e non ci rendiamo conto delle bellezze che abbiamo sotto i nostri occhi. Le compro tutte.

Ester pazza di felicità, si accinse a metterle da parte.

- Sono riuscita a fare apprezzare il mio mondo anche dal jet set – pensava tra sé e sé – vi adoro mie montagne, siete fantastiche e resterò per sempre con voi!

Consegnò le foto alla stilista con gli occhi raggianti dove, quasi per magia, si era concentrata tutta la luce che aveva incontrato nella sua straordinaria peripezia.

Cristina Manuli